"Medio Oriente? Intollerabile l’impotenza Ue"

Nardella: “Governo Meloni rischia sull’economia, con Conte meno divisioni di quelle nel centrodestra. Israele? Troppo duro Netanyahu”

di HaKol - 3 Ottobre 2024 alle 09:07

Dario Nardella ha legato l’inizio della sua attività politica a Firenze, da sindaco con il Pd. E ora che è a Bruxelles, da europarlamentare, può ambire a diventare un punto di riferimento per l’area dei riformisti. A partire dalla politica internazionale, dove l’approccio atlantista di Nardella [1] si segnala per coerenza e rigore.

Il Medio Oriente è incandescente, mentre andiamo verso un anno dal 7 ottobre. L’Iran attacca, Israele risponde. A sorpresa, molti arabi – in Libano e non solo – festeggiano il colpo subìto da Hezbollah. Qual è la sua posizione, Israele sta facendo un lavoro di messa in sicurezza dell’area sud-mediterranea a vantaggio di tutti?
«Siamo immersi in una vera e propria crisi internazionale e tutto ciò rende ancora più surreali le beghe interne della politica italiana agli occhi dei cittadini che si aspettano da noi maturità istituzionale e politica in un momento del genere. Il punto non è solo cosa può fare legittimamente Israele, il quale ha una linea molto dura condotta a mio avviso in modo sbagliato dal premier Netanyahu, come dimostrano le proteste di tanti cittadini israeliani. Il punto è l’impotenza della comunità internazionale e in particolare dell’Unione Europea nel tracciare una cornice vincolante nei confronti delle due parti e tracci un percorso chiaro che dal cessate il fuoco porti a una stabilizzazione dell’area del Mediterraneo orientale. Se non c’è pace a Gerusalemme non ci sarà pace del mondo aveva profetizzato il sindaco di Firenze Giorgio La Pira 70 anni fa. Ma la pace non può essere una bandiera solo politica da sventolare senza un’azione pragmatica e coraggiosa. L’escalation in atto impone un sussulto all’Europa perché la guerra sta arrivando in casa nostra».

Certo a Strasburgo il Pd con le sue otto sfumature non ha dato prova di unità. Né di determinazione sull’Ucraina. Tema sul quale lei anche da sindaco è sempre stato chiaro. A Kiev servono armi e diplomazia, aiuti strategici e umanitari… serve l’Europa al fianco.
«Da sindaco ho lanciato a Firenze la più grande manifestazione di solidarietà per il popolo ucraino un mese dopo l’invasione e 5 mesi dopo ho incontrato Zelensky a Kiev per la firma dell’accordo di collaborazione tra le città europee e quelle ucraine. Ho visto la sofferenza di questo popolo. Se la scelta è tra la dittatura e la libertà io credo che la sinistra debba sempre battersi per la libertà. Per questo non possiamo abbandonare l’Ucraina. Allo stesso tempo dobbiamo dare spazio alla diplomazia che è la voce della politica. Per una “pace giusta” che non passi da una resa incondizionata dell’Ucraina. Su questi presupposti il Pd può ritrovare una bussola».

A proposito di bussola: che succede al campo largo? Conte detta la linea e il Pd esegue?
«Succede che le divergenze interne rallentano la costruzione di un’alternativa di governo alle destre e rischiano di regalare a Meloni il comando incontrastato del Paese. L’impegno del Pd e di Schlein è e resta granitico per la costruzione di un’alleanza unita e vincente».

È stata la Rai la causa della rottura con Conte?
«Una rottura insanabile ci sarebbe di fronte a una visione totalmente opposta sui valori e sui temi. Con il M5S abbiamo già governato insieme affrontando sfide come il Covid. Possiamo riprendere un percorso lungo insieme se c’è generosità e responsabilità, se mettiamo al centro 3-4 grandi temi che ci possono unire come lavoro, sanità, ambiente, Europa e se ci impegniamo davvero a trovare un minimo comune denominatore sulla politica estera. Del resto, la coalizione di centrodestra è divisa molto più di noi, da Putin a Musk, dallo ius scholae al federalismo. Eppure, stanno insieme ovunque».

