Dati di fatto
Israele e Hamas, le differenze che ci si ostina a non voler ammettere
di HaKol - 30 Maggio 2025 alle 09:45
Ieri la Stampa ha pubblicato l’articolo di un operatore di Médecins sans frontières – firmato chissà perché con uno pseudonimo, e senza citare una sola volta Hamas – per dire tutto il male possibile della Gaza humanitarian foundation, struttura messa su da Israele e Stati Uniti, per distribuire gli aiuti nella Striscia, impedendo che finiscano ancora nelle mani dei terroristi. È lo stop al ricatto ventennale per cui un’organizzazione criminale, si è sempre sentita libera di agire indisturbata, senza che nessuno le abbia mai sbattuto in faccia le sue colpe. Da ultimo quella del massacro del 7 ottobre. Ne avrebbe anche altre, ma amen.
Dato di fatto: Netanyahu sotto inchiesta
Bibi Netanyahu sarà pure indagato dalla Corte Penale Internazionale. Quanti leader di Hamas sono mai finiti sotto inchiesta? Non dico da un tribunale internazionale. Basterebbe palestinese. Il premier israeliano è sotto processo in casa per corruzione. Quanti magistrati a Gaza o Ramallah hanno avuto mai l’idea di aprire un fascicolo contro un loro leader? Questa è la differenza che ci si ostina a non voler ammettere. Questa è la neutralità che manca per leggere – non pretendo di capire – quella guerra. Netanyahu può non piacere. Può essere che stia conducendo una campagna militare in maniera efferata. È plausibile che gli sia sfuggita la mano. Anche per ambizioni personali. L’idea di emulare l’eroismo del fratello Yonatan, morto in azione a Entebbe, non l’ha mai mollato.
Le differenze
Eppure, in una democrazia, per quanto fragile e sofferente com’è quella israeliana, è concesso a chiunque di parlare bene o male del suo premier. Scendere in piazza contro di lui, il suo governo, la sua guerra. I sit-in per la liberazione degli ostaggi sono la testimonianza più preziosa per capire di che pasta è fatto quel Paese. Quante sono state invece le manifestazioni contro Hamas, a Gaza, a Ramallah o nel resto del mondo arabo dopo il 7 ottobre? Chi, nella Striscia, ha mai preso le distanze da quel movimento terroristico e mafioso, alzando liberamente uno striscione con scritto: “Questa non è la mia guerra. Gaza non è Hamas”?
Per non dimenticare
Nel 1982, dopo il massacro di Sabra e Shatila — perpetrato dalle falangi cristiano-libanesi sotto gli occhi passivi dei carri armati di Ariel Sharon — un milione di israeliani urlarono il loro no all’eccidio. C’è una differenza identitaria, storica, strutturale tra i due soggetti. E ce ne stiamo dimenticando.
È difficile prevedere il destino di Bibi Netanyahu, marcato stretto dalla crisi di consenso, dal ricatto della minoranza interna al suo governo, dal body count al fronte e pure dall’opinione pubblica mondiale. È un fatto, però, che in Israele – non a Gaza! – tre grandi strateghi come Rabin, Peres e Sharon hanno saputo trasformarsi in traghettatori di pace. Quale leader di Hamas è capace di fare altrettanto?