Ha Stato Israele
L’articolo di Polito sul Corriere della Sera e la “superiorità morale” di Israele
di Iuri Maria Prado - 6 Agosto 2025 alle 11:55
Era sicuramente molto benintenzionato l’articolo con cui Antonio Polito, sul Corriere della Sera di ieri, denunciava l’inciviltà antisemita che si è riversata su Liliana Segre solo perché questa anziana signora, una sopravvissuta di Auschwitz, ha osato rammaricarsi per l’uso odioso che si fa ormai comunemente della parola “genocidio”. Un termine adoperato con l’effetto, quando non con l’intenzione, di rinfacciare agli ebrei – sotto il paludamento della “critica a Israele” – la commissione del delitto incancellabile. Non senza, pressoché sempre, l’inconfessabile ma vibrante desiderio negazionista rivolto a rintuzzare la lagna ebraica che adibisce la Shoah a scudo protettivo che permette di perpetrare impunemente ogni sorta di atrocità.
È un bene che questa retorica neo-antisemita, peraltro imperante, sia almeno episodicamente rintuzzata. Sarebbe stato meglio, tuttavia (e lo osserviamo sommessamente, per quanto fermamente), se Antonio Polito non avesse rovinato il suo lavoro chiudendo l’articolo con un’affermazione che rischia, a noi sembra, di mettere in zona precaria quelle sue pur giuste considerazioni. È quando Polito, appunto concludendo il suo ragionamento, evoca il diritto di esistere di Israele e, pur dicendo di difenderlo, aggiunge tuttavia che lo Stato ebraico “ha perso la sua superiorità morale”. E l’avrebbe persa, spiega Polito (riassumo, ma la ciccia è questa), a causa delle sue scelte sbagliate nella guerra di Gaza.
Il problema è che Israele non era provvisto prima del 7 ottobre proprio di nessuna “superiorità morale”, né poi dunque avrebbe potuto perderla. Superiore rispetto a chi? A che cosa? E perché mai? Forse Israele aveva, e ha, diritto di esistere in forza di quella sua presunta superiorità? E dunque il diritto di esistere di Israele dipende dalla moralità del suo portamento? Non ci si accorge, evidentemente, che ipotizzare anche solo in modo obliquo che il diritto all’esistenza dello Stato ebraico dipenda dalla “moralità” che lo contraddistinguerebbe (a giudizio di chi?) denuncia la persistenza di un’irrimediabile stortura nell’atteggiamento che diffusamente si tiene rispetto a quel Paese. E anche rispetto al popolo ebraico, al quale non a caso si rivolge l’intimazione di “dissociarsi” dallo Stato degli ebrei (sì, certo, “dalle politiche di Netanyahu”), pena, altrimenti, il farsi complice dei crimini che esso commetterebbe.
È pericoloso evocare quella “superiorità”. Una pratica cui ci si abbandona (certamente in modo non consapevole da parte di Polito) sul presupposto di riconoscerla e difenderla proprio mentre si dice che ne è destituito chi commette questo o quell’errore, questo o quel crimine. Perdendo perciò il diritto di esistere. Molto pericoloso.