La pace a rischio
Hamas dimentica i corpi degli ostaggi e si dedica alle esecuzioni sommarie nelle piazza di Gaza: la guerra interna e il rebus disarmo
di HaKol - 15 Ottobre 2025 alle 03:39
La pace firmata Donald Trump per ora regge. Ma il rischio di un passo indietro è sempre presente. La cautela è d’obbligo. E il pericolo ora è legato a due fattori che si stanno unendo in questi giorni. Il primo, il fatto che Hamas non stia consegnando rapidamente i corpi degli ostaggi morti. Il secondo, che la milizia palestinese sta riprendendo il controllo delle aree abbandonate dalle Israel defense forces. E questo fenomeno, come confermato anche dai video che sono circolati negli ultimi due giorni, si è concretizzato soprattutto in esecuzioni sommarie e scontri con le fazioni nemiche e chi viene accusato ora di essere un collaborazionista di Israele. Hamas, quindi, ancora esiste all’interno della Striscia. Un fatto che era stato sostanzialmente certificato dalla sua presenza al tavolo del negoziato. Ma che adesso diventa un elemento fondamentale per capire anche i prossimi step di un cessate il fuoco che appare particolarmente complesso e fragile.
La partita sul destino dei cadaveri degli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023 è già un primo step fondamentale. Un dossier bollente per il premier Benjamin Netanyahu, il quale sa benissimo che per Israele un rapito morto equivale a un rapito vivo. I familiari dei defunti reclamano a gran voce il ritorno in patria dei resti dei loro cari e già accusano il primo ministro di averli in qualche modo traditi o lasciati indietro rispetto ai parenti degli ostaggi vivi. Ieri, il Forum delle famiglie degli ostaggi ha scritto una lettera all’inviato speciale degli Stati Uniti, Steve Witkoff, chiedendo un suo intervento. “Ciò che temevamo ora sta accadendo davanti ai nostri occhi” hanno dichiarato, “chiediamo di fare tutto il possibile e di non lasciare nulla di intentato nel domandare ad Hamas di rispettare la sua parte dell’accordo e di riportare a casa tutti gli ostaggi rimasti”.
Molti cittadini hanno già detto che per loro non vi è alcuna distinzione tra rapiti ancora in vita e quelli ormai morti. E il governo israeliano ieri ha fatto capire di non avere intenzione di cedere su questo punto, tanto che ha ordinato che il valico di Rafah sia chiuso al flusso degli aiuti finché Hamas non rispetterà completamente l’accordo. Ieri sera qualcosa si è mosso, con la milizia che ha annunciato la consegna di altri quattro corpi entro le 22 locali. Una fonte ha detto che “la pressione israeliana e quella dei mediatori hanno fatto il loro lavoro e Hamas è andata nel panico”. Ma indietro ne restano altri 20. E sul destino di queste salme rimane un alone di mistero. Per qualcuno, la milizia semplicemente non ha idea di dove siano alcuni di questi resti dopo mesi di bombardamenti, comunicazioni sempre più difficili tra le varie cellule e rapporti difficili con alcuni clan o famiglie criminali che potrebbero avere preso quei corpi. Per altri, invece, Hamas non ha intenzione di consegnare velocemente tutti gli ostaggi defunti per non rimanere completamente priva di armi che frenino l’Idf da un eventuale ritorno alla guerra.
L’impressione è che l’organizzazione palestinese potrebbe effettivamente non avere contezza di dove si trovino tutte le 20 salme rimaste. Secondo l’emittente qatariota Al-Arabi, sono arrivate nella Striscia anche squadre di esperti egiziani per trovare quei copri così preziosi per Israele. E tutti sanno che questo è un elemento che può essere decisivo per il passaggio alla cosiddetta “fase due” del negoziato. Un’evoluzione che, oltre agli ostaggi morti, al momento ha ancora diversi ostacoli da superare. Non vi è certezza sulla futura forza multinazionale di stabilizzazione. Non si ha contezza di chi saranno i “tecnocrati” palestinesi che governeranno Gaza insieme a un “board” internazionale e che ruolo avrà l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. E infine, nessuno sa se e come Hamas sarà effettivamente disarmata. In rete circolano video di esecuzioni sommarie che confermano la ripresa del controllo sul territorio. Migliaia di miliziani sono ancora presenti in tutta la Striscia. L’organizzazione resta l’unico sistema di potere all’interno della regione. E tutto questo, come visto già in alcuni raid dell’esercito israeliano, oltre a confermare ancora un ruolo di Hamas, rischia di essere il principale freno al ritiro dell’Idf incluso nei 20 punti di Trump.