Tutto quello che non torna
Come si diventa Francesca Albanese: chi l’ha sponsorizzata all’Onu? L’inchiesta del Riformista, le 5 domande sul mistero del suo doppio mandato
di HaKol - 17 Luglio 2025 alle 14:29
Dopo l’emersione del caso Francesca Albanese [1], l’enigmatica e controversa Relatrice speciale per i Territori palestinesi occupati, esplode una serie di contraddizioni da cui derivano numerose domande. Alcune le sintetizziamo in questa pagina. A monte di tutto, ce n’è una a cui pochissimi sanno dare una risposta. Chi è uno Special Rapporteur delle Nazioni Unite? Cosa deve fare? Chi lo seleziona, come viene incaricato dalle Nazioni Unite, e su quali basi? Con quali prerogative, regole e caveat deve agire? Il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, intervistato dal Riformista, [2] pone la domanda, fuor di provocazione: «Chi ce l’ha messa, Albanese, al posto che occupa? Con quali criteri è stata selezionata?».
Chi è uno Special Rapporteur?
I siti Onu, a studiarli bene, qualche criterio lo riportano. Uno Special Rapporteur è un esperto indipendente nominato dal Consiglio ONU per monitorare, investigare e riferire su una specifica tematica o su una situazione nazionale (come ad esempio la situazione nei Territori Palestinesi). Non è un funzionario ONU, ma agisce a titolo personale (non rappresenta uno Stato) e non percepisce uno stipendio: riceve rimborsi spese e supporto logistico. Questi elementi – a leggere gli articoli, a seguire i talk show televisivi, per non parlare dei social – vengono continuamente confusi e travisati. E di Francesca Albanese si parla come di diplomatica, di funzionaria Onu, quando non genericamente di dirigente o addirittura di ‘Portavoce delle Nazioni Unite per la Palestina’. Fin qui la rete, i commentatori, gli opinion maker da salotto tv. Quando però è lei stessa a compilare il suo curriculum, sempre rigorosamente in inglese, eccola svettare: “International lawyer, Scholar, Former UN Official”. Tre dizioni che non aiutano a inquadrarla. Se si traduce la prima qualifica come avvocato internazionale, si è già davanti a una qualifica che non risponde alla realtà: lei stessa ha ammesso di non aver mai sostenuto la pratica per diventare avvocato [3]. Scholar corrisponde all’affiliazione accademica: nel 2020 risultava ancora solo candidata a sostenere un Ph.D, che certamente oggi dovrebbe aver già ottenuto (ma non è presente nel cv aggiornato che troviamo sul sito del Consiglio dei diritti umani Onu).
Il former UN Official è relativo all’esperienza – dal 2006 al 2010 – presso l’OHCHR, Divisione Cooperazione Tecnica e Cooperazione sul campo, e poi presso la famigerata UNRWA, sede di Gerusalemme, l’organismo plurinfiltrato da Hamas. Lì Albanese ha servito come Legal Officer dal febbraio 2010 al dicembre 2012: tredici anni fa il suo ultimo impegno con loro. Poi tornerà in Giordania come Senior advisor dell’ARDD, Arab Renaissance for Democracy and Development, dal 2018 al 2020 (ultimo aggiornamento del resumé da noi visionato). E la nomina in sé, come avviene? L’ONU pubblica periodicamente un bando aperto per incarichi speciali (Special Procedures) sul sito dell’OHCHR.
Chiunque può candidarsi: accademici, esperti, giuristi, difensori dei diritti umani. Le candidature possono essere individuali o sponsorizzate da governi o Ong. Qui la prima domanda: Albanese si è autocandidata o è stata sponsorizzata da governi o Ong? E se sì, da quali governi? È stata proposta in quel ruolo dal governo italiano? Tra l’altro, i suoi proponenti sono forti, in seno all’Onu: è tra le pochissime figure di questo tipo ad essere stata nominata due volte di seguito.
“Imparzialità e inclusività”
Di certo, quando la sua candidatura è arrivata, con i sostegni su cui sarà opportuno fare luce, il nome di Francesca Albanese è entrato in una shortlist. Un Gruppo consultivo composto da cinque rappresentanti regionali valuta le candidature secondo criteri di competenza professionale e indipendenza, equilibrio geografico, parità di genere, esperienza sul campo, integrità e autorevolezza. Questi i criteri: bisogna vedere se tra i concorrenti (altra domanda: chi erano?) nessuno avesse gli stessi titoli di merito di Albanese. A quel punto entra in capo il Presidente del Consiglio ONU per i Diritti Umani: riceve la short list e propone un nome. La nomina ufficiale avviene quando il Consiglio dei Diritti Umani approva formalmente il nome in sessione pubblica a Ginevra (di solito con consenso, raramente con voto). Ogni mandato ha la durata di tre anni, rinnovabile una sola volta. Tra i requisiti, le risorse umane Onu sottolineano: “Competenze riconosciute, alto profilo internazionale, indipendenza politica”.
Ragioni che spingono Francesca Albanese, nel profilo ufficiale in inglese dello Special Rapporteur, a sottolineare un elemento che oggi suona quasi paradossale: «Durante il suo mandato come Relatrice Speciale, Francesca Albanese si sforza di mantenere imparzialità e inclusività». Un’affermazione tanto opinabile da aver spinto numerosi paesi, tra cui l’Olanda, oltre agli Stati Uniti, a protestare in occasione del recente rinnovo del mandato, nell’aprile scorso. Rimane poi il ruolo del marito Massimiliano Calì. Su cui proseguirà la nostra inchiesta.
Le 5 domande del Riformista
[4]
[1] https://www.ilriformista.it/le-ambiguita-di-albanese-e-del-marito-massimiliano-cali-la-consulenza-allanp-e-il-conflitto-dinteressi-nella-banca-dove-transitano-i-soldi-di-hamas-474379/
[2] https://www.ilriformista.it/caso-albanese-gasparri-come-finiscono-questi-personaggi-a-rappresentare-lonu-io-sto-con-israele-474574/
[3] https://www.ilriformista.it/hillel-neuer-di-un-watch-albanese-non-e-imparziale-ne-avvocato-usa-un-linguaggio-antisemita-da-anni-trenta-hamas-tifa-per-lei-474416/
[4] https://www.ilriformista.it/come-si-diventa-francesca-albanese-chi-lha-sponsorizzata-allonu-linchiesta-del-riformista-le-5-domande-sul-mistero-del-suo-doppio-mandato-474678/domande-albanese/