Esteri
Mancini: “Così Israele ha ucciso l’uomo che diffondeva la propaganda di Hamas nelle università di tutto il mondo”
di HaKol - 2 Settembre 2025 alle 09:29
Marco Mancini, a lungo ai vertici dell’intelligence italiana, analizza in esclusiva per Il Riformista le ultime notizie da Israele, con qualche insider inedito sulla figura di Abu Obaida e sull’operazione che lo ha eliminato.
Confermata l’eliminazione di un numero uno di Hamas. Chi era Abu Obaida?
«Il suo vero nome è Samir Abdallah Al-Kalout. A Gaza era conosciuto come Sheikh della più grande moschea, figura di autorità più che di età. Entrato giovanissimo in Hamas come militante operativo, ha organizzato e preso parte ad attentati contro Israele. Si è saputo costruire un ruolo centrale nella propaganda del movimento. È stato lui a creare contatti con studenti e università in Europa e negli Stati Uniti, diffondendo l’ideologia di Hamas sotto la copertura della causa palestinese».
Perché ha messo le università al centro della sua strategia?
«Aveva capito che i campus sono nodi nevralgici, moltiplicatori di consenso: lì ha seminato idee, contatti e reclutamenti. Ha lanciato tendenze: molti giovani – ma anche professori e intellettuali – si sono avvicinati a Hamas confondendo la causa palestinese con il sostegno a un gruppo terroristico. Questa è stata la sua grande intuizione e il suo principale successo: trasformare il mondo accademico in un bacino di consenso e legittimazione».
Come è stato localizzato e neutralizzato?
«Israele lo ha intercettato nel quartiere al-Rimal, a Gaza, dove incontrava moglie e figli. Non aveva telefoni, non lasciava tracce digitali. L’intelligence militare israeliana ha usato rilevatori ambientali: la sua voce è stata riconosciuta all’ingresso dell’edificio con un software di identificazione esclusivamente vocale piazzato ad arte. È stato eliminato con un’operazione chirurgica che ha colpito solo il suo appartamento, senza coinvolgere civili. Per efficacia e precisione, va considerata una delle operazioni più rilevanti degli ultimi anni».
Perché questa eliminazione è così significativa?
«Abu Obaida aveva costruito una rete internazionale di propaganda e consenso, dal Medio Oriente alle capitali europee e americane. Neutralizzarlo significa spezzare un cordone ombelicale che alimentava Hamas a livello globale. Non era solo un leader militare: era soprattutto il volto e la voce che teneva insieme la galassia pro-Hamas nelle università e nei movimenti di opinione. Senza di lui Hamas perde un simbolo e un facilitatore di legami globali. Non è la fine della minaccia, ma è un passo fondamentale per ridimensionarne la capacità di influenza».
Che cosa cambia ora a Gaza?
«Sul terreno si muove un nuovo attore: un gruppo di 300 palestinesi addestrati in Egitto, con il benestare e il sostegno di Israele. È un piccolo battaglione con compiti di polizia e di ordine pubblico, incaricato di distribuire gli aiuti umanitari senza che vengano sequestrati da Hamas e, se necessario, di affrontare gli scontri armati con i miliziani. È una forza sostenuta da Egitto e Israele ma al servizio del popolo palestinese. Dal suo successo dipende l’inizio della fine di Hamas».