Esteri

Attaccare Netanyahu per colpire Israele: il solito copione antisemita dei vigliacchi

di Iuri Maria Prado - 22 Maggio 2025 alle 17:36

Non esiste un Paese che, come Israele, si veda scambiato in quanto tale con il capo o con un ministro del proprio governo. Nei rapporti politico-diplomatici, i plenipotenziari e i vertici esecutivi si rivolgono agli Stati: non personalizzano le loro recriminazioni, le loro proteste, le loro accuse, le loro richieste evocando le responsabilità presunte o effettive del capo dello Stato, o del governo, nominativamente tirati in campo.

C’è una ragione molto precisa per cui ciò succede, ed è questa: che il primo diritto di uno Stato al cospetto degli altri è di essere riconosciuto in quanto tale, in quanto Stato, a prescindere da chi lo presiede. Con Israele accade il contrario, e dunque si assiste a un profluvio di dichiarazioni che contestano Israele tramite requisitorie personalizzate contro il primo ministro, o contro questo o quel membro del governo. Si potrebbe pensare e obiettare – sbagliando – che questa è la prova che le critiche, le accuse, le condanne sono in realtà rivolte all’occasionale occupante del potere statuale. E che quindi, nel caso, non sono “contro Israele” ma, appunto, contro questo o quel suo rappresentante. È un’obiezione erronea. Quando tre capi di Stato – com’è successo l’altro giorno con la dichiarazione congiunta del canadese Carney, del francese Macron e dell’inglese Starmer – indugiano sulle “oltraggiose azioni del governo Netanyahu” e sul “ripugnante linguaggio di alcuni membri del governo”, adottano una linea di contestazione intrusiva e personalizzata cui non si fa ricorso, da parte di nessuno, contro nessun altro Stato.

Non rivolgersi a Israele, ma nominativamente al primo ministro e ai componenti del governo, significa attentare al principio prioritario posto a tutela della legittimità di qualunque Stato: e cioè che non decidono gli altri come, e da chi, uno Stato è governato. Questo significa che lo Stato in questione non possa e non debba essere destinatario di critiche anche dure? Ovviamente no. Vuol dire che ci si rivolge a Israele e al primo ministro di Israele, non “a Netanyahu”, giusto come sarebbe considerato improprio, in una dichiarazione di accusa contro uno Stato qualsiasi, evocare il profilo personale di chi lo presiede.

Chi rispondesse che si tratta di irrilevanti questioni d’etichetta non capirebbe che, al contrario, è in gioco anche su questi apparenti dettagli la legittimazione dello Stato ebraico. Cioè l’unico Stato cui ci si rivolge in quel modo, in una singolare spoliazione dell’onore e dell’onere di avere un primo ministro riconosciuto in quanto tale anziché un pubblico accusato cui si dà del tu. Accetteremmo un’accusa all’Italia, proveniente da un altro Stato, che si riferisse alle “oltraggiose decisioni di Sergio Mattarella” o “al linguaggio ripugnante di Giorgia Meloni”?

Il grande archivio di Israele

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