Mohamed Shahin non può essere espulso in Egitto: rischia la vita
Oggi l’udienza di convalida del trattenimento per l’imam della moschea di via Saluzzo a Torino, Mohamed Shahin, prelevato da casa e portato da Torino nel Cpr di Caltanissetta. Cittadino egiziano, regolarmente residente in Italia da 20 anni, due minorenni nati qui, una vita da attivista impegnato in questi ultimi anni nelle mobilitazioni per Gaza e la Palestina intera, Shahin sta per essere espulso in Egitto dove rischia la vita. L’avvocato Gianluca Vitale:“Non sappiamo cosa accadrà dopo l’esito dell’udienza per la convalida, che avverrà da remoto. Si rischia di recarsi in Sicilia – magari quando già Mohamed Shahin è in volo, o quando sta per ripartire, perché, nei disegni del ministero questa è la sentenza già scritta – unicamente per portare i due figli, di 9 e 12 anni a salutare il papà che forse non vedranno più vivo”. A pagina 5 D i vicende come quelle che si stanno svolgendo a Torino, Caltanissetta e purtroppo, presumibilmente Il Cairo, ne sentiremo presto molte altre. Il protagonista stavolta, suo malgrado è l’imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino, Mohamed Shahin, cittadino egiziano, regolarmente residente in Italia da 20 anni, due figli minorenni nati qui, una vita da attivista impegnato soprattutto in questi ultimi anni nelle mobilitazioni per Gaza e la Palestina intera. Rischia di essere rimandato nel suo Paese in cui corre gravissimi rischi. La vicenda è solo apparentemente semplice e si mescola a tentativi di attuazione di forme di repressione e di intimidazioni politiche su vasta scala, connesse a quello che viene chiamato il Ddl Gasparri, che, recependo altre interpretazioni, trasforma ogni critica verso lo Stato di Israele in atto di antisemitismo e in quanto tale, un reato perseguibile. Proviamo a ripercorrere questa storia, grazie alla segnalazione giunta da “Torino per Ga2a”. Mohamed Shahin in passato è stato identificato perché, insieme ad altre centinaia di persone, stava realizzando un blocco stradale di protesta contro il genocidio. Il 9 ottobre scorso durante una delle tante manifestazioni per la Palestina, Shahin aveva dichiarato che l’attacco del 7 ottobre era stato un atto di resistenza dopo anni di occupazione, suscitando ovviamente molte polemiche. Ha espresso una sua opinione, opinabile ma legittima. Meno opinabile, secondo uno dei suoi legali, Gianluca Vitale, è che chi lo voglia cacciare dall’Italia continui a regalare perle di negazionismo di un genocidio accertato dalla Corte Penale Internazionale. E il negazionismo, se si segue questo filo, non è un’opinione ma un reato perseguibile. La deputata torinese di FdI Augusta Montaruli, già nota alle cronache per una condanna passata in cassazione con l’accusa di peculato (1 anno e mezzo) dimessasi da sottosegretaria dopo la vicenda “rimborsopoli”, ha usato lo scranno parlamentare per chiedere, attraverso un’interrogazione parlamentare, la testa di Mohamed Shahin, accusandolo esplicitamente di connivenza col terrorismo e di avere, dal suo pulpito, incitato all’odio. Il motivo: l’imam aveva osato definire Hamas un “movimento di resistenza” e non un’organizzazione terroristica. Che Hamas sia un partito politico, nei valori proclamati molto simile a quello a cui appartiene la deputata, poco conta. Il ministero immediatamente ha obbedito e Matteo Piantedosi ha firmato, di suo pugno, il decreto di espulsione per l’imam. Nessun processo e nessun confronto. Shahin costituisce, secondo il Viminale, un pericolo per l’ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato e quindi deve essere allontanato. Mohamed Shahin è stato prelevato a casa, gli è stata revocata la carta di soggiorno ed è stato portato in aereo al Centro
Permanente per i Rimpatri di Caltanissetta. Potevano almeno trattenerlo in quello di Torino che, a quanto ci risulta, aveva posti vuoti. Lo si è allontanato, dalla famiglia e dai suoi due avvocati, oltre a Vitale, la collega Fairus Ahmed Jama. Per un giorno se ne sono perse le tracce poi, grazie al cellulare presente nel modulo del Cpr nisseno, è riuscito a chiamare famiglia e avvocata. Mentre da Torino veniva presentato ricorso contro la revoca della carta di soggiorno, si confermava il decreto di espulsione. A quel punto Mohamed Shahin chiedeva protezione internazionale non essendo il Paese d’origine, l’Egitto, per lui sicuro in quanto considerato oppositore di Al Sisi. Vicende come quelle di Abu Omar, Patrick Zaki e, soprattutto quella di Giulio Regeni, fra