Per Israele
Donne, coraggio e libertà: la nostra resistenza per la difesa dei valori occidentali
di HaKol - 9 Ottobre 2025 alle 19:52
Pochi di noi, quelli che difendono Israele e i comuni valori, le radici giudaico-cristiane della nostra civiltà, la democrazia e le libertà individuali, parlano di quanto oggi sia difficile portare avanti questa battaglia. Non abbiamo mai amato piangerci addosso o fare del vittimismo, perché abbiamo scelto la nostra battaglia, quasi sempre consapevoli delle possibili conseguenze, anche violente, a cui saremmo andati incontro.
Certo, il coraggio non ci è mancato, ma forse non pensavamo che la violenza sarebbe arrivata a questo punto, alle rivolte nelle città, ordite dall’alleanza rafforzata tra gruppi antagonisti, estrema sinistra e islamisti. Un’alleanza strutturale ormai, che presto emergerà per quello che rappresenta realmente fin dalla sua origine: una strategia del movimento dei Fratelli Musulmani che, più o meno abilmente, si serve degli idioti di sinistra che cercano di raccogliere i voti dei nuovi elettori. Nemici comuni, ma obiettivi molto diversi, che prima o poi si scontreranno tra loro.
Avevamo visto un livello organizzato d’intolleranza simile in Francia e Belgio, e forse mai avremmo pensato che sarebbe giunto anche il momento dell’Italia. Abbiamo iniziato poi a rivedere l’odio contro gli ebrei, gli attentati contro le sinagoghe, i pestaggi e le minacce anche in casa nostra, le discriminazioni e la paura negli occhi dei nostri fratelli in Europa. Li abbiamo difesi. Ci siamo sentiti tutt’uno con gli ebrei, perché nulla può avvicinarsi all’antisemitismo culminato ottant’anni fa con il più grave genocidio della storia dell’uomo.
Abbiamo pensato che il boicottaggio si sarebbe fermato a Israele, poi agli israeliani, poiché il politicamente corretto ha sempre distinto tra antisemitismo e antisionismo; invece, l’odio ha iniziato a distinguere tra israeliani buoni e cattivi, poi tra ebrei e israeliani e ora tra chi ripudia o odia Israele e chi lo ama o lo difende, che si tratti di ebrei o no.
Sono iniziate le minacce e le intimidazioni contro politici, attivisti, giornalisti, esperti, studiosi o semplicemente personalità pubbliche che si sono schierate contro Hamas e il terrorismo, sostenendo che Israele abbia il diritto di esistere e difendersi. Sono iniziate le inchieste giornalistiche per evidenziare legami o presunti finanziamenti tra organizzazioni ebraiche e non, risaltando anche soltanto i legami, senza che questi significassero condotte illecite. Talvolta, queste invettive si sono trasformate anche in inchieste giudiziarie.
Oggi domina il complottismo di chi non si capacita del fatto che esista qualcuno dall’altra parte della barricata, che crede nella difesa di Israele e quindi dell’Occidente, senza guadagnarci un euro. Le espulsioni dalle università di chi non ha posizioni conformi al pensiero unico cosiddetto “pro-pal” si moltiplicano, e piovono richieste di boicottaggio o esclusione di varia natura nei confronti di persone e organizzazioni nei più disparati ambiti.
Ormai siamo molto distanti dal tema della guerra a Gaza, che è diventato un argomento quasi di contorno, un pretesto utile a creare disordine con l’alibi di ritrovare l’umanità perduta. Noi, cosiddetti “sionisti”, abbiamo paura di tutto questo? Forse a volte sì, ma il più delle volte soprassediamo, perché il fine ultimo è il più nobile, il più giusto: la difesa di ciò che siamo, della libertà, anche di quella dei coglioni che sono scesi in piazza facendo il gioco di Hamas e che, a Gaza, se solo dissentissero, verrebbero impiccati.
Ci sono però tre motivi personali che ancora oggi, a quindici anni da quando ho iniziato questa battaglia, mi convincono e mi danno la forza di proseguire più convinto di prima, anche quando mi sento scoraggiato.
Il primo è mia madre: una donna semplice, genuina e combattiva, che non ha mai fatto politica, ma ne ha sempre parlato. Una persona dotata di un alto senso di giustizia, che ha pagato spesso molto caro il prezzo delle sue scelte personali proprio a causa di quel senso di giustizia. Il suo senso di solidarietà verso gli ebrei è molto forte, in particolare dopo il 7 ottobre 2023, e si è rafforzato sempre più negli ultimi tempi, nella convinzione che la loro battaglia contro gli islamisti sia la nostra e che Israele stia difendendo anche noi.
Qualche tempo fa, per onorare questo suo sentimento, le ho regalato una collanina con la stella di David, che lei ha subito indossato con orgoglio e affetto. Qualche settimana fa, con l’accrescere dell’odio antiebraico, in famiglia le abbiamo suggerito di toglierla, per evitare che qualcuno possa aggredirla, e l’ho fatto pur rendendomi da subito conto della gravità rappresentata dal fatto di doversi privare di un simbolo religioso per paura. La sicurezza, specie della propria madre, viene però prima di tutto.
Ero sicuro che non lo avrebbe fatto; infatti, la sua risposta non ha lasciato margine di trattativa: “Io non accetto di avere paura e di non essere libera di indossare un simbolo che mi piace perché qualcuno vuole intimidirci. Loro sono liberi di protestare e di distruggere le nostre città, e io voglio essere libera, quantomeno, di indossare la mia collanina”. Non sarei potuto essere più fiero di questa risposta.
Il secondo motivo o fatto riguarda un’altra piccola grande donna: in occasione degli scioperi “per la Flotilla”, la figlia di un mio caro amico, una ragazza molto sveglia che frequenta il liceo, ha raccontato a suo padre che a scuola l’insegnante ha spiegato agli alunni che, se tutta la classe avesse aderito allo “sciopero” sottoscrivendo un documento, non sarebbe stata segnata l’assenza a nessuno.
La ragazza si è prontamente rifiutata di farlo, spiegando semplicemente che non era sufficientemente informata per poter prendere una posizione così netta su un tema tanto delicato. L’insegnante le ha fatto presente che avrebbe avuto tutta la classe contro, e sono poi giunti i messaggi semi-intimidatori dei compagni, che principalmente volevano stare a casa evitando però di avere un’assenza sul proprio conto. La ragazza non ha ceduto, e l’orgoglio con cui suo padre mi ha raccontato questa vicenda è anche il mio.
Il terzo motivo è invece politico ed è rappresentato dalle posizioni di tutti quei Paesi musulmani moderati e nostri alleati che non hanno mai delegittimato Israele quanto noi europei. Pur solidarizzando con la causa palestinese, non hanno mai abbandonato i Patti d’Abramo: hanno fatto molto più di noi contro l’Islam politico-radicale e per la pace.
Loro, che conoscono certamente meglio di noi la loro religione, hanno bandito nei loro Paesi i Fratelli Musulmani, quel movimento minaccioso che oggi mira a destabilizzare l’Europa con azioni e proteste organizzate e violente. Sono loro ad averci avvisati già da tempo del cancro che abbiamo in casa.
La nostra forza d’animo non si può intimidire, non si può uccidere, è la luce in un periodo di oscurità e, per questo, non molleremo mai. La speranza che un giorno anche l’Italia e l’Europa si sveglieranno unanimi non è ancora morta, e la mia convinzione è che saranno proprio le nostre donne a salvarci: quelle donne che l’Islam radicale vorrebbe segregare e spesso segrega, anche in casa nostra.