Chiarezza fatta anche sulla Corte Penale Internazionale
La lettera di David Lammy che mette ordine tra il diritto e la propaganda, così Londra ha smontato il genocidio a Gaza
di Iuri Maria Prado - 10 Settembre 2025 alle 12:20
È importante per due motivi principali la lettera con cui David Lammy [1], ex ministro degli Esteri e attuale vice primo ministro del Regno Unito, ha riferito nei giorni scorsi a proposito delle investigazioni del governo inglese sul presunto “genocidio” in corso a Gaza. In primo luogo è importante perché liquida al rango di indimostrata vociferazione la teoria che, invece, è spacciata ormai dappertutto come verità indiscutibile. Secondo il verbo corrente, l’esistenza del genocidio che Israele avrebbe perpetrato a Gaza – e nel quale lo Stato ebraico si starebbe impegnando senza sosta ormai quasi da due anni – è un fatto incontestabile che viene prima delle prove e che prescinde dalle prove. La guerra di Gaza “doveva” essere di stampo genocidiario perché qualificarla in quei termini era il modo per destituire di legittimità il diritto di Israele di combattere, e di vincere, la guerra contro chi voleva distruggerlo.
Il governo del Regno Unito – che pure si è dimostrato in più occasioni pregiudizialmente orientato contro la campagna militare condotta a Gaza da Israele – ha attentamente considerato, come riferisce David Lammy, il rischio di genocidio. E ha pienamente argomentato che non esistono elementi per concludere che Israele abbia agito e agisca con “intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”, che è quanto si richiede affinché si possa anche solo cominciare a parlare di genocidio.
Ma la lettera dello statista britannico, e la posizione del governo di cui essa riferisce, sono poi importanti per un secondo motivo. E cioè perché ricordano – nuovamente contro un falso ormai divenuto verità corrente – che la Corte Internazionale di Giustizia, presso cui pende il procedimento per genocidio avviato dai ricorsi sudafricani, non ha mai deliberato alcunché a proposito della fondatezza o no delle accuse. Né ha mai ritenuto “plausibile” – come invece falsamente si ripete da parte di molti – che Israele abbia commesso o stia commettendo un genocidio.
Quest’ultimo profilo della questione è anche più importante. La verità indiscutibile circa l’esistenza inoppugnabile del genocidio, infatti, non solo urtava una realtà platealmente di segno contrario e sfornita di qualsiasi riscontro affidabile, ma imperversava mentre era in corso il procedimento giudiziario rivolto appunto ad accertare se, e in quale misura, le accuse fossero fondate o no. Qualcosa di peggio che un genocidio “per decreto”: un genocidio a prescindere dal processo e a prescindere dai principi (la tutela del diritto di difesa, l’obbligo di scrutinio delle prove, eccetera) che ne disciplinano lo svolgimento.
Ma non basta. Perché alla Corte Internazionale di Giustizia – che non è propriamente un covo sionista – è stato poi falsamente attribuito di aver disposto misure cautelari nei confronti di Israele proprio perché avrebbe ritenuto “plausibile” la commissione di atti di genocidio contro la popolazione di Gaza. Per capirsi: se la Corte ha emesso questo o quel provvedimento d’urgenza nei confronti di Israele – si diceva – allora è ovvio che ha considerato fondate le accuse di genocidio o, comunque, incombente il rischio che fosse perpetrato. Un’altra pericolosa sciocchezza cui il governo inglese risponde spiegando che no, non solo la Corte non ha mai detto nulla di simile, ma neppure l’emissione di quelle misure d’urgenza suppone l’esistenza o anche solo il rischio di genocidio. È infine importante, la lettera di David Lammy, perché aiuta a distinguere: da una parte il chiasso, i berci, la propaganda; dall’altra il diritto.
[1] https://www.ilriformista.it/il-verdetto-di-londra-nessun-genocidio-da-parte-di-israele-480638/