loro infinitamente diverse anche negli esiti, danno l’idea di cosa possa significare essere rimandati in Egitto. Per uno che è stato recentemente liberato, l’anglo egiziano Alaa Abd El-Fattah, sono decine di migliaia le persone, la cui vita è sospesa, spesso senza processo e subendo maltrattamenti, torture, sparizioni è normalità in Egitto, Paese da non disturbare. Sindacalisti, intellettuali, giornalisti, persone considerate vicine alla Fratellanza Musulmana, chi è considerato insidioso sparisce nelle viscere delle carceri del Paese e guai, come nella vicenda Regeni, ” a voler cercare di punire i colpevoli di torture e omicidi. Vitale ci offre una sua ricostruzione degli eventi fortemente critica. “Io non ho ancora formalmente la nomina che è stata conferita alla mia collega. Ma l’espulsione ministeriale è una decisione grave che si attua per fondati elementi di pericolosità sociale e per lo Stato. (art 13 comma 1). Secondo la motivazione l’imam risulta legato alla Fratellanza Musulmana, l’islam moderato con cui molti governi continuano a fare affari, non un’organizzazione terroristica. Meno grave rispetto alle accuse che portarono all’espulsione dell’Imam di Carmagnola e che portarono alla sua espulsione. Almeno in quel caso c’era un radicalismo di stampo islamista che poteva essere equivocato. Qui gira tutto intorno al tema Palestina e al clima instaurato con il ddl Gasparri, attraverso cui si vorrebbe equiparare ogni critica ad Israele come reato di antisemitismo. In nessuna affermazione Mohamed Shahin ha mai rivolto accuse verso “gli ebrei”. Abbiamo scoperto dove era stato trasferito solo grazie all’intervento del deputato Marco Grimaldi (Avs) e la distanza non ci permette di difenderlo adeguatamente, tanto è che stiamo cercando supporti sul territorio. Ieri il nostro assistito ha avuto un primo incontro, on line, con la Commissione territoriale per la richiesta d’asilo competente, a Siracusa, senza il supporto della difesa. A mio avviso il trasferimento in Sicilia non ha alcuna motivazione, è una decisione arbitraria e utile a velocizzare l’espulsione. Giovedì 27 novembre ci sarà l’udienza per la convalida del trattenimento e poi c’è il rischio forte che si proceda al rimpatrio. Noi ci stiamo attrezzando per un ricorso al TAR del Piemonte, rispetto alla revoca della carta di soggiorno, a quello del Lazio, per l’espulsione e siamo pronti a ricorrere alla Corte Europea ma è una corsa contro il tempo. A me è capitato recentemente di seguire il caso di un ragazzo, sempre egiziano, che si è ritrovato condannato, a causa del possesso di alcuni video, per complicità col terrorismo (art 270). Dopo 3 anni ha usufruito dei benefici di sconto di pena ed è uscito dal carcere. Quando la pena è stata considerata estinta lo sono venuti a prendere a casa e lo hanno portato in Egitto lasciando moglie e 3 figli piccoli. Io la mattina stessa ho presentato il ricorso in Corte Europea, la sera ho avuto sentenza positiva ma lui è rimasto in Egitto, in carcere per 6 mesi ed è stato sottoposto a torture. Solo recentemente la famiglia ha appurato che è vivo”. Vitale critica duramente le ragioni di chi lo accusa anche se, quando parla del rischio di incolumità per il suo assistito arrivano risposte del tipo “cosa ne sanno gli egiziani delle ragioni per cui torna a casa?” E il legale tenta di spiegare le tre ragioni fondamentali per cui Mohamed va liberato: “Intanto da noi esiste ancora la libertà di manifestazione del pensiero; poi per il reato di istigazione si apre un procedimento penale qui, non si interrompe la vita di una persona che non ha più legami con l’Egitto, che ha una propria vita personale e familiare qui. Da ultimo c’è un totale disprezzo dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che proibisce l’espulsione in un Paese in cui si rischia di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Ma evidentemente queste tre motivazioni non sono ritenute sufficienti”. Oggi in contemporanea con la richiesta di convalida del trattenimento, sono previsti presidi davanti al Cpr di Caltanissetta. Come non chiudere con il commento amaro dell’avvocato. “Non sappiamo cosa accadrà dopo l’esito dell’udienza per la convalida, che avverrà da remoto. Si rischia di recarsi in Sicilia – magari quando già Mohamed Shahin è in volo, o quando sta per ripartire, perché, nei disegni del ministero questa è la sentenza già scritta, unicamente per portare i due figli, di 9 e 12 anni a dir loro di andare a salutare il papà che forse non vedranno più vivo”.