Gli scenari

Gaza, il piano di pace è stato accettato ma Netanyahu può sfruttare le elezioni anticipate perché è in crescita nei sondaggi

di Giuseppe Kalowski - 2 Ottobre 2025 alle 12:43

TEL AVIV – Israele si avvicina, con angoscia ma con speranza, al secondo anniversario del tentato genocidio di Hamas del 7 ottobre 2023. In Italia sta succedendo di tutto: dallo sciopero generale per Gaza con un “mood” spiccatamente filo Hamas, alla genuflessione dei vigili del fuoco a Pisa di fronte alla bandiera palestinese, alle manifestazioni non autorizzate serali a Roma che si dirigevano verso il ministero degli esteri, al blocco della stazione di Torino Porta Nuova, alla giornalista che afferma che i bambini bruciati il 7 ottobre sono un fake, ai due attivisti di Palestine Action che si sono incatenati ai cancelli della Rheinmetall di Roma perché fornisce armi a Israele.

Israele sta cominciando a subire in tutti i campi un boicottaggio feroce: ci si aspetta una esclusione dall’Eurofestival Song Contest e dalle competizioni sportive. Nessuno si rende conto che in Israele arrivano missili dallo Yemen, razzi da Gaza, che Hezbollah prova sempre più insistentemente a riposizionarsi in Libano di fronte al confine con Israele, e a Gaza la morsa militare dell’IDF si stringe sempre di più.
Netanyahu nei giorni scorsi ha magistralmente spiegato con il suo discorso all’ONU perché non è in corso un genocidio: Israele non può accettare uno stato palestinese con l’attuale leadership palestinese dell’ANP considerando che ha sempre sostenuto economicamente chi commette orrori e attentati in Israele e che la stragrande maggioranza della popolazione palestinese in Cisgiordania ha approvato la strage del 7 ottobre 2023 perché la maggioranza dei palestinesi sta con Hamas.

Israele prima di accettare un ipotetico stato palestinese deve “ridisegnare” i propri confini per mettersi in sicurezza affinché un altro 7 Ottobre non accada mai più. L’unica ipotesi realizzabile in Cisgiordania e Gaza nel medio periodo è una Confederazione con Israele nella quale i palestinesi, se decidono di riconoscere lo stato ebraico, possano godere della più ampia autonomia amministrativa e di governo ma in un quadro di totale smilitarizzazione sotto la supervisione israeliana. Nel lungo periodo nessuno può prevedere cosa succederà. Netanyahu è volato alla Casa Bianca e ha accettato il piano dei 20 punti di Trump per la fine della guerra. Bibi si è scusato con il primo ministro del Qatar per l’attacco a Doha e ha promesso che risarcirà la famiglia dell’ufficiale qatariota che ha perso la vita.

Hamas dovrà restituire tutti gli ostaggi entro 72 ore a fronte di un cessate il fuoco. Ai membri di Hamas verrà concessa l’amnistia e la possibilità di lasciare Gaza. Si procederà subito alla ricostruzione di Gaza e alla distribuzione degli aiuti umanitari. Gaza sarà temporaneamente governata da un organismo palestinese con supervisione internazionale presieduto dal presidente Trump e da altri leader. Hamas non potrà avere alcun ruolo nella governance politica di Gaza. Israele non potrà occupare né tantomeno annettere Gaza e si ritirerà progressivamente entro i suoi confini. Gli USA si impegnano a facilitare il dialogo tra Israele e i palestinesi al fine di arrivare a una coesistenza pacifica e a un accordo politico.

A questo punto è Hamas che deve decidere sulla sorte di questo accordo che ha avuto la “benedizione” di quasi tutti i paesi arabi. Dovrebbe accettare, Iran permettendo. Anche Netanyahu ha i suoi problemi in patria: le manifestazioni continuano a Tel Aviv con i soliti slogan della sinistra. Ben Gvir e Smotrich, i due ministri religiosi di destra hanno mostrato subito la loro contrarietà minacciando la crisi di governo. Una minaccia che è in realtà un’arma spuntata perché nella peggiore delle ipotesi si andrebbe alle elezioni anticipate solo pochi mesi prima della scadenza naturale della legislatura e per Netanyahu potrebbe essere conveniente visto che sta salendo di gradimento nei sondaggi e l’approvazione del piano Trump gli farà incassare altro credito alle urne.

Il grande archivio di Israele

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