E i jihadisti?
Genocidio e apartheid, le parole contro Israele: l’informazione occidentale che parla solo di donne e bimbi palestinesi
di Marco Del Monte - 22 Luglio 2025 alle 17:42
Dal 7 ottobre 2023 sta andando in scena “il mondo al contrario”: in un battibaleno gli aggrediti sono diventati nazisti e aggressori, il tutto aggravato dal fatto che l’aggressore sarebbe Israele, che sta mettendo in atto un genocidio pur avendo patito la Shoah. Con un po’ di raziocinio e anche da quello che risulta in documenti ritrovati nei cunicoli di Gaza si capisce che era già stato tutto organizzato e pianificato.
Dati alla mano è chiaro che Israele è una superpotenza locale che dispone di armi nucleari e non si può battere sul campo, perciò la strategia per sconfiggerlo è cambiata radicalmente. Si tratta infatti del diverso valore che gli uni e gli altri danno alla vita umana.
Gli ebrei la celebrano ogni settimana e in ogni festa comandata, non ammettono il suicidio e il martirio volontario, mentre gli islamisti dicono esplicitamente di amare la morte rituale, categoria nella quale si iscrive chi si fa saltare in aria per uccidere il maggior numero possibile di ebrei. Chi ha prefigurato ed organizzato questa guerra è partito proprio da questa diversa filosofia di vita, tradotta in un algoritmo: il numero di morti israeliani, uccisi nelle maniere più atroci e la presa di ostaggi avrebbero provocato una reazione di Israele dura e sanguinosa, al punto tale da “nauseare” il mondo cosiddetto civile. Il bersaglio è stato centrato in pieno e oggi, con “soli” cinquantamila morti (notare che il numero è fornito da Hamas) Israele viene accusato di genocidio.
Ma viene accusato pure di praticare l’apartheid, quando in Israele il Presidente di una corte di giustizia e il Rettore dell’Università di Haifa sono due arabe israeliane. Per quanto riguarda i rapporti con alcune popolazioni locali, i drusi israeliani e anche quelli fuggiti dalla Siria prestano servizio nell’Idf, dove raggiungono anche gradi elevati. In questa guerra sono morti in battaglia anche dei colonnelli drusi. La dimostrazione sta anche nel fatto che in questi giorni Israele ha quasi rinunciato ad intessere relazioni con la nuova Siria, proprio per difendere i drusi, cercando di fermare un conflitto che in pochi giorni ha già fatto più di duecentocinquanta morti, nel silenzio generale, dell’ONU in particolare.
La reazione, subito etichettata come eccessiva, ha provocato un alto numero di vittime; l’informazione nei paesi occidentali ignora completamente i morti israeliani e parla sempre di prevalenza di donne e bambini, come se ci fossero solo questi. Dove siano finiti i jihadisti combattenti, che si mostrano in luccicanti divise solo nei giorni di festa (visto che le indossano solo negli show in favore di telecamere) nessuno lo sa. Il numero dei morti fornito dal ministero della salute di Hamas non fa distinzione tra civili e uomini armati, per cui la confusione è totale e la propaganda gioca proprio su questo. L’argomento è pesante, ma va trattato con razionalità, per avere contezza che l’accusa di genocidio è qualcosa di aberrante e destituita di fondamento. È triste essere costretti a parlare di vite spezzate con la calcolatrice in mano.
Il primo elemento che configura un genocidio non è il numero di morti provocato, ma la volontà di eliminare un’etnia e allora vanno considerati tutti gli elementi in gioco. Molti membri di Hamas (tra cui Yahya Sinwar) e loro famigliari sono stati curati negli ospedali israeliani e Sinwar è stato addirittura operato per un tumore al cervello, cosa che gli ha salvato la vita. Chi avrebbe potuto accusare di omicidio il chirurgo che l’ha operato nel caso fosse morto “sotto i ferri”? Oltre questi dati di fatto, Israele, come detto, possiede l’arma nucleare e, se avesse veramente voluto lo sterminio dei Gazawi, avrebbe potuto utilizzare soltanto un paio di “bombe sporche” provocando un milione di vittime, senza perdere un solo militare (invece ne sono morti più di ottocento).
I dati, come detto, sono forniti dal Ministero della Salute di Hamas, ma questo fa sorgere un altro dubbio sull’organizzazione della “cosa pubblica” e cioè ci si deve porre la domanda su come mai esista un tale Ministero, ma non si è mai sentito parlare di governo. Dal 2005 a Gaza non c’è un ebreo e non è mai venuto in mente a nessuno che poteva essere proclamato uno Stato sovrano che avrebbe certo evitato la tragedia in atto. Il problema è che per sedici anni Hamas ha governato un’entità allo sbando, con l’unico obiettivo di distruggere Israele costruendo una Gaza multipiano, difficile da localizzare ed espugnare.