Tra ebrei e drusi, un viaggio di amicizia nel Golan

di Giuseppe Kalowski - 8 Settembre 2025 alle 12:23

Qualche tempo fa ho visitato con degli amici l’altopiano del Golan occupato da Israele nella guerra dei sei giorni del 1967 e formalmente annesso nel 1981. È stata una giornata emozionante, una esperienza indimenticabile nella quale ho conosciuto da vicino la realtà della minoranza drusa. La giornata è iniziata con la visita, guidata da un perfetto Daniel Coen, al Monte Bental. Questa montagna è stata un punto chiave durante la guerra del 1967 e del Kippur nel 1973. È un punto altamente strategico perché domina la Valle del Giordano e la Galilea: si riesce a vedere la città di Kuneitra all’orizzonte. Terminata la visita ci siamo incontrati al vicino villaggio di Mas’ada con il direttore del forum culturale delle alture del Golan, il sig. Alsaid Faried Ahmad. Faried, grande amico di Daniel Coen, ci ha accolto con grande disponibilità ad accompagnarci e spiegarci le dinamiche della realtà drusa. Ci ha portati da un suo amico druso a vedere la sua apicoltura e davanti a un caffè, miele, dolci e frutta; il Direttore Faried ci ha spiegato la situazione dei drusi che risiedono nelle alture del Golan. Nel Golan vivono 25.000 drusi distribuiti in quattro villaggi: Ein Qiniyye, Mas’ada, Buk’ata e la tristemente famosa Majdal Shams per la strage dei bambini ad opera di un razzo di Hezbollah il 27 luglio 2024. Chi, come me, vive in Israele sapeva già della forte coesione della comunità drusa e della sua forte identità culturale e religiosa. Ma questa visita nel Golan ha rivelato alcune peculiarità che non conoscevo: in Israele in totale vivono circa 150.000 drusi e solo il 30 per cento dei 25.000 che vivono nel Golan ha la cittadinanza israeliana. Il rimanente 70 per cento possiede un lasciapassare in cui c’è scritto “undefined citizenship”… È un problema irrisolto che comunque non altera il rapporto amichevole, direi fraterno, che esiste tra Israele e la comunità drusa, riconosciuta come comunità religiosa autonoma dal 1958 e totalmente integrata nella società israeliana: ha i suoi rappresentanti in parlamento e i giovani prestano il servizio militare nell’IDF.

I 25.000 drusi che vivono sotto la giurisdizione israeliana dal 1967, già cittadini siriani, inizialmente rifiutarono la cittadinanza israeliana ma la loro ottima convivenza con gli ebrei che vivono li, la guerra civile e i più recenti avvenimenti in Siria hanno portato a riconsiderare il loro status.
L’amico Faried ci ha spiegato che i drusi si identificano Arabi ma hanno abbandonato l’Islam, e la loro fede si è formalizzata nel 1017 per opera del Califfo Al Hakimbi Amr Allah. La loro religione contiene elementi dell’Islam e del Cristianesimo, credono nella reincarnazione e li caratterizza una fortissima coesione; si sposano solo all’interno della propria comunità e la conversione alla religione drusa non è prevista.

Fondamentale è capire che i drusi non hanno volontà di autodeterminazione, non vogliono una terra sulla quale fondare uno Stato druso, ma vivere in pace e in armonia con qualsiasi governo della nazione in cui vivono. Per noi occidentali è un aspetto non facilmente comprensibile: i drusi hanno la propria fede, la propria lingua (l’arabo) ma non aspirano all’autodeterminazione territoriale. Questo dato fa riflettere e ci fa capire quanto i drusi siano una popolazione pacifica e disposta a intrattenere rapporti amichevoli con tutti. E questo è ciò che accade in Israele: i drusi vivono in armonia con gli ebrei che abitano negli insediamenti del Golan. Per i cittadini drusi che abitano nei villaggi che confinano con la Siria l’attuale governo israeliano rappresenta la migliore garanzia di pace e di prosperità perché ha allontanato i pericoli dell’Islam radicale, un pericolo mortale come hanno dimostrato i recenti avvenimenti in Siria.

Moltissimi di loro hanno parenti e amici con i drusi di Sweyda, città drusa in Siria recentemente, ma timidamente, sulle nostre cronache per la strage e gli stupri senza pietà nei confronti di uomini, donne e bambini drusi da parte dei beduini, dell’esercito del neo governo di Damasco e di fazioni radicali islamiche. È stata una mattanza senza pietà nella quale sono morte più di 1000 persone e non si sa quante donne siano state rapite. Persino il personale druso dell’ospedale di Sweyda è stato giustiziato sul posto… Tutto ciò quasi nel silenzio del mondo occidentale. La città di Sweyda è ancora oggi senza elettricità e gli abitanti vivono nel terrore che un altro pogrom possa abbattersi nuovamente su di loro.

