La veridicità del numero totale dei morti

Ma quale genocidio nella Striscia, Israele non prende di mira i civili: dati e proporzioni parlano chiaro

di Paolo Crucianelli - 1 Agosto 2025 alle 20:06

Quasi tutti i media, italiani e internazionali, riportano senza alcuna contestualizzazione i numeri grezzi diffusi dal cosiddetto “Ministero della Salute di Gaza”, un ente controllato da Hamas, privo di trasparenza, indipendenza o strumenti di verifica attendibili, soprattutto in un momento come questo, in piena crisi bellica, senza nemmeno più l’edificio che ospitava gli uffici; come si può credere alla veridicità di questi dati? Eppure, questi numeri vengono accettati come dati di fatto, incontrovertibili, utili esclusivamente a costruire l’accusa di genocidio contro Israele.

Sia chiaro: nessuno può né deve mettere in dubbio che a Gaza siano morte molte persone, incluse vittime innocenti come bambini e civili estranei ai combattimenti. E ogni vita umana spezzata è una tragedia. Tuttavia, è doveroso analizzare questi numeri in modo più razionale, al di là dell’indignazione emotiva. Per farlo, occorre considerare almeno tre fattori.
La veridicità del numero totale dei morti
Il numero ufficiale di circa 60mila morti diffuso da Hamas è ritenuto da molte fonti indipendenti come gonfiato per fini propagandistici, con stime correttive che indicano un eccesso di almeno il 20%. Applicando questo correttivo, il numero plausibile dei decessi sarebbe attorno a 48mila.
La quota di combattenti tra i deceduti
Un altro dato sistematicamente omesso è che una parte significativa dei morti non è composta da civili, bensì da miliziani armati. Non solo di Hamas, ma anche di altre fazioni estremiste operanti a Gaza, come Jihad islamica palestinese, Comitati di resistenza popolare, Fronte popolare per la liberazione della Palestina, esercito dell’Islam, gruppi salafiti-jihadisti. Secondo diverse analisi, si stima che, probabilmente, il 50% dei deceduti appartenesse a forze combattenti. Dunque, anche accettando la cifra massima diffusa da Hamas, si tratterebbe di circa 30mila miliziani e altrettante vittime civili collaterali.
Il rapporto tra vittime civili, popolazione e durata del conflitto
A Gaza vivono circa 2,3 milioni di persone. Se assumiamo 30mila vittime civili in quasi due anni di guerra (21 mesi), la percentuale di popolazione civile deceduta è circa 1,3%. Bisogna considerare che Gaza è una delle zone più densamente popolate del mondo; Hamas ha costruito la propria infrastruttura bellica sotto scuole, ospedali e case civili; i combattenti si nascondono fra la popolazione e usano i civili come scudi umani. Mantenere la percentuale di morti collaterali entro tali termini non è segno di una carneficina indiscriminata, bensì di un’operazione militare straordinariamente mirata, a fronte delle condizioni ambientali e tattiche così avverse.

Per capire meglio cosa significano questi numeri, dobbiamo fare un paragone con altri conflitti in qualche modo simili alla guerra di Gaza, quindi asimmetrici (non tra due eserciti regolari, ma tra un esercito e gruppi di miliziani), e paragonare il numero di morti in tali conflitti con quello di Gaza, tenendo conto dell’entità della popolazione coinvolta e della durata del conflitto. Solo così, usando un procedimento scientifico, possiamo avere un’idea generale di qual è realmente la situazione e se il conflitto a Gaza è o non è un’anomalia, se è o non è un’ecatombe, come vogliono farci credere i media generalisti. Nella foto è rappresentata una tabella comparativa delle vittime nei vari conflitti, più o meno recenti, che si possono paragonare alla situazione di Gaza; la tabella è ordinata tenendo conto della percentuale della popolazione originaria deceduta al mese.
Il paradosso Sri Lanka
Una riflessione amara: il caso dello Sri Lanka nel 2009 vide 70mila morti su 400mila abitanti in appena due mesi. Una proporzione catastrofica, un’ecatombe umanitaria, eppure se ne parlò pochissimo: nessuna marcia globale per la pace, nessuna “Freedom Flotilla” fece rotta verso lo Sri Lanka. Il conflitto è scomparso dalla memoria collettiva.
Le conclusioni che nessuno osa trarre
I dati parlano chiaro. In questa tragica classifica, Gaza è al penultimo posto per percentuale di morti mensili. La narrativa del “genocidio” si scontra con la realtà aritmetica: una delle guerre più difficili da condurre per via delle tattiche di Hamas, ma anche una delle più contenute, in proporzione, per vittime collaterali. E ciò pur assumendo come validi i dati forniti da Hamas, senza applicare alcuna correzione verso il basso.

Chi continua a parlare di “mattanza indiscriminata” lo fa per ideologia, non per rispetto dei fatti. Analizzare i dati, per quanto doloroso, è l’unico modo per orientarsi nel caos della propaganda. Perché la verità non si trova nel numero assoluto di morti, ma nel rapporto tra quegli stessi numeri e il contesto in cui si sono verificati.

 

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