Addio terzietà

Il rapporto di Albanese tradisce la neutralità Onu e si alimenta di veleno: il documento della relatrice sul “genocidio” si basa su fonti ostili a Israele

di HaKol - 21 Agosto 2025 alle 15:17

Ho letto con molta attenzione il rapporto presentato da Francesca Albanese [1], relatrice speciale Onu, dal titolo “From the Economy of Occupation to the Economy of Genocide”. Il documento analizza l’evoluzione dell’occupazione israeliana in Palestina “come progetto coloniale, alimentato e sostenuto da un ampio apparato economico-industriale” che, dopo ottobre 2023, ha raggiunto un nuovo stadio, quello cioè dell’”economia del genocidio”. Secondo Albanese, “sono troppe le entità aziendali che hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio”.

Il suo rapporto è un atto d’accusa basato non su prove o giudizi legali, ma su un ragionamento ideologico che associa genericamente la fornitura di tecnologie, saperi o mezzi di produzione alla responsabilità diretta per le azioni dello Stato israeliano. Nel rapporto non si trova alcuna menzione del fatto che lo Stato di Israele nacque nel 1948 e venne riconosciuto dall’Onu, in un territorio che già vedeva la presenza ebraica millenaria, con una proposta di spartizione accettata dagli ebrei e respinta da tutti gli Stati arabi. Il rapporto non cita violazioni specifiche, non produce prove documentali, né si fonda su strumenti giuridici come lo Statuto di Roma, le Convenzioni di Ginevra, i vari Accordi di pace o i Principi guida su imprese e diritti umani.

Ho dedicato molto tempo a cercare e verificare le fonti che sostengono tante affermazioni false, travisate o distorte. Le principali fonti che utilizza provengono da Ong, tutte dichiaratamente ostili a Israele, nessuna delle quali presenta a sua volta le fonti primarie delle proprie affermazioni. Il rapporto allora si autoalimenta e appare come un continuo rimandare nelle sue note a fonti che tali non sono. È soprattutto un documento ideologico che presenta l’intera economia israeliana come “genocida”, criminalizzando così lo Stato d’Israele senza alcuna distinzione tra Stato, governo, cittadini, imprese, alimentando in questo modo un odio indistinto e generalizzato.

È un documento falso dal punto di vista storico, in quanto vede il progetto sionista fin dai primi anni del 900 come un’“impresa coloniale aziendalizzata”. Tale progetto si concretizza poi con la creazione d’Israele e con la successiva Nakba del 1948. Tutto ciò costruito attraverso una narrativa ininterrotta di occupazione, violenza e pulizia etnica. Israele così rappresenta la peggiore forma di colonialismo. La non conoscenza, l’ignoranza storica dei fenomeni che hanno caratterizzato la costruzione dello Stato d’Israele e l’origine delle varie guerre è davvero sorprendente.

Non solo: il rapporto di Albanese è chiaramente parziale e fazioso anche sotto il profilo giuridico. Nella sua narrazione, il diritto internazionale umanitario viene piegato a una lettura ideologica e selettiva che nuoce e pregiudica la sua funzione. Nel rapporto, il diritto internazionale viene snaturato, falsato o ridotto a strumento ideologico. Il diritto internazionale prevede chiaramente che la parte che utilizza scudi umani sia considerato corresponsabile delle perdite civili che derivano da attacchi diretti a obiettivi militari. Nel suo rapporto, la relatrice sorvola ed esclude intenzionalmente qualsiasi analisi della condotta di Hamas, un attore armato, terrorista che fa scempio di ogni regola. Ignora l’uso sistematico di scudi umani; il richiamo al martirio e ai sacrifici umani, tutto ciò attraverso la commistione deliberata fra combattenti e civili. Ma ignora anche l’evidenza dimostrata ampiamente da organismi terzi, e cioè l’installazione di arsenali, centri operativi e di comando militare nelle scuole, moschee, ospedali.

Albanese dimentica che è una funzionaria internazionale il cui obbligo primario è la terzietà, l’imparzialità, il rigore nei contenuti, nei metodi e nel linguaggio e, devo dirlo con chiarezza, è ampiamente carente e inadeguata in tutti questi aspetti. Il Codice di condotta delle Nazioni Unite per i titolari di mandati speciali impone neutralità, imparzialità, rispetto dei limiti territoriali e tematici del mandato e il divieto di commenti personali non supportati da sentenze o prove chiare e verificabili. Albanese, invece, ha dimostrato – non solo con questo rapporto, ma anche in documenti precedenti – di travalicare ogni confine, agendo più come un’attivista e come una militante politica.

Sono molte le sollecitazioni rivolte inutilmente ad Albanese perché condannasse in modo chiaro e inequivocabile le atrocità commesse da Hamas. Gli stupri, i rapimenti, l’uccisione deliberata di civili israeliani, l’uso di bambini palestinesi come scudi umani. Ha scelto, consapevolmente, di non scrivere una sola riga su bambini israeliani bruciati vivi, sugli ostaggi, sulle famiglie spezzate. Quel silenzio equivale a una presa di posizione ben precisa e riconosciuta.

[1] https://www.ilriformista.it/francesca-albanese-quel-rapporto-che-stravolge-la-storia-e-ignora-le-leggi-cosi-ogni-ebreo-e-visto-come-nemico-476318/

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