Gaza, chi è complice del genocidio. La disperata speranza dei palestinesi

Un articolo totalmente schierato, che utilizza la categoria “genocidio” senza alcun fondamento giuridico né supporto fattuale. La narrazione è emotiva, unidirezionale e ignora sistematicamente il ruolo di Hamas, trasformando un contesto complesso in una requisitoria morale priva di rigore.

Ouesto piccolo libro è diverso da tutti gli altri che ho scritto. Forse non mi onore, ma confesso che non ho mai perso il sonno per le tragedieche affliggono i nostri giorni: per quanto viscerale fosse il coinvolgimento, la notte è sempre stata uno spazio di quiete, e di ricarica . Ma con Ga2a . no: non è andata così . Le notizie, le immagini, le vod di Ga2a mi hanno travolto, come non mi era mai accaduto. E, a un certo punto, ho iniziato a non dormire: almeno . a non dormire più come prima- Credo che questo sia avvenuto per due ragioni, una generale e una personale. La prima è che ciò che continua a succedere a Ga2a non è una guerra, ma qualcosa di completamente diverso: è un genocidio. È, cioè, il tentativo —pianificato, ealmeno in partè attuato — di eliminare un intero popolo dalla faccia della Tena . Consapevolezza Mi sono sempre chiesto cosa avrei fatto se, nei primi armi quaranta del Novecento, avessi saputo di Auschwitz : come si poteva convivere con una consapevolezza del genere? E , bisogna aggiungere, come si sarebbe potuto appartenendo a un paese alleato di quello che compiva il genocidio? Perché questo è il punto. La guerra in Ucraina è spavento sa: ma non la stiamo facendo noi, la sta facendo quello che ogni giorno definiamo come un nemico, Vladimir Putm Possiamo e dobbiamo reagire, manifestare, condannare: nella nostra università abbiamo dato riparo e stipendi a colleglli ucraini in fuga dalle bombe, e a colleghi russi in fuga dalla dittatura. Ma, per quanto i nostri governi europei avrebbero potuto probabilmente incidere assai di più, salvando vite e forse ponendo fuie alla guerra, essi non sono compiici di Putm Nel caso di Ga2a , invece, sì : i nostri governi sono alleati di quello che compie il genocidio. Continuiamo a rimanere al fianco di Israele, blocchiamo le sanzioni, vendiamo e compriamo strumenti di guerra. La Repubblica italiana non era mai stata trascinata in un simile abisso morale. E ognuno degli innocenti assassinati a Ga2a pesa anche sulla nostra coscienza nazionale. E questo è sconvolgente. La seconda ragione per cui ho iniziato a non dormire, è stato il contatto diretto con le persone di Ga2a. In particolare, congli studentiele studentesse che chiedevano di poter uscire dall’assedio, venendo in Italia . La prima è stata una giovane studiosa. Aya Asnour, con la quale sono stato in contatto dall’aprile 2024, che finalmente è arrivata in Italia nel giugno 2025, e che ora ha un contratto di ricerca nella università di cui sono rettore. La sua esfiltrazione, portata a termi ne dall’Unità di crisi della Farnesina e dalla nostra ambasdata ad Amman, è stata l ‘ esperienza sulla quale è stato poi costruito Ü corridoio universitario che ha portato in Italia 150 studenti. Le mailei messaggi WhatsApp di Aya , e poi quelli di un numero crescente di altre ragazze e ragazzi di Ga2a, mi hanno sprofondato in una realtà inimmaginabile: quella che vedevamo ³ï tv o sui social, ma ora declinata attraverso vite concrete: volti, voci e testi che prendevano forma nel mio telefono, specie la sera e la notte, quando a Ga2a si riusciva ad avere energia elettrica e segnale. È stata una abissale lezione di dignità e grazia: mai al loro posto sarei riuscito ad avere un dedmo di quelle che segnavano i loro messaggi Alcuni di toro si firmavano «con disperata speranza»: la formula che spiega perché oggi – mentre