Ma i centristi, i moderati, i riformisti sono strategici per il centrosinistra, o alla fin fine superflui?
«Intanto il riformismo, come anche la politica progressista e sempre forte nel Dna del PD. Se noi “appaltiamo” l’ambientalismo ai verdi, il pacifismo alle sinistre e il riformismo ai moderati alla fine ci svuotiamo. Invece dobbiamo avere un profilo chiaro senza perdere il nostro pluralismo capace di dialogare con strati larghi della società, come ha saputo fare Schlein con le liste vincenti per le elezioni europee».

Su Renzi c’è chi dice che si è fatto più nemici che amici, nel tempo. La politica saprà andare oltre?
«Lo vedremo, appunto, nel tempo. Costruire un’alleanza vincente significa costruire un progetto politico e quindi partire dai temi che uniscono e non dagli scontri personali. È sulla condivisione di valori e contenuti che potremo capire quanto larga e quanto forte potrà essere la nostra colazione».

Chi rappresenta oggi il mondo riformista tra i dem? Leggiamo di composizioni e scomposizioni di aree, correnti, fondazioni.
«Rappresentare il PD come un coacervo di correnti di potere è un’offesa alla nostra storia e ai milioni di iscritti ed elettori. Siamo pieni di partiti personali, mentre noi ci chiamiamo orgogliosamente democratici, il che significa che abbiamo nella nostra identità il confronto e l’incontro di diverse sensibilità».

Senza offesa, ci aiuti a capire come si riorganizzano le correnti…
«A me non interessano correntine personali, ma voglio contribuire a un progetto collettivo di rafforzamento del partito e della sua leadership con un’apertura sempre maggiore alle forze culturali economiche e sociali del paese. Il congresso è finito, ora dobbiamo costruire l’alternativa di governo intorno alla figura di Schlein tenendo insieme riformisti e progressisti. Del resto per questo è nato il PD 17 anni fa».

Quali priorità darà al suo impegno a Bruxelles?
«Sono coordinatore di S&D nella commissione agricoltura e aree rurali, un compito che mi appassiona e che riguarda ciò che produciamo e mangiamo ogni giorno. L’Italia può ancora giocare una leadership nel settore agroalimentare e agroindustriale e spingere l’Europa a un new deal del cibo e dell’agricoltura».

Colpisce che tra le defezioni e gli abbandoni di Italia Viva, molti lasciano per raggiungere Forza Italia. Nessuno il Pd.
«I movimenti di un ceto politico che si posta da una parte all’altra non ci interessano. A noi interessa il rapporto con i cittadini e per questo puntiamo a recuperare una parte significativa di quei 25 milioni di italiani che alle europee non hanno votato. Si vince riconquistando la fiducia di chi non ha più votato, non conquistando i politici di altri partiti».

Vede le elezioni a breve o il governo, con le sue criticità, riuscirà a traguardare il quinquennio?
«È sull’economia che il governo avrà i problemi maggiori e rischierà seriamente. In due anni non ho sentito la presidente Meloni fare un solo discorso alto al paese nel quale trasmettere una visione strategica e profonda di rinascita e rilancio economica. Del resto, mancano anche le risposte più concrete a problemi come la sanità, il caro vita, i salari bassi, l’emergenza casa, la perdita di competitività. Da qui ad andare a elezioni anticipate ce ne passa».

Qualcuno si muove con l’urgenza delle vigilie elettorali…
«Noi psicologicamente dobbiamo farci trovare pronti in ogni momento e dobbiamo trasmetterlo al Paese».

Il caso dossieraggio è uno scandalo ancora da capire nelle sue dimensioni? Cafiero De Raho deve dimettersi?
«In tutta onestà su De Raho, per come l’ho conosciuto da sindaco e per come abbiamo collaborato in molte iniziative contro la cultura dell’illegalità rivolte ai giovani, il mio giudizio è positivo ma la questione personale per me è meno rilevante. La questione generale è invece molto importante e mi auguro che venga fatta piena luce, senza condizionamenti ideologici o politici di parte. Da questo punto di vista la serietà e la professionalità di Melillo e di Cantone sono una garanzia assoluta».

[1] https://www.ilriformista.it/le-12-correnti-del-pd-come-la-soap-beautiful-e-il-vero-tinder-dem-trovare-lanima-gemella-439583/

Il grande archivio di Israele

Abbonamenti de Il Riformista

In partnership esclusiva tra il Riformista e JNS

ABBONATI