L’empatia con Israele dei drusi si è ulteriormente rafforzata quando Israele è intervenuta bombardando Damasco e i beduini per fermare la mattanza a Sweyda. Dopo l’incontro con l’apicultore Faried ci ha portato a visitare una serie di campi coltivati a frutta e siamo saliti verso un altro punto di osservazione molto più vicino al confine siriano rispetto al Monte Bental. Eravamo di fronte al Monte Hermon e ai suoi piedi si vedeva distintamente il più grande villaggio druso, Majdal Ashams, che è a soli 5 km dal Libano e letteralmente attaccato al confine siriano. Da questo confine, che di fatto non lo è più perchè Israele è avanzata di qualche decina di km creando una zona cuscinetto di sicurezza quando si è insediato il nuovo governo siriano , abbiamo visto in TV i drusi che scavalcavano la recinzione del confine per andare combattere a fianco dei loro fratelli a Sweyda.

A pranzo siamo stati invitati dalla famiglia di Faried e ci ha presentato tre studenti ormai laureati in medicina in Italia. L’amico Faried ,in quanto direttore del forum culturale, si occupa anche dell’educazione e dello studio dei giovani drusi intrattenendo rapporti con le autorità consolari italiane, favorendo cosi la possibilità per i giovani drusi di andare a studiare nelle università italiane. Questo è un aspetto molto importante perché per i drusi nessuno deve rimanere indietro e tutti devono studiare e lavorare. Mentre eravamo ancora a tavola Faried ha chiamato telefonicamente un professore universitario druso che vive in Canada che ci ha descritto in modo chiaro sul pericolo dell’estremismo islamico in Europa e nell’Occidente e le sue perplessità sul nuovo regime siriano, temendo fortemente che possa diventare la Siria il nuovo stato Islamico dell’Isis. Terminato lo “speech” del professore siamo andati a Majdal Ashams per testimoniare la nostra solidarietà nei confronti dei 12 bambini drusi uccisi da Hezbollah nel luglio del 2024. Ci ha impressionato l’amichevole accoglienza di una delegazione drusa nel centro sportivo dove è avvenuta l’orrenda strage. Abbiamo visto dove è caduto il razzo che ha colpito a morte bambini dagli 11 ai 16 anni che giocavano all’aperto e che non hanno fatto in tempo a raggiungere il rifugio in cemento armato. Nel punto dell’impatto c’è una epigrafe con la foto dei 12 innocenti.Il padre e la sorella di uno di loro, il povero Fajr Abu Saleh di 16 anni, ci hanno narrato con commozione ma con estrema dignità e lucidità il tragico evento. Si sono congedati da noi affermando che loro considerano gli ebrei israeliani fratelli e che la nostra solidarietà ha riempito di gioia il loro cuore.

I rapporti con i drusi sono stati caratterizzati nel tempo da periodi di collaborazione e coesistenza ma anche di tensione. La coesistenza si è sempre basata sulla lealtà allo stato d’Israele, alla cui sicurezza hanno notevolmente contribuito nonostante le notevoli differenze culturali e religiose. I drusi hanno anche contribuito allo sviluppo economico del paese integrandosi nel settore pubblico e privato. Le tensioni invece sono dovute alla loro richiesta di una maggiore autonomia e di un più ampio riconoscimento dei diritti della comunità drusa. Ma nel complesso i drusi hanno sempre lavorato per la coesistenza pacifica con gli ebrei. Non bisogna però “dormire sugli allori”e accontentarsi dei successi ottenuti. Israele deve sempre tenere conto delle ambizioni e delle richieste di questa leale popolazione che a volte si sente trascurata dal governo israeliano. E’ fondamentale rafforzare il dialogo e la comprensione gia esistenti, per evitare possibili futuri conflitti e migliorare il rispetto reciproco.

Dall’esperienza vissuta qualche giorno fa posso affermare senza timore di essere smentito che l’affetto e l’incredibile ospitalità ricevuta rappresentano l’essenza della amicizia ormai consolidata tra ebrei e drusi e dimostra ancora una volta che chi non aspira alla distruzione di Israele vive pacificamente accanto agli ebrei.

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