Ma di cosa hanno paura, di perdere voti?
“Premesso che Israele sbaglia”, il dazio obbligatorio da pagare al proprio elettorato: la politica del colpo al cerchio e uno alla botte
di HaKol - 30 Luglio 2025 alle 15:23
C’è dazio e dazio. Quello che pagheranno i consumatori americani sulle merci importate negli Stati Uniti è additato a male supremo, con buona ragione, un po’ da tutti. C’è però anche un altro dazio: quello che bisogna pagare al proprio elettorato per poter rimanere in sella, ricevere consenso, garantirsi una cittadinanza nei luoghi del potere. Europa, Governo, Parlamento. Perfino nei Comuni e nelle municipalizzate. Quel dazio oggi si paga con la moneta battuta da Hamas. Succede così che tutte le dichiarazioni e le prese di posizione vengano precedute dal dazio imposto dal gabelliere: «Premesso che Israele sbaglia…», «Detto che il governo Netanyahu non è giustificabile…», «Chiarendo prima di tutto che la reazione israeliana è sproporzionata…» e poi ciascuno aggiunge quel che in realtà avrebbe voluto dire.
Ma che non ha il coraggio, la possibilità, la volontà di dire nettamente. Senza giri di parole, ipocrisie e scuse preventive. Succede nei media. Gli inviati Rai, che dal Medio Oriente prima di raccontare il fatto devono dichiarare di aver preso le distanze dalle dichiarazioni di IDF, malgrado quella sia l’unica fonte attendibile – perché filma, fotografa, registra tutto – sui fronti operativi. E succede alla politica. Giorgia Meloni che twitta per prima la sua indignazione per il colpo di obice sul tetto di una chiesa si dimentica poi di twittare la solidarietà – dovuta, scontata, per regola di civiltà – ad un ebreo francese aggredito all’Autogrill di Milano.
Anche il ministro Matteo Piantedosi, sempre pronto a dire la sua sui social, sul fatto di violenza più grave degli ultimi mesi decide di non dire niente. Meloni e Piantedosi sono amici di Israele, intendiamoci. Con un colpo al cerchio e uno alla botte. E i riformisti, quelli di Azione, Italia Viva, Pd? Stessa cosa. Sinistra per Israele è tutta un campionario di excusatio non petita. Cerchiobottisti con la polizza assicurativa in tasca. Si indignano a mezza bocca, subito pronti a ritirare tutto con un corollario di Se, Ma, Anche, Per quanto… Parlo dei migliori, intendiamoci.
Degli altri è meglio non dire. Ma anche per i riformisti, la regola è quella di parlare dopo la premessa obbligatoria. Ivan Scalfarotto, senatore renziano ‘dalla parte di Israele’, che ieri è entrato a Palazzo Madama indossando la kippah, in un tweet ha spiegato: «Tra i danni terribili che il massacro a Gaza sta provocando, c’è anche il liberarsi di un antisemitismo diffuso». La premessa universale è che l’azione del governo israeliano è all’origine di ogni male. Il dazio obbligatorio che ciascuno sente il dovere di pagare ai propri elettori, prima di dire quello che voleva dire. Ma di cosa hanno paura, di perdere voti? Stiano tranquilli. Con le ambiguità su Israele e Hamas ne hanno già persi tanti, irrimediabilmente.