La sfida allo stato. L`Imam di Torino e l`affronto a Meloni Poi attacca Salvini

L’imam di Torino ora va all’attacco anche della Premier, evidentemente una moda visto che anche Mohammad Hannoun si era permesso di chiedersi se Meloni fosse andata all’estero per sfilare o per rappresentare l’Italia. Brahim Baya, infatti, ha scritto che «l’anno scorso la Presidente del Consiglio chiese in diretta tv alla magistratura di “occuparsi di me. Risultato: non è accaduto nulla perché non avevo commesso alcun reato. Nel frattempo, lei è denunciata da un team di giuristi italiani alla corte penale internazionale per complicità genocidio». Poi aggiunge che lui continuerà a parlare con responsabilità, pacatezza e con la libertà che gli spetta come cittadino italiano. Se non fosse che non ravvisiamo alcuna pacatezza nelle parole che ha rivolto ai soldati israeliani: «Ci vorrebbe una bomba sotto questa casa occupata che faccia schiattare questi ratti maledetti», era il pensiero espresso sui social da uno dei volti dell’islam “moderato”. Lo stesso che si scaglia contro gli esponenti di Lega e FdI che hanno chiesto la sua espulsione dopo l’ennesimo elogio rivolto a un terrorista. E, infatti, lui ha dedicato diversi pensieri a Yaya Sinwar: non un martire, ma colui che viene considerato la mente dell’attacco del 7 ottobre, giorno del pogrom commesso da Hamas. «La voce della resistenza. Metteva in guardia da anni l’occupazione dalle conseguenze dei suoi atti criminali», ha scritto Baya. E poi: «Yahya Sinwar è caduto come vivono gli uomini liberi: affrontando l’invasore, ferito, con le mani spezzate, circondato dalle rovine, ma ancora capace di scagliare il suo bastone contro il drone del nemico», commenta celebrandolo a «un anno dal suo martirio, ricordiamo l’uomo che disse con il suo silenzio: “Siamo qui, restiamo qui”. Il suo nome, come quello dei suoi fratelli, rimane inciso nella pietra della Storia» insieme a «tutti i resistenti del mondo. Il mondo non dimentica i suoi eroi. La Resistenza non muore». Giorgia Meloni si era espressa su Baya nel maggio del 2024: «Le parole dell’imam all’università di Torino? È il risultato di una cultura che ho combattuto e che combatto», aveva detto ospite di «Dritto e rovescio» su Rete4, commentando un sermone che lui aveva tenuto a Palazzo Nuovo, sede dell’ateneo, davanti agli studenti dei collettivi ProPal. E aveva aggiunto: «Combatto da sempre la cultura per la quale la laicità dello Stato si deve applicare solamente contro la religione cattolica perché noi dobbiamo togliere i crocifissi dalle aule delle nostre scuole, ma sia chiaro che se arriva un imam e si mette a inneggiare la jihad dentro un’università, quello va bene. Questo non sarà mai il mio modello e mi auguro ancora di avere uno Stato italiano che fa rispettare le regole, perché a casa nostra la propaganda jihadista non si può fare e quindi mi aspetto che ci sia qualche magistrato che si occupi di questa persona». Una magistratura che, però, dopo un anno e mezzo non sembra aver mosso alcun passo. Questo il volto delle piazze per Ga2a lo sa. E, purtroppo, lo rivendica fieramente. Ci sono giudici che ritengono opportuno inneggiare a un terrorista? Ritengono accettabile che, per difendersi, Baya si scagli contro la deputata FdI Augusta Montaruli e la Lega dicendo che «condannati atta ccano un cittadino incensurato»? E che chiami nuovamente Il Tempo in causa apostrofandolo come «quotidiano razzista e sionista»? Poi il guanto di sfida dell’islam piemontese: «Se qualcuno pensa che io abbia commesso un reato vada dalla magistratura. Perché non lo fanno? Perché non c’è nulla da denunciare. Solo propaganda, paura della verità e nostalgia dell’autoritarismo». Dopo l’attacco al Premier, alla stampa, a membri del nostro Parlamento, ci saranno toghe che se ne occuperanno? L’apologia di terrorismo è un reato che punisce chi pubblica e diffonde messaggi di esaltazione, lode o sostegno verso atti di terrorismo o organizzazioni terroristiche. Ed è stabilito dal codice penale, esattamente dall’articolo 414 (istigazione a delinquere) con specifiche aggravanti che prevedono pene più severe se i reati riguardano il terrorismo. Il pensiero dubitativo qui risulta obbligatorio: perché la giustizia non prende provvedimenti? Il messaggio che rischia passare è che per qualcuno paragonare i terroristi ai martiri sia lecito e soprattutto impunito.

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