Viminale, stretta sugli imam pro-Pal a Torino (e non solo)
Il procedimento di espulsione dell’imam di Torino, l’egiziano Mohamed Shahin, potrebbe non rappresentare un caso isolato da qui ai prossimi mesi. Al Fatto risulta che l’Antiterrorismo della Polizia di Stato da mesi ha avviato una forte stretta sul mondo islamico in Italia, sorvegliando iniziative, dichiarazioni e post social di decine di predicatori e presunti “capipopolo” su tutto il territorio nazionale. Un monitoraggio che da alcuni mesi si è spostato sugli slogan pro Palestina più critici verso Israele. Questo indirizzo preoccupa opposizione e avvocati dei diritti civili, che nel caso dell’imam di Torino si sono schierati a sua difesa, temendo una compressione dei diritti individuali. “Il 7 ottobre non fu violenza, ma una reazione ad anni di oppressione”, è la frase che ha portato il ministro Matteo Piantedosi a intervenire nei confronti di Shahin, al momento confinato in un cpr a Caltanissetta, in attesa che venga valutata la sua richiesta di asilo, essendo lui un noto oppositore del regime di Al Sisi. Il motivo? Per gli analisti del Viminale simili dichiarazioni pubbliche – che di per sé non rappresentano alcun reato – pronunciate da persone come Shahin possono mettere a rischio la “sicurezza nazionale” per il loro doppio ruolo di predicatori e di “influencer” con migliaia di follower sui social. E rappresentare una minaccia per gli obiettivi sensibili riconducibili al mondo ebraico in Italia, tracciati in estate dal Comitato nazionale della Pubblica sicurezza, presieduto proprio da Piantedosi. NEL MIRINO degli agenti dell’Antiterrorismo è finito, ad esempio, un’altra figura carismatica del mondo pro Pal torinese, il marocchino Brahim Baya, che però è arrivato in Italia a 11 anni ed è cittadino italiano a tutti gli effetti. Oppure l’ imam di Bologna, Omar Mamdouh, molto attivo su TikTok, a cui il senatore meloniano Marco Lisei nel luglio scorso ha dedicato un’interrogazione a Piantedosi, affermando che Mamdouh ha “predicato il jihad ed esaltato l’operato dei mujaheddinnel conflitto israelo-palestinese”. Proprio il predecessore di Mamdouh, il pachistano Zulfiqar Khan, nell ’ottobre 2024 fu espulso dall’Italia per motivazioni simili. Sotto i fari della Digos anche l’imam di Mestre, Arif Mahmud, oggetto di un’interrogazione di un’altra meloniana, Augusta Montaruli, la stessa che a ottobre puntò il dito sul torinese Shahin. Di Mahmud l’ex sottosegretaria rilancia dichiarazioni come “nell’Islam non esiste il femminismo”. MON SIT-I E IN NEL BOL E ME “Se basta un’interrogazione parlamentare per espellere una persona, allora il prossimo è Hannoun”, dice preoccupato Dario Rossi, avvocato ligure di Mohamed Hannoun, architetto palestinese che da oltre 20 anni guida una ong di Genova che raccoglie fondi e aiuti per Gaza. Hannoun è stato oggetto di due fogli di via per dichiarazioni pronunciate durante i cortei pro Pal: in un caso per aver stigmatizzato la violenza degli ultrà israeliani, in un altro per aver detto che i collaborazionisti palestinesi meritano la pena di morte. Sul caso sono stati anche aperti due procedimenti penali per istigazione alla violenza. Nel 2022 Hannoun si è trovato impossibilitato ad aprire conti bancari in qualsiasi istituto di credito, per via delle contestazioni di Tel Aviv. LE ESPULSIONI amministrative non seguono necessariamente indagini della magistratura. Lo strumento normativo è il decreto legge 155 del 2005 – governo Berlusconi – che andò a modificare l’articolo 13 del teATI CIAL STE: O sto unico sull’immigrazione. Ma si tratta di valutazioni fortemente discrezionali. Ne sa qualcosa proprio Shahin, per un pezzo importante di comunità, “uomo del dialogo” e “pacifista”. A suo favore interviene il presidente della sezione Anpi, Augusto Montaruli, parente e quasi omonimo della deputata di FdI: “Con Shahin abbiamo consegnato la Costituzione in arabo in moschea – ricorda in un’intervista al Corriere – Ha una moglie e due figli, una vita qui”. Un quartiere, San Salvario, in cui Shahin si è distinto per l’attivismo in vari campi, dai diritti delle donne alla lotta contro la droga. Alla base del decreto anche aver definito Hamas “un movimento di resistenza legittima”. “I due fratelli di Shahin sono già stati perseguitati in Egitto – spiega il suo legale Gianluca Vitale – se fosse rimpatriato il rischio di essere arrestato, o anche peggio”. Il Viminale conosce bene la situazione. Ma è possibile che Shahin possa comunque restare per i prossimi 18 mesi nel centro siciliano.