La lettera
Anche nelle manifestazioni Lgbt+ cresce l’odio contro Israele
di HaKol - 16 Giugno 2025 alle 10:07
Ho 29 anni, sono una ragazza transessuale, attivista indipendente per i diritti civili, da anni impegnata nel territorio abruzzese per contrastare ogni forma di discriminazione e violenza, a prescindere da chi ne sia vittima. Scrivo questo appello con un senso di urgenza e responsabilità.
Negli ultimi mesi, in molte manifestazioni Lgbt+ – in tutta Italia e non solo – ho osservato con crescente sgomento la comparsa di slogan, simboli e prese di posizione ostili nei confronti di Israele e, in alcuni casi, dell’intero popolo ebraico. Diversi Pride si sono trasformati in palcoscenici per un’agenda politica che nulla ha a che vedere con i veri interessi delle persone Lgbt+, e che anzi finisce per veicolare pericolose semplificazioni e, troppo spesso, derive antisemite. Non possiamo accettare che, in nome di una presunta intersezionalità, venga normalizzato l’odio nei confronti di Israele o degli ebrei, con posizioni unilaterali che ignorano la complessità del conflitto mediorientale e delegittimano chi, nella comunità ebraica – anche arcobaleno – si batte sinceramente per la pace, i diritti e la coesistenza, anche a partire da una prospettiva sionista. Un termine oggi demonizzato, ma che implica semplicemente il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico nello Stato di Israele, senza perciò negare un corrispondente diritto alla parte arabo-palestinese.
Difendere i diritti delle persone Lgbt+ non significa accodarsi a slogan ideologici, né giustificare regimi o gruppi terroristici che, nei loro Paesi, perseguitano attivamente le persone omosessuali e trans. Basta ipocrisie. Basta silenzi. Chi brandisce la bandiera palestinese ai Pride, ignorando che Hamas punisce l’omosessualità con la morte, sta tradendo lo spirito del Pride stesso. Serve un grande chiarimento etico e politico dentro il mondo Lgbt+. Non si può combattere l’omotransfobia con una mano e, nel mentre, minimizzare l’antisemitismo con l’altra. Non possiamo costruire ponti se ci chiudiamo dentro bolle ideologiche che escludono chi non si piega a narrative estreme. L’unica battaglia che merita di essere portata avanti è quella per le libertà e per la dignità di tutti. Non esistono diritti a geometria variabile: se non si è capaci di rispettare le sensibilità altrui – compreso quelle di chi, civilmente, dissente – non si è davvero liberi.
Chiedo, dunque, alle organizzazioni che sostengono di rappresentare il mondo Lgbt+ di condannare apertamente ogni forma di antisemitismo, di dismettere la propaganda ideologica contro Israele e di aprire spazi di incontro, dialogo e pluralismo, aperti anche al mondo ebraico. Dove si possa pure dissentire, ma senza per questo odiarsi. Dove la pace e la convivenza tornino ad essere parole serie, non slogan vuoti. Due popoli, due Stati. Questa è l’unica soluzione possibile e auspicabile. Israele ha il diritto e il dovere di esistere e di difendersi. La sua cancellazione – anche solo evocata da certa propaganda – rappresenterebbe un ritorno all’odio più buio e sarebbe inaccettabile per chiunque creda davvero nei diritti umani e nella democrazia.