L'intervista
Mairov: “Su Israele l’Occidente dorme, ha svenduto la sua anima alla corruzione antisemita”
di HaKol - 10 Luglio 2025 alle 17:43
Enrico Mairov, presidente di Nuova UDAI 10.0 e di Herut Italia, è una figura di lungo corso del pensiero ebraico. Già durante gli studi di Medicina a Milano venne nominato dall’allora primo ministro Golda Meir come rappresentante nel movimento Internazionale socialista. È da poco uscito in libreria con Le radici della cultura occidentale, in cui si interroga sull’anima dell’Occidente e riflette sulla scarsa consapevolezza che l’Europa ha di sé e delle sue origini.
Israele è circondata da nemici dichiarati: Hamas, Hezbollah, Iran, Houthi. Sta vincendo l’offensiva militare?
«Israele ha vinto sull’Iran e sui fronti da cui è stata attaccata il 7 ottobre. La difesa aerea di Teheran è stata distrutta, gli Houthi vengono colpiti duramente ogni giorno, il regime in Siria è stato annientato. Israele ha vinto la battaglia militare, nonostante sia stata terrorizzata con più di 60mila missili, razzi, droni e bombe dal Sabato Nero».
Discorso diverso per la battaglia comunicativa…
«Esattamente. Ha perso la battaglia politica, la battaglia dell’hasbara, ovvero della comunicazione. Israele dice: “Con tutto quello che noi abbiamo sofferto, con la Shoah, con i campi di concentramento nazisti, con i gulag, noi dobbiamo spiegare al mondo che abbiamo ragione perché vogliamo sopravvivere?”. Il mondo non lo capisce».
L’Europa risponde con un pacifismo di facciata e un senso di colpa. A cosa è dovuto questo disarmo morale?
«Al fatto di non voler capire il proprio fallimento. Chamberlain non aveva capito che non si poteva trattare con Hitler, una tesi che Churchill cercava di spiegargli: entrò nella trappola della trattativa con Hitler e scoppiò la più spaventosa guerra che, solo grazie al grande Churchill, fu vinta e il mondo libero fu salvato. Ora la storia si ripete, con i politici dell’Occidente che accusano il medico che dice: “Guardate che fumare porta al cancro, non dovete fumare”».
Molti oggi mascherano l’antisemitismo sotto forma di «antisionismo». La caccia all’ebreo si ripresenta sotto maschere colte e sofisticate…
«85 anni fa non c’erano né Israele, né Bibi, né Gaza, né Hamas. Ma c’erano 6 milioni di ebrei nei forni, di cui 1,5 milioni bambini. Non è che per caso l’antisemitismo aspetta solo l’occasione per rialzare la testa e ricominciare a distruggere vite ebraiche? L’antisemitismo è sempre quello, da quello di Adriano nel 136 d.C., quando lui distrusse gli ultimi capisaldi nella Giudea e chiamò la Giudea Palestina, e gli ebrei li nominò palestinesi proprio per cancellare dalla faccia della terra i nomi di giudei ed ebrei, che erano grandi combattenti per la propria libertà contro l’imperialismo romano. Da allora, questa macchina antisemita gigantesca vuole negare a Israele e agli ebrei il diritto di esistere».
Perché l’odio verso Israele è così «necessario» per certi partiti?
«Alcuni partiti per sopravvivere hanno bisogno di nemici. Una buona parte della sinistra oggi è antisemita. La sinistra socialista e socialdemocratica dell’Ottocento portava avanti una lotta di classe democratica per migliorare le condizioni del proletariato e del sottoproletariato, ma questi partiti sono stati sopraffatti con la rivoluzione bolscevica, dal comunismo rivoluzionario. Sono diventati ciechi e sordi nel capire il pericolo terrificante del nazismo e del nazionalcomunismo. Alla fine della Seconda guerra mondiale, i leader erano convinti di aver finito il lavoro e che non ci fosse più nulla da fare. Abbiamo visto purtroppo come è finita. E c’è una verità di fondo».
Quale?
«Israele disturba la tranquillità del sonno profondo. Per dover sopravvivere ha dovuto sviluppare il mondo delle start up, la migliore università del mondo, il miglior sistema sanitario, il miglior sistema militare. E ha avvertito l’Occidente: “Non bisogna addormentarsi, da un momento all’altro può scoppiare un’emergenza e dobbiamo essere pronti”. Questo continuo monito di Israele ha infastidito molte classi politiche dell’Occidente».
E a questo si aggiunge il fatto che molti media europei contribuiscono alla diffusione di stereotipi antisemiti. Come si sostiene questo sistema?
«Per distruggere Israele ci sono montagne di soldi dei classici mondi antisemiti dell’estrema sinistra, del neonazismo e dell’islamismo estremista. Il 7 ottobre Hamas aveva tre obiettivi strategici: vincere militarmente sul campo; entrare nel cuore dei giovani dell’Occidente facendo il lavaggio del cervello nelle Università; pilotare la comunicazione. C’è una gigantesca quantità di soldi per giornalisti amici, per gente comprata e manipolata nei mezzi di comunicazione. Oggi accendi una televisione, senti una radio e leggi un giornale: tutti recitano il copione contro Israele, per tutto il tempo. Questa gigantesca operazione strategica di propaganda ha avuto un eccellente risultato».
E c’è lo zampino dell’Iran, guarda caso proprio quando Israele e Arabia Saudita avevano fatto progressi per gli Accordi di Abramo…
«Sarebbe stata una pace definitiva tra il mondo arabo, saudita, musulmano e Israele. Il regime iraniano sarebbe finito in un angolo. Così hanno voluto caricare le tensioni geopolitiche per scaricarle sul mondo occidentale, che si diverte a giocare con l’antisemitismo».
Nel libro Le radici della cultura occidentale si chiede se l’Europa abbia una consapevolezza di sé. Oggi siamo ancora capaci di riconoscere le nostre radici ebraico-cristiane o le abbiamo smarrite del tutto?
«Durante il Giubileo del 2000 ho avuto il piacere di essere vicino a Karol Wojtyła, un grande Papa che cambiò la storia. Chiamò gli ebrei “i nostri grandi fratelli” e parlò della civiltà ebraico-cristiana davanti al Muro occidentale a Gerusalemme. Se gli europei occidentali tornassero a leggere un libro – anche la Bibbia, ma pure i libri classici, di scienza, di cultura – ad andare a teatro, a sentire un concerto classico e ad attivare la testa per pensare, allora si potrebbero svegliare da questa tossicodipendenza. Solo così, come disse Wojtyła, la civiltà ebraico-cristiana potrà rinascere, combattere e sopravvivere. Ma dobbiamo farlo ora, subito, perché siamo già in estremo ritardo».