Cmcc tra Israele e Usa: il coordinamento copre gli attacchi su Gaza

Questo articolo de Il Manifesto è un esempio di giornalismo fazioso e altamente critico nei confronti di Israele e del suo alleato americano. L’autore afferma che il Centro per il Coordinamento Civile-Militare (Cmcc), creato dal piano Trump, non serve a monitorare la tregua ma è stato “concepito prima di tutto per approvare le azioni militari israeliane a Gaza”. Accusa il Cmcc di essere una “rappresentazione teatrale” che serve a dare una “idea falsa di un coinvolgimento della comunità internazionale” quando in realtà “tutto è deciso solo da Israele”. La tesi si basa in gran parte su un funzionario europeo anonimo e sul racconto di un attacco aereo avvenuto in coordinamento con i marines statunitensi. Il pezzo arriva a citare un militare israeliano (senza nome) che avrebbe dichiarato l’intenzione di “cambiare completamente i programmi scolastici” palestinesi per rimuovere contenuti che incitano all’odio, un’affermazione presentata in modo strumentale per suggerire una volontà di controllo totale e di ingegneria sociale. L’articolo utilizza fonti anonime per veicolare accuse estreme; demonizza uno sforzo di coordinamento civile-militare internazionale (di cui l’Italia fa parte); e adotta una retorica del “complotto” per delegittimare ogni azione di Israele, trasformando la necessità di sicurezza e la gestione degli aiuti in una mera copertura per attacchi militari.

Cmcc tra Israele e Usa: il coordinamento copre gli attacchi su Ga2a II Meir Ben Shabbat, editorialista di Israel Hayom, giorni fa si lamentava del ruolo del Cmcc, il centro di coordinamento israelo-americano nato dal piano Trump per Ga2a. Potrebbe «costringere» Israele – ha scritto – a preferire canali diplomatici rispetto alle azioni militari. In realtà, è vero il contrario. Questa struttura, che dovrebbe monitorare la tregua (non tregua) tra Israele e Hamas, è stata concepita prima di tutto per approvare le azioni militari israeliane a Gaza, in attesa della formazione della tanto citata Forza internazionale di stabilizzazione che, insiste Israele, dovrà «disarmare» Hamas. Il quotidiano Maariv riferiva ieri che l’attacco aereo che ha ucciso a Gaza City Alaa Hadidi, dirigente del movimento islamico, è avvenuto in coordinamento con il comando dei 200 marines statunitensi presenti nelle sale del Cmcc, istituito il 17 ottobre in un edificio a più piani di Kiryat Gat, a 13 miglia a nord-est della Striscia di Gaza. E se il coordinamento militare funziona come desidera Israele, ben pochi progressi si sono fatti per aumentare l’accesso degli aiuti umanitari agli oltre due milioni di civili palestinesi nella Striscia. Quando il mese scorso fu firmato l’accordo di cessate il fuoco, si parlava di 600 autocarri carichi di generi di prima necessità al giorno. Ma a causa delle restrizioni israeliane, ne entrano appena un centinaio o poco più. La popolazione resta sospesa sull’orlo della carestia. Un altro elemento centrale è l’assenza totale dei palestinesi dalle decisioni che riguardano la loro terra. Il personale del Cmcc è composto prevalentemente da Marines e funzionari dell’intelligence americana, dall’esercito, dai servizi segreti e dal Cogat (affari civili nei Territori occupati) di Israele, con una presenza simbolica di rappresentanti di paesi arabi e occidentali, tra cui l’Italia con l’ambasciatore Andrea Comussi. Il comando è affidato ad Aryeh Lightstone, un consigliere dell’Amministrazione. Un funzionario della cooperazione europea – ha chiesto di rimanere anonimo – che ha partecipato agli incontri in corso al Cmcc con esperti internazionali della cooperazione e dell’umanitario, ha sottolineato al manifesto l’incompetenza di molti interlocutori. «Ho avuto la netta sensazione che questi meeting siano una sorta di rappresentazione teatrale finalizzata a dare l’idea falsa di un coinvolgimento della comunità internazionale nelle attività del Cmcc per i civili di Gaza, mentre tutto è deciso solo da Israele», ha aggiunto il funzionario. «È un ambiente totalmente militarizzato», ha proseguito, «quando ci sono andato io, dalle ore 9 alle 10 c’è stato un aggiornamento delle operazioni che i Marines insieme all’esercito israeliano portano avanti a Gaza. Facciamo questo, smilitarizziamo quella zona e via dicendo». All’improvviso, ha continuato, «ha preso la parola un militare israeliano seduto tra di noi». Il suo intervento ha segnato il passaggio più rivelatore dell’intera giornata. Ha dichiarato, tra le altre cose, che la ricostruzione del sistema educativo a Gaza potrà avvenire solo con l’esclusione anche dell’Autorità nazionale palestinese e che le nuove generazioni dovranno crescere senza nutrire ostilità verso Israele. Per raggiungere questo scopo, ha detto che sarà obbligatorio cambiare completamente i programmi scolastici, riscrivere i manuali in uso tra i ragazzi palestinesi e rimuovere qualsiasi contenuto che, a loro giudizio, possa incitare all’odio. Un discorso che ha suscitato immediato disagio tra molti dei presenti, consapevoli della distanza tra la retorica della pace e della protezione dei bambini palestinesi e le devastazioni e le uccisioni di massa inflitte negli ultimi due anni i minori di Ga2a». A conti fatti, anche gli americani sono delle comparse nel Cmcc. La risposta umanitaria resta in uno stato caotico perché Israele non rinuncia a marginalizzare le agenzie con vasta esperienza, come l’UNRWA, e utilizza nuove regole di registrazione delle ONG per negare le loro richieste di intervento. Funzionari statunitensi avrebbero comunicato confidenzialmente alle organizzazioni umanitarie che il loro passaggio alla guida degli aiuti da parte del Cmcc era previsto per il 7 novembre, ma finora non si è registrato alcun cambiamento sul campo e Israele insiste nel conservare l’autorità finale sulla distribuzione. Alcuni operatori umanitari internazionali hanno dichiarato che i militari statunitensi inizialmente avevano creduto alla narrazione del governo israeliano, secondo cui la responsabilità dei problemi nella distribuzione degli aiuti a Gaza sarebbe da attribuire all’Onu e ad Hamas. «Poi hanno compreso che l’ostruzionismo israeliano è il problema principale e che il problema non è logistico, ma politico», ha affermato uno di loro.

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