Le Ragioni di Israele
Chi era Golda Meir, l’iconica madre dello Stato ebraico che ha segnato Novecento e sionismo in Europa
di HaKol - 19 Giugno 2025 alle 10:27
Pochi personaggi del Novecento condensano in sé una traiettoria tanto densa e simbolica quanto quella di Golda Meir, nata Golda Mabovič. Il suo nome è noto soprattutto per il ruolo che ricoprì tra il 1969 e il 1974 come Primo ministro d’Israele, figura centrale nel conflitto dello Yom Kippur e nella delicata fase della Guerra Fredda in Medio Oriente.
Chi era Golda Meir
Golda nacque nel 1898 a Kyiv, in quella che allora era l’Impero russo e oggi è l’Ucraina, in un mondo ebraico segnato da miseria e antisemitismo. Da bambina vide con i propri occhi la violenza cieca dei pogrom zaristi, un’esperienza che la segnò profondamente e contribuì a forgiare quella determinazione che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita. Nel 1906, la famiglia Mabovič cercò una nuova vita in America. Approdò a Milwaukee, nel cuore del Midwest americano, dove Golda crebbe nel fermento socialista e sindacale dell’epoca. Ma la “terra delle opportunità” non era abbastanza. A muoverla era qualcosa di più grande del benessere individuale: un sogno collettivo, una visione di giustizia sociale e rinascita nazionale. A 23 anni lasciò un lavoro stabile e una famiglia affezionata per imbarcarsi in un viaggio verso un nuovo inizio: la Palestina mandataria, allora sotto controllo britannico. Il suo approdo non fu in un palazzo governativo, ma in un kibbutz: quel modello comunitario e socialista che rappresentava per molti pionieri ebrei l’utopia di un mondo nuovo, senza classi né padroni. Golda visse e lavorò nel kibbutz Merhavia.
Nel corso degli anni ’30 e ’40, la sua figura emerse nel panorama sionista come quella di una voce femminile forte, socialista e instancabile. Fu attiva nella Histadrut, la confederazione sindacale laburista, e ne guidò la sezione femminile: l’Internazionale femminile del Lavoro, dove si batté per il ruolo delle donne nel processo di costruzione della nazione e per una partecipazione politica piena, a partire dai kibbutz fino al Parlamento. Nel 1946 fu tra le poche donne a rappresentare il movimento sionista in Europa. Nello stesso anno, quando i britannici arrestarono i leader del movimento ebraico durante l’Operazione Agatha, Golda fu una delle poche a rimanere libera e a gestire i contatti con le autorità, svolgendo un ruolo cruciale nella transizione verso la nascita dello Stato.
Ma l’immagine che più incarna la sua statura politica ed emotiva è quella del 14 maggio 1948. Quel giorno, Golda Meir partì nuovamente – questa volta da Gerusalemme – per recarsi a Transgiordania (oggi Giordania), dove cercò un ultimo tentativo diplomatico per scongiurare la guerra tra ebrei e arabi. Fu inutile. Tornò a Tel Aviv giusto in tempo per firmare, come unica donna presente, la Dichiarazione di indipendenza dello Stato d’Israele. Il giorno dopo, le truppe dei Paesi arabi invasero il neonato Stato, dando inizio alla guerra del 1948. Golda divenne la prima ambasciatrice israeliana in Unione Sovietica, tornando simbolicamente nei luoghi delle sue origini. Ma non fu un ritorno romantico: la sua missione fu osservare, negoziare, cercare sostegno nella comunità ebraica sovietica, allora oppressa ma ancora fortemente sionista. Negli anni successivi fu ministro del Lavoro (1949-1956), occupandosi della difficile integrazione di centinaia di migliaia di immigrati e della costruzione di case, strade, ospedali. Poi, come ministro degli Esteri (1956-1966), fu la prima donna a ricoprire una tale carica in Medio Oriente. In quel periodo cambiò ufficialmente il suo cognome in “Meir”, che significa “che illumina”.
La sua leadership culminò nel 1969, quando divenne Primo ministro d’Israele, in un momento di transizione dopo la morte improvvisa di Levi Eshkol. A 70 anni suonati, Golda guidò il Paese con fermezza, pragmatismo e un misto di severità materna e ironia yiddish. Era amata e temuta, austera e brillante, una figura quasi biblica. Ma fu durante la guerra del Yom Kippur del 1973 che la sua immagine entrò nel mito – e nella controversia. Israele fu colto di sorpresa da un attacco combinato di Egitto e Siria. Golda, accusata in seguito di non aver ordinato una mobilitazione preventiva, fu duramente criticata. Eppure, la sua leadership durante quei giorni oscuri fu decisiva nel mantenere la coesione interna e nel permettere una risposta militare che evitò il collasso dello Stato. Dopo la guerra, Golda rassegnò le dimissioni. Non fu una resa, ma un atto di responsabilità. Si ritirò dalla vita pubblica, rimanendo però una figura di riferimento per milioni di israeliani e per le donne di tutto il mondo che vedevano in lei un esempio di forza e autodeterminazione. Morì nel 1978, ma il suo mito non è mai svanito.
Golda Mabovič fu molto più di una leader israeliana. Fu una figlia dell’esilio, una costruttrice di utopie, una voce femminile nel cuore della politica mondiale, un’icona del Novecento. La sua vita racconta la storia di tre mondi – l’Europa zarista, l’America progressista e il Medio Oriente in fermento – attraversati con la tenacia di chi non cerca il potere, ma una missione. Un viaggio che non smette di interrogare e ispirare.