"Con le minacce di Ben Gvir, hanno capito che la festa finiva"

Taradash smonta la Flotilla: “Una gita in barca, con tanto di assicurazione all inclusive. Sembrano turisti spaventati in cerca del tour operator”

di HaKol - 17 Settembre 2025 alle 11:26

Marco Taradash, dopo una vita di impegno nelle manifestazioni nonviolente guidate da Marco Pannella, se la prende con la Sumud Flotilla. Sul suo profilo X l’esponente di Europa Radicale segue il tracker delle barche che da giorni fanno avanti e indietro intorno ai porti siciliani.

Qual era davvero l’intento originario della Flotilla? Portare aiuti o inscenare una campagna mediatica senza rotta?
«Non si è mai vista un’operazione che non ha un punto di approdo, non ha piani di navigazione, non ha una data di arrivo ma si limita a dire che porterebbe “aiuti umanitari”. A chi? Da distribuire come e dove? Non hanno mai preso contatti con le organizzazioni operative a terra. E se li intercettasse Hamas, quei pacchi? Sembra che il problema non se lo siano neanche posto. Non si sono dati alcun termine, alcun obiettivo, alcuna scadenza. Ma allora non è una missione, è una pura campagna di comunicazione e anche piuttosto vaga. Anche perché le campagne si fanno quando dell’argomento non si parla. Qui invece non si parla che di Gaza, di emergenza umanitaria. Il tema satura televisioni, giornali e social».

Perché allora dedicare anche la gita in barca?
«Tutta l’operazione era funzionale a farsi bloccare, a farsi rimandare indietro. Un teatrino già scritto. Poi è arrivata la frase di Ben Gvir: “vi tratteremo da terroristi”. E lì, addio gita in barca. Gente che pensava di fare una crociera del cuore, con vele, sentimenti e bandierine ideali… e invece si è scoperto che la faccenda poteva essere seria».

E quei presunti “attacchi esterni” che hanno spaventato i partecipanti?
«Parliamoci chiaro: non si è capito bene. Forse droni ma non certo israeliani, perché Israele se vuole mandare un segnale lo fa in modo molto più chiaro. Forse, più banalmente, un incidente interno: razzi di segnalazione partiti per sbaglio e ricaduti in verticale sulle stesse barche. Fatto sta che l’effetto è stato quello di far salire il panico. Prima Ben Gvir, poi questi incidenti: ed ecco che si corre a chiedere protezione internazionale. Altro che eroi nonviolenti: sembrano turisti spaventati in cerca del tour operator».

Lei che viene da una lunga storia radicale, come giudica questa richiesta di protezione?
«Una vergogna. Le battaglie nonviolente si fanno accettando i rischi, pagando un prezzo. Noi siamo andati in maggio a Kyiv, durante i bombardamenti russi, sapendo che c’era un rischio reale. Non ci siamo mai sognati di invocare “protezioni consolari” o di telefonare al governo italiano: “per favore, tutelateci”. No, ci si assume la responsabilità. Qui invece si voleva trasformare una protesta politica in una gita in barca, con tanto di assicurazione all inclusive. Non funziona così».

A suo avviso la Flotilla non era davvero un’iniziativa umanitaria?
«Ma per favore. Se volevano portare cibo non partivano da Barcellona, facevano prima in altro modo. Qui si voleva solo stare settimane in mare, farsi inquadrare dai riflettori, creare spettacolo. È il solito mondo di ideologia e sentimentalismo, incapace di vedere la politica per quello che è: compensazione, responsabilità, durezza».

Come giudica l’evoluzione della guerra a Gaza?
«Ho detto fin dall’inizio: dopo la tregua si doveva cercare una soluzione politica. Oggi la guerra va avanti, e la soluzione poteva essere semplice: dire a Hamas “consegnate gli ostaggi”. Non “arrendetevi” — perché non lo faranno — ma almeno liberate gli ostaggi. Questo avrebbe cambiato il quadro politico, forse persino coinvolto gli Stati Uniti. Invece si va avanti costruendo la solita fiaba: il Male Assoluto da una parte e le innocenti vittime di Gaza dall’altra. Io di innocenti a Gaza non ne ho mai visti: complici di Hamas lo sono stati per vent’anni. Certo, complici e anche vittime. Come i tedeschi sotto Hitler: pochi ebbero il coraggio di opporsi. A Gaza neanche quelli: dopo il 7 ottobre abbiamo visto tutti quelle migliaia di persone che ballavano nelle piazze di Gaza. E allora basta con la santificazione della popolazione: non sono santi devoti alla pace e all’amore fraterno».

Dunque, la Flotilla che chiede protezione all’Italia è la contraddizione finale?
«Esatto. Non si può scendere in mare per provocare Israele e poi, spaventati, correre a chiedere la protezione dei governi che disprezzi, compreso quello italiano. Prima l’intento era farsi bloccare da Israele senza spargimento di sangue. Poi, con le minacce di Ben Gvir, hanno capito che la festa finiva. E allora ecco il colpo di teatro: “Italia, salvaci tu!”. Ma chi si assume un’iniziativa deve accettarne le conseguenze. Se fai una protesta non violenta, la porti fino in fondo. Non chiedi protezione a chi combatti. È un paradosso ridicolo, e direi anche un tradimento della stessa non violenza».

Il grande archivio di Israele

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