"I rapiti vanno riportati a casa. Vivi o, se necessario, i loro corpi"
Della Rocca e l’odio diffuso contro Israele: “Ogni giorno usiamo è shalom, pace. E’ nel dna di ogni ebreo. Qatar ovunque, l’Occidente casca sulla fame”
di HaKol - 6 Agosto 2025 alle 09:13
Ruben Della Rocca è giornalista, voce di Radio Radicale e già vicepresidente della Comunità ebraica di Roma. Lo intervistiamo in un momento di particolare allarme, con un’ondata di antisemitismo sempre più allarmante.
Avevi mai visto una campagna d’odio simile a quella attuale?
«Nel 1982, da liceale, vissi un clima molto simile dopo l’invasione israeliana del Libano. La campagna mediatica fu violenta e sfociò nel sangue, con l’attentato alla sinagoga e l’uccisione del piccolo Stefano Gaj Taché. Oggi però la situazione è aggravata dai social, che amplificano disinformazione e odio, diffondendo psicosi e slogan violenti. Chiunque parla di Israele, spesso senza alcuna competenza. È grave la responsabilità di media e politica, che hanno ridotto tutto a una disputa da tifosi. Ma ciò che più inquieta è il crollo degli anticorpi morali: Auschwitz non basta più a fermare l’antisemitismo».
Gli ebrei romani si sentono sicuri? Sconsigliate di indossare la kippah?
«Viviamo da oltre quarant’anni con misure di sicurezza permanenti: scorte davanti ai templi, militari all’ingresso delle scuole. È alienante, ma è la nostra realtà quotidiana. Siamo grati alle forze dell’ordine, ma resta l’assurdità. Oggi siamo preoccupati, certo, ma non abbiamo paura. Mai avuta, e mai l’avremo. Continueremo a portare con orgoglio la kippah e a non nascondere i nostri simboli. Siamo forti della nostra fede, dei nostri valori millenari».
Alcuni italiani fanno aliyah e servono nell’IDF. Cosa pensi dell’ipotesi che Israele amministri Gaza dopo la guerra?
«Il pensiero costante è per i nostri ragazzi al fronte, per le famiglie, per gli ostaggi. Ma anche per i civili palestinesi usati da Hamas come scudi umani. La propaganda jihadista ha voluto questa guerra, e ora sfrutta fame e sangue per commuovere l’Occidente. Israele deciderà cosa fare con Gaza, ma una cosa è certa: i rapiti vanno riportati a casa. Vivi o, se necessario, i loro corpi. Israele non ha scelto questa guerra, ma la combatterà. E noi saremo al suo fianco, sempre e comunque».
Come trovi l’iniziativa della Regione Lazio sugli aiuti umanitari a Gaza?
«Un atto figlio della confusione generale. Ogni giorno vediamo amministrazioni locali che promuovono boicottaggi culturali, farmaceutici, economici, riconoscimenti di entità che non esistono, chiavi delle città a personaggi ambigui come Francesca Albanese. È uno stato di trance collettiva. Il tema della “fame a Gaza” colpisce l’opinione pubblica più ingenua, ma Hamas ha dichiarato di voler affamare la sua stessa popolazione per fini propagandistici. E l’Occidente ci casca».
Il Qatar finanzia Hamas, ma anche eventi sportivi, moda e media. Quanto pesa questa influenza?
«Moltissimo. Basta entrare in un grande albergo, seguire una partita o un GP di Formula 1, e il Qatar è ovunque. Ma soprattutto nell’informazione. Al Jazeera è una macchina di disinformazione. Hamas ha potuto scavare centinaia di chilometri di tunnel grazie a quei finanziamenti. E lo stesso denaro ha finanziato narrazioni ideologiche, ONG, università e centri culturali: una propaganda ben oliata».
Le immagini degli ostaggi sono state censurate. Cosa prova la diaspora?
«Censurare le immagini degli ostaggi significa negare la realtà. Anche Setteottobre è stata oscurata su YouTube da Meta per averle pubblicate. Eppure, chi è ebreo sa che la pace è nel nostro DNA: shalom è il saluto che usiamo ogni giorno, le chaim il brindisi alla vita. Siamo un popolo che prega per la pace più volte al giorno, ma che sa anche di non poter abbassare la guardia. Finché ci saranno nemici che vogliono la nostra distruzione, non ci sarà sicurezza. Ma anche questo momento passerà. Am Israel Chai. Il popolo d’Israele vive».