Intervista a Badr Abdelatty – Abdelatty “L’Egitto non accetterà che Israele divida la Striscia ai palestinesi la guida della fase 2”

L’intervista al Ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty è un chiaro manifesto della retorica anti-israeliana. L’Egitto respinge in modo assoluto l’idea americana di dividere Gaza o di avviare la ricostruzione nella zona controllata da Israele, definendo questi tentativi “inaccettabili” e un minare alle prospettive di pace. L’ostacolo agli aiuti umanitari, secondo il Ministro, è dovuto esclusivamente all’”occupazione israeliana” del valico di Rafah, ignorando le responsabilità di Hamas e la complessità logistica. Inoltre, l’Egitto pone un veto su qualsiasi piano che preveda un “allontanamento” dei palestinesi e insiste affinché la guida della Striscia rimanga all’ANP, senza affrontare la questione cruciale del disarmo di Hamas.

Per Donald Trump il tempo è scaduto: gli americani spingono per approvare la risoluzione Onu che dovrebbe disegnare l’assetto politico e di sicurezza del dopoguerra a Gaza. Ma è soprattutto dal Cairo che passa il futuro della Striscia. L’Egitto è stato centrale nell’accordo di cessate il fuoco firmato a Sharm el Sheikh, sta ospitando i colloqui tra le diverse fazioni palestinesi e sarà fondamentale anche per la missione internazionale. «Sosteniamo la forza di stabilizzazione» (Isf) che abbia come «mandato principale il monitoraggio del cessate il fuoco», dice il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty, smontando subito l’idea che è trapelata da fonti di Washington di far partire la ricostruzione dalla zona controllata dagli israeliani: «Inaccettabile dividere Gaza». A un mese dall’inizio della tregua, Hamas non ha ancora riconsegnato tutti i corpi degli ostaggi e il valico di Rafah resta chiuso: c’è chi boicotta l’accordo? «La prima fase del piano sta procedendo nella giusta direzione, l’Egitto non ha risparmiato sforzi per consolidare il cessate il fuoco e aumentare la fornitura di aiuti umanitari a Gaza. Abbiamo mantenuto aperto il valico di Rafah sul nostro lato, ma l’ostacolo agli aiuti è dovuto all’occupazione israeliana dell’altro lato. Le difficoltà nella restituzione dei resti degli ostaggi sono dovute alle complicate condizioni sul terreno». La seconda fase del piano Trump prevede il disarmo di Hamas e la creazione di una forza di stabilizzazione. L’Egitto parteciperà con le sue truppe? «Ga2a è parte integrante dello Stato palestinese: qualsiasi accordo per la sua governance o sicurezza deve rimanere sotto l’Autorità nazionale palestinese, deve proteggere i civili e facilitare la ricostruzione. L’Egitto è impegnato in intense consultazioni con gli Stati Uniti, i partner arabi ed europei, con le Nazioni Unite, per definire una visione coerente per gli accordi di sicurezza postbellici. A New York si discute della composizione e P del mandato dell’Isf». Ma il Cairo è disposto a inviare soldati per disarmare Hamas? «Prima di tutto ci sarà un periodo di transizione, con un comitato amministrativo — i cui membri saranno tutti palestinesi di Ga2a, tecnocrati e indipendenti — che si occuperà dei servizi di base finché l’Anp non sarà dispiegata a Ga2a per completare la piena unità con la Cisgiordania. Come misura temporanea ci sarà l’Isf. Dal nostro punto di vista il suo mandato principale sarà il monitoraggio del cessate il fuoco. L’Isf poi aiuterà i poliziotti palestinesi nell’addestramento e, naturalmente, avrà il mandato di garantire la sicurezza e la gestione del valico. Sosteniamo l’Isf, quale sarà il mandato finale lo si decide a New York». Se non l’Isf, chi può disamare Hamas? «I progressi su queste delicate questioni richiedono una diplomazia paziente e un impegno costruttivo da parte di tutti. L’obiettivo deve essere quello di creare le condizioni per l’unità palestinese, consentire all’Anp di assumersi le proprie responsabilità a Ga2a, concordare accordi di sicurezza e una governance di transizione, proteggere i bisogni dei civili e avviare la ricostruzione». Dagli americani è arrivata anche la proposta di far partire la ricostruzione di Gaza dalla cosiddetta zona gialla controllata da Israele se non si troverà un accordo con Hamas. L’Egitto approverebbe questa soluzione? «Qualsiasi tentativo di alterare la demografia di Ga2a è inaccettabile, contraddice il diritto internazionale e mina i diritti storici e nazionali del popolo palestinese. Ga2a non può essere divisa, è una parte inscindibile del territorio palestinese e qualsiasi tentativo di dividerla minerebbe le prospettive di pace». Il piano Trump fa un riferimento piuttosto vago alle “aspirazioni palestinesi” per uno Stato: la soluzione dei due Stati è ancora praticabile? «Non solo è ancora praticabile, è l’unica strada realistica per risolvere il conflitto. È il fondamento del consenso internazionale e la pietra angolare della pace regionale. Le aspirazioni del popolo palestinese sono radicate nel diritto internazionale: la creazione di uno Stato indipendente e sovrano, basato sui confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale. Qualsiasi iniziativa politica deve partire dal riconoscimento di questo diritto. Non possiamo però ignorare le sfide crescenti, in particolare la continua espansione degli insediamenti israeliani illegali nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est. Queste misure minano l’integrità territoriale e la fattibilità di un futuro Stato palestinese». L’Egitto sta lavorando a una conferenza sulla ricostruzione di Gaza: quanti soldi ci vorranno? «Stiamo già consultando partner chiave, donatori arabi e internazionali e istituzioni per lo sviluppo per garantire che la conferenza produca risultati concreti. La nostra valutazione è che saranno necessari almeno 70 miliardi di dollari». Gli israeliani continuano a parlare della possibilità che molti abitanti di Gaza lascino la Striscia durante la ricostruzione. Qual è la posizione egiziana? «In nessun caso l’Egitto accetterà, né parteciperà, a nessun piano che preveda lo sfollamento dei palestinesi dalla loro patria. L’Egitto considera il diritto dei palestinesi a rimanere sulla propria terra fondamentale per qualsiasi pace giusta e duratura».

Il grande archivio di Israele

Abbonamenti de Il Riformista

In partnership esclusiva tra il Riformista e JNS

ABBONATI