L'intervista

Oltre l’80% dei gazawi rivendica il 7 ottobre. Della Pergola: “C’è un asse con i terroristi”

di Andrea B. Nardi - 25 Settembre 2025 alle 18:23

Il prof Sergio Della Pergola, massimo esperto mondiale di demografia e studi sulla popolazione ebraica, analizza il sostegno dei gazawi ad Hamas ed esprime forti perplessità sul progetto trumpiano della Gaza Riviera.

Secondo gli studi, la stragrande maggioranza dei gazawi è dalla parte di Hamas. D’altronde, in due anni non si registrano casi di collaborazione con l’Idf, nessuna delazione sugli ostaggi, e i liberati raccontano d’essere stati tenuti prigionieri in case di normali cittadini di Gaza. Possiamo dire che Gaza è Hamas e Hamas è Gaza?

«Di certo la popolazione appoggia Hamas in percentuali altissime; forse ora qualcuno se ne pente, vista la reazione israeliana, ma poca roba. La cultura di Hamas è molto radicata nei gazawi. La teoria che Hamas e il popolo di Gaza siano due cose diverse non funziona. Nel 2006 Hamas lì ha stravinto le elezioni. Dopo un anno ha fatto la secessione e ha ucciso tutti i funzionari dell’ANP, creando uno Stato indipendente e cominciando a lanciare i missili contro Israele. Nel 2005 Israele aveva sgomberato 13mila residenti israeliani da Gaza, lasciando tutta l’attività economica che lì si era sviluppata, serre di fiori splendide che potevano essere l’inizio di un’attività economica per la popolazione, e che invece sono state completamente distrutte assieme a tutte le case, e questa è l’intelligenza di Gaza. Dopo il 7 ottobre, il dottor Khalil Shikaki, presidente di un serio istituto arabo di ricerche demoscopiche, ha fatto un’indagine sull’opinione della gente di Gaza e in Cisgiordania rispetto ai massacri del 7 ottobre: ha ottenuto un tasso di supporto e approvazione di oltre il 71% da parte della popolazione di Gaza, e ancora superiore in Cisgiordania. L’idea che Hamas non rappresenti la popolazione non funziona; l’idea che la popolazione non sia infetta da questi morbi non funziona. Il che ricorda la Germania nazista: c’era Hitler, però il popolo tedesco fondamentalmente non era contrario…».

Hamas è interessato a occuparsi politicamente anche della Cisgiordania?

«Hamas è interessato a occuparsi di tutto il territorio “dal fiume fino al mare”, questa è l’ideologia scritta ed esplicita. Hamas è un movimento religioso, mentre l’OLP è un movimento diciamo secolare, e ha nel programma la creazione del Califfato».

Infatti il dottor Pennisi, ex magistrato antiterrorismo, afferma che Hamas non sia altro che l’Isis, il jihadismo, e che il suo obiettivo non sia assolutamente la lotta per una Palestina araba bensì per il Califfato islamico di tutto il Medio Oriente e oltre, con la distruzione di Israele.

«Corretto. L’idea di Hamas, dei Fratelli Musulmani, è creare il grande Califfato teocratico; il concetto di Stato moderno repubblicano è completamente estraneo a questa mentalità. Quindi si tratta di eliminare Israele, ma questo c’è scritto chiaramente nella carta costitutiva di Hamas del 1988, che dice: “Bisogna ammazzare tutti gli ebrei”, con un messaggio totalmente nazista. Tutto questo è scritto. Ora io mi aspetterei dalla stampa italiana che leggessero i documenti e dicessero: “Beh, vediamo chi c’è dietro a quanto succede a Gaza”».

Dopo vent’anni di dominio di Hamas, ritiene che la popolazione di Gaza – egiziana fino al ’67, poi definita «palestinese» – potrà mai cambiare e abbandonare il suo odio contro Israele e l’Occidente?

«Gli anni di condizionamento psicologico e culturale subiti da questa popolazione sono cento, non venti. Bisogna partire dall’indottrinamento dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è l’espressione odierna».

In Occidente si è convinti che il blocco della Striscia sia dalla parte di Israele, invece è solo da Israele che entrano tutti gli aiuti umanitari, mentre il confine a sud è stato chiuso dall’Egitto con un triplo muro di 14 chilometri e una serie di battaglioni corazzati schierati nel Sinai per non far uscire nessuno dalla Striscia. Perché l’Egitto non vuole riannettersi la Striscia con la sua popolazione?

«Proprio perché l’Egitto da decenni combatte contro il radicalismo estremista dei Fratelli Musulmani, e non vuole riaverli nel proprio territorio».

Il Parlamento di Gerusalemme ha decretato l’annessione di Samaria, Giudea e Valle del Giordano (la «Cisgiordania»): come mai a questo annuncio non è scoppiata un’Intifada?

«Poiché per ora si tratta solo di una dichiarazione di principio, astratta, a cui il governo non ha ancora dato attuazione concreta. L’annessione non è così semplice: dopo ci sarebbero milioni di arabi che diventerebbero a tutti gli effetti cittadini israeliani».

Secondo lei, la Palestina araba è morta?

«I destini della Striscia e di Samaria, Giudea e Valle del Giordano si sono ormai separati. Immagino piuttosto la creazione di due differenti entità, in cui la Striscia abbia un’amministrazione autonoma».

Ma il progetto trumpiano di creare Gaza Riviera, una Miami Beach del Mediterraneo, lo vede fattibile?

«Mah… Ci vorranno generazioni».

Qual è l’origine della Cisgiordania?

«Nel 1922 gli inglesi scorporarono le parti a ovest e a est del Giordano, creando la Palestina a ovest e la Transgiordania a est. Il Mandato Britannico seguiva la decisione della Società delle Nazioni, che all’articolo 1 dice: “L’obiettivo della creazione del Mandato Britannico in Palestina è la creazione del focolare nazionale ebraico”. Quindi è chiaro che la Palestina è nata per dare un focolare ebraico agli ebrei».

Perché la Cisgiordania non è diventata il neo Stato arabo di Palestina?

«Perché non l’hanno voluto gli arabi, latifondisti locali di clan tribali, e hanno deciso invece di cominciare una lotta armata. Se fosse stato dichiarato lo Stato arabo il 15 maggio 1948, la storia sarebbe stata completamente diversa. Invece Israele si è trovata in guerra con Egitto, Siria, Iraq, Libano e Transgiordania, ma non con la “Palestina araba” perché non esisteva, non è mai esistita, nessuno l’ha mai dichiarata, nessuno l’ha mai voluta».

Il grande archivio di Israele

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