Per Israele
“Israele affama deliberatamente la popolazione di Gaza”, il racconto distorto di Amnesty che abbraccia la narrativa di Hamas
di HaKol - 19 Agosto 2025 alle 18:10
Leggere certe denunce provenienti da organizzazioni internazionali lascia sgomenti. Amnesty International ha accusato Israele di “affamare deliberatamente” la popolazione di Gaza, sostenendo che fame e malattie siano il risultato pianificato di politiche mirate a distruggere fisicamente i palestinesi, parte di un presunto genocidio. Si tratta di un’accusa gravissima, che segna una deriva ideologica: Amnesty sembra abbracciare la narrativa di Hamas, ignorando dati e contesto reale. Chi conosce anche minimamente la situazione sa che Israele non impedisce l’ingresso di beni essenziali e che garantire il passaggio di aiuti umanitari resta una priorità. Solo nelle ultime settimane sono transitate quasi 2.500 tonnellate di aiuti, mentre negli ultimi anni oltre 2 milioni di tonnellate e 100.000 camion hanno portato cibo, medicinali e beni vitali, come confermano World Food Programme e Croce Rossa.
Il vero ostacolo è Hamas, che confisca regolarmente gli aiuti per sostenere la propria propaganda e impedire che Israele fornisca sostegno diretto ai palestinesi, indebolendo così il proprio consenso interno. La manipolazione mediatica sui social rafforza questa narrativa, mostrando bambini malnutriti o civili in fila per gli aiuti come simboli della presunta “fame imposta da Israele”. È la stessa logica criminale vista prima e dopo il 7 ottobre, quando Hamas utilizzava la popolazione come scudo umano e collocava armi in scuole e ospedali. A questa realtà si somma l’inerzia delle Nazioni Unite, spesso lente o ambigue nel garantire consegne sicure: tonnellate di cibo restano bloccate per problemi burocratici o per il rifiuto di collaborare con organizzazioni locali affidabili. Il 25 luglio, ad esempio, 730 camion già entrati in Israele sono rimasti fermi nei depositi ONU, mentre altri 950 erano in attesa di attraversare il confine.
Diventa allora legittimo chiedersi perché Amnesty non denunci con la stessa forza Hamas e perché l’ONU non riformi i propri meccanismi, alimentando indirettamente la propaganda terroristica. Le accuse dell’organizzazione finiscono così per amplificare un racconto distorto, mettendo a rischio la propria credibilità. Non si tratta di un episodio isolato: nel marzo scorso Amnesty UK ha diffuso un video in cui una giovane manifestante negava che il conflitto fosse iniziato il 7 ottobre, con un chiaro riferimento alla nascita di Israele nel 1948, insinuando di fatto la legittimità dello Stato.
Come ha osservato Roy Yellin, attivista israeliano di sinistra, le organizzazioni per i diritti umani hanno guadagnato prestigio descrivendo la realtà così com’era, ma oggi troppe cadono nella negazione dei fatti compiuti da Hamas. La questione non riguarda solo Israele o Gaza, ma la credibilità di chi parla in nome dei diritti umani. Ignorare la complessità dei fatti, amplificare la propaganda di un gruppo terroristico e mettere in discussione l’esistenza di uno Stato democratico non difende i diritti: li tradisce.