Le Ragioni di Israele

Trump vuole blindare la tregua a Gaza: Vance, Witkoff e Kushner in Israele per bloccare Netanyahu

di HaKol - 22 Ottobre 2025 alle 11:37

L’arrivo in Israele del vicepresidente JD Vance è un indizio abbastanza chiaro: Donald Trump vuole blindare la tregua a Gaza. In questo momento, tra Gerusalemme e Tel Aviv, si sono ritrovati Vance, l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff e il consigliere e genero del presidente degli Stati Uniti, Jared Kushner. E l’immagine lanciata da Washington appare inequivocabile. The Donald non vuole sorprese dal fronte della Striscia, non vuole che quanto siglato la scorsa settimana vada in frantumi nell’arco di pochi giorni. E, proprio per questo motivo, sta aumentando la sua pressione sul premier israeliano Benjamin Netanyahu.

La scelta può sembrare strana. Perché Trump, migliore alleato del capo del governo di Israele, ha deciso di intensificare il pressing su di lui invece che su Hamas o i partner arabi? La risposta può essere duplice. Da una parte, come ha rivelato il New York Times, all’interno dell’amministrazione Trump c’è una preoccupazione crescente legata alle mosse di “Bibi”. Molti funzionari, anche di alto profilo, temono che Netanyahu possa rompere definitivamente la tregua e colpire Hamas con una serie di potenti attacchi. Dall’altra parte, però, la strategia del tycoon sembra soprattutto quella dell’equilibrista. La sua retorica contro la milizia palestinese è rimasta sempre molto dura. Anche ieri, attraverso il social Truth, è stato chiaro. “C’è ancora speranza che Hamas faccia ciò che è giusto. Se non lo faranno, la fine di Hamas sarà rapida, furiosa e brutale!”, ha scritto il capo della Casa Bianca. “Molti dei nostri ora grandi alleati in Medio Oriente e nelle aree circostanti mi hanno comunicato in modo esplicito, forte e con grande entusiasmo che sarebbero lieti di cogliere l’opportunità, su mia richiesta, di entrare a Gaza con una forza consistente e ‘mettere in riga Hamas’ se Hamas continuerà a comportarsi male, violando l’accordo con noi”, ha proseguito il presidente Usa. Tuttavia, Trump deve anche fare i conti con una realtà che rischia di essere diversa. Sempre secondo il New York Times, i Paesi arabi non sarebbero affatto convinti dell’eventualità di un ingresso delle loro forze a Gaza. E nessun governo arabo o di un Paese musulmano vuole passare come quello che disarma una milizia per fare un favore a Israele.

La complessità delle dinamiche mediorientali, del resto, è nota a tutti. E anche Trump se ne sta accorgendo. Per ora, in Israele, l’obiettivo è quello di convincere Netanyahu a non fare mosse azzardate. La pressione su Hamas ha portato ieri sera all’annuncio del rilascio di altri due corpi di ostaggi morti. Vance, in conferenza stampa, ha ribadito che le salme dovranno essere restituite a Israele e che Hamas si dovrà disarmare, pena il suo “annientamento”. Tuttavia, lo stesso vicepresidente americano ha sottolineato come le tempistiche, in questa fase, siano molto variabili. “Non credo sia consigliabile dire che questo debba essere fatto in una settimana”, ha detto Vance. E il secondo di Trump, nonostante abbia parlato della “tendenza nei media americani e occidentali a sperare nel fallimento e alla fine del cessate il fuoco”, ha voluto comunque ribadire l’ottimismo dell’amministrazione Usa per la tenuta dell’accordo.

Una speranza che riguarda anche la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi arabi, che per gli Stati Uniti rappresenta un obiettivo fondamentale di questa nuova fase della politica mediorientale. Trump vuole che questo processo avvenga il prima possibile. E di sicuro questo sarà uno dei temi al centro dell’incontro con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman alla Casa Bianca il 18 novembre. Tutto però dipenderà sia dall’accordo su Gaza sia da quello che accadrà nei prossimi mesi in tutta la regione. Il futuro della Striscia rimane un punto interrogativo, sia sul disarmo di Hamas che sulla forza di stabilizzazione e il futuro governo di transizione. Per gli esperti, la milizia è ancora troppo radicata nella regione per parlare di un futuro senza il gruppo. Ieri è sbarcato in Israele anche il capo dell’intelligence egiziana, Hassan Rashad, che ha incontrato Netanyahu, il ministro della Difesa, Israel Katz, e i vertici dei servizi per fare il punto della situazione sulla tregua e sulla situazione nell’exclave. E da questo sottile equilibrio dipenderà il destino del piano di Trump, di Netanyahu ma anche di tutto il Medio Oriente.

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