Lo scaffale
Maledetto Israele! Il pamphlet di Niram Ferretti e quelle radici dell’odio verso lo Stato ebraico
di HaKol - 15 Ottobre 2025 alle 12:20
Ora che si è aperta la strada della pace, è ancora più importante ragionare sulle questioni di fondo che riguardano l’odio verso Israele e le ragioni dei rigurgiti di antisemitismo. E ribadire che «è una vera e propria regressione psichica, il ritorno in pompa magna sulla scena di fantasmi mai scomparsi, di archetipi e ossessioni cupe». Il fantasma che si aggira è il delirio concreto che anela alla distruzione di Israele, fase suprema dell’antisemitismo contemporaneo che ha visto nel 7 ottobre il colpo di gong più clamoroso e infame della storia recente. Il pamphlet di Niram Ferretti, “Maledetto Israele – La crociata contro lo Stato ebraico” (con prefazione di Giuliano Ferrara, Liberilibri), è un atto d’accusa molto circostanziato di ciò che sta avvenendo, cioè la «regressione» da tutti i punti di vista che sta caratterizzando il mondo a proposito di Israele.
Ferretti, nella sua argomentazione più che appassionata, spiega alcune cose che dovrebbero essere patrimonio di tutti ma che oggi sono seppellite dalla coltre di una cronaca più che parziale. Partiamo da Hamas, allora. «La “resistenza” di Hamas a Israele non ha nulla a che vedere con il venire in essere di uno Stato palestinese che accorpi Gaza e la Cisgiordania in un’unica entità e che, riconoscendo la legittimità esistenziale di Israele (cosa che nemmeno l’Olp ha mai fatto), possa convivere pacificamente con lo Stato ebraico», nota l’autore. Perché «l’obiettivo di Hamas è di instaurare “dal fiume al mare” una sorta di califfato, una entità suprematista teocratica, misogina e omofoba (con buona pace delle femministe e degli omosessuali occidentali progressisti e contro Israele), in cui idealmente non ci sia alcun ebreo, se non, massima ipotizzabile concessione, uno sparuto numero sottoposto a severe restrizioni normative, come accade in Iran».
Il 7 ottobre, insomma, è la oscena messa in pratica della “ideologia” di Hamas: «Non si è forse specificato abbastanza che il 7 ottobre è stato una messa in pratica eloquente di quanto è contenuto nello Statuto di Hamas, ovvero l’antipasto di quello sterminio programmatico degli ebrei che, se il gruppo jihadista avesse avuto la possibilità di realizzare, non avrebbe esitato a compiere su larga scala. Non a caso lo Statuto di Hamas, tra i sei hadit incorporati nel testo, all’articolo 7 ne cita uno celebre che fa esplicitamente riferimento all’uccisione degli ebrei nella prospettiva escatologica del Giorno del giudizio, quando si nasconderanno dietro rocce e alberi ma non avranno alcuno scampo». Se non si capisce questo, non si capisce nulla del 7 ottobre. Si potrà discutere dell’inversione della colpa, del primato dell’orribile tra Hamas e la reazione israeliana, ma resta il fatto che i terroristi sono riusciti a trascinare il nome di Israele nell’ignominia anche e soprattutto grazie all’amplificazione mediatica della sua narrazione, sostiene Ferretti.
«Il sangue dei bambini uccisi da soldati ebrei, gli innocenti, non i piccoli bambini Bibas rapiti il 7 ottobre e segregati insieme ai loro genitori da Hamas a Gaza. Per loro non vale il criterio di innocenza, gli innocenti sono i bambini palestinesi morti durante gli attacchi israeliani nella Striscia, di cui una infaticabile macchina propagandistica mostra costantemente le foto, vere o false non importa: ciò che importa nella propaganda è l’effetto emotivo che essa suscita, è la rabbia, è l’indignazione telecomandata». Tutto ciò non solo viene da lontanissimo, ma trova compiacenze e comprensioni dove non te l’aspetteresti. La Chiesa cattolica. L’Europa che «certo non è diventata antisemita, tutela gli ebrei come altre minoranze, ma il suo circuito mediatico, le sue istituzioni, la parte più rilevante del suo milieu accademico, culturale, dell’intrattenimento ha maturato una forte avversione nei confronti di Israele».
Il palestinismo, pertanto, ha scavato a fondo: «Oggi, la storia ha preso un’altra piega, a sparire non devono essere gli ebrei ma il loro Stato, questo pugno nell’occhio in un Medio Oriente islamico, questa alterità rispetto alla sua uniformità antidemocratica, satrapica, autoritaria. È Israele che deve sparire, per essere sostituito da un altro Stato musulmano (e questo è l’intento di Hamas, dell’Olp, dell’Iran), in modo da riportare l’intera regione alla sua omogeneità». E tutto questo insieme di riflessioni resta, anche dopo la pace.