L'opinione
Riconoscimento della Palestina, perché l’Italia deve continuare a rimanere neutra
di HaKol - 24 Settembre 2025 alle 11:12
Il riconoscimento unilaterale della Palestina da parte di alcuni governi europei è percepito in Israele come un atto che mina gli Accordi di Oslo e che indebolisce la possibilità stessa di un processo di pace credibile. Gli accordi del 1993 e del 1995 stabilivano chiaramente che le questioni di status finale, compresa la creazione di uno Stato palestinese, sarebbero state risolte solo attraverso negoziati diretti. Anticipare questo risultato per via diplomatica esterna equivale a scavalcare l’impegno preso e a sottrarre alla trattativa la sua legittimità.
Israele osserva che, mentre la comunità internazionale si affretta a concedere riconoscimenti simbolici, i palestinesi non hanno rinunciato a pratiche che vanno nella direzione opposta alla pace, compresa la retorica che delegittima Israele e la tolleranza verso organizzazioni che praticano la violenza. In questo senso riconoscere la Palestina senza alcun vincolo negoziale significa premiare l’unilateralismo e rafforzare chi rifiuta il compromesso. Per il governo israeliano la conseguenza non è solo diplomatica ma anche strategica. Benjamin Netanyahu ha già lasciato intendere che di fronte a simili mosse Israele potrebbe rafforzare il controllo su aree della Cisgiordania e accelerare politiche che consolidino la presenza israeliana sul terreno.
È una scelta che ha una logica interna: se la controparte ottiene vantaggi senza negoziare, Israele non ha più motivo di mostrare moderazione. Dal punto di vista israeliano, inoltre, i riconoscimenti internazionali rischiano di trasformare la questione palestinese in una bandiera simbolica, utile a governi stranieri per mandare segnali politici interni o regionali, ma dannosa per i delicati equilibri locali. Netanyahu può capitalizzare questa dinamica rafforzando la propria narrativa: Israele è sotto assedio non solo militare ma anche diplomatico, e dunque ha bisogno di un governo forte e intransigente per resistere.
Chi in Israele difende Oslo lo fa ricordando che esso è stato concepito come un percorso reciproco di concessioni graduali. Se i palestinesi e i loro alleati internazionali scelgono la scorciatoia del riconoscimento unilaterale, allora si rompe l’architettura su cui Oslo si reggeva. Non è un caso che molti israeliani leggano queste decisioni non come passi verso la pace ma come segnali che incoraggiano una parte a sentirsi già legittimata senza dover trattare su sicurezza, confini e riconoscimento reciproco.
In questa prospettiva la mossa più probabile di Netanyahu è rafforzare la linea della fermezza, respingere qualsiasi iniziativa multilaterale e ribadire che solo il negoziato bilaterale può produrre risultati. Allo stesso tempo, però, questo irrigidimento rischia di chiudere ulteriormente gli spazi per una soluzione condivisa, trasformando la questione palestinese in un conflitto congelato e rendendo ancora più difficile la ricerca di compromessi futuri. In questo quadro incerto, l’Italia dovrebbe continuare con la linea della neutralità e del rispetto dello spirito di Oslo non inseguendo le altre traballanti cancellerie europee su questa strada scellerata.