ancora imperversano fame e malattie, mentre Israele continua a uccidere, mentre l’Onu seppellisce la speranza di una autodeterminazione palestinese — a Ga2a si fa musica. si fa arte, si restaurano i monumenti: disperata speranza di un popolo maestro di sumurf, di resistenza. E cosi, mentre si lavorava per strappare almeno qualche studente alla morsa del genocidio, è cresciuta la necessità — necessità innanzitutto morale — di una mobilitazione. Nell’aprile scorso — insieme a Paola Cariai, Claudia Durastanti. Micaela Frulli, Francesco Fallante, Evelina Santangelo e inizialmente anche a Giuseppe Mazza — abbiamo dato vita a Ultimo giorno di Ga2a, che ha promosso — dal basso, sulla rete, senza finanziamenti e sponsor politici — una serie di mobilitazioni che hanno visto una partecipazione incredibile. L’esposizione dei sudari. delle luci nella notte, il suono delle campane decine di migliaiadi persone, comuni, università, diocesi hanno aderito a un percorso che legava i margini del paese e dava voce ai senzapotere, nel silenzio dei media mainstream Persone comuni Quando, nei primissimi giorni di settembre. Ultimo giorno di Ga2aha proposto lo sciopero generale contro il genoci dio, siamo stati accolti dall’entusiasmodelle persone comuni, e da un’alzata di sopracciglio dei derisori: dopo nemmeno un mese, gli sdoperi generali per Ga2a sonostati due, seguiti da una manifestazione di proporzioni mai viste. Mentre tutto questo accadeva di giorno, di notte mi sono spesso trovato ascrivere: l’unico modo per provare a elaborare questa cosa enorme, cosi più grande di noi. E il libro che ora esce per Feltrinelli ne è il frutto, e lo racconta: con le nue parole, e con le tavole disegnate da Marco sauro per la campagna di Ultimo giorno di Ga2a, che abbiamo poi ritrovato nelle piazze, trasformate in cartelli e bandiere. Era fìntroppo ñÛàãî che il cosiddetto “piano di pace” di Trump (quello che ora dovremmo chiamare Trump-Putin-Onu) non avrebbe messo fine al genocidio, ma avrebbe messo fine alla copertura mediática su di esso. E che, con la copertura mediática, sarebbe venuta meno la dimensione di massa della mobilitazione. Il libro esce ora proprio per questo motivo: per contribuire a tenere accesa la luce e viva l’attenzione su ciò che succede a Ga2a, e in Cisgiordania. E per dare una mano, per quanto minuscola, a chi a Ga2a vive: i proventi dei diritti d’autore, e una afra identica offerta da Feltrinelli, andranno all’Associazione per la cultura e il libero pensiero (Culture and Free Thought Association, https://web.cfta-ps.org/), una delle reti di organizzazio ni per i diri tri umani più grandi e attive di Ga2a, che ha sede nella zona meridionale della Striscia, a Khan Younis, e che ha aperto anche un Centro sanitario femminile, supportato da Emergency sul piano medico e logistico. Cfta è guidata da un’assemblea generale composta da undici donne e otto uomini, e da un board dirigenziale di sei donne e un uomo tutto il contrario del potere maschile che genera guerra eogni tipo di violenza. Siamo ancora qui Pochi giorni fa, un ministro di Israele ha detto: «Non esiste un popolo palestinese: è un’invenzione priva di fondamento storico». Proprio in quel momento una giovane donna — Nada Anwar Rajah: un’ingegnere informatìca, di Ga2a, ma anche un’artista e una scrittrice — ha guidato un gruppo di bambine e bambini a dipingere sulle macerie. “We Are Still Here”, siamo ancora qui, è il nome di quel progetto: il genocidio, per ora, è fallito. Se anche noi siamo ancora qui — se riusciamo a essere ancora umani — è perché non abbiamo raduto, non siamo stati complid. E forse anche perché non siamo più riusdti a dormire.

Il grande archivio di Israele

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