Le Ragioni di Israele

Rubio in Israele per blindare l’intesa. ‘No’ all’annessione della West Bank ma Hamas deve restituire le salme

di HaKol - 25 Ottobre 2025 alle 10:23

Donald Trump non molla la presa sulla Striscia di Gaza. Il presidente degli Stati Uniti continua a inviare segnali chiari sul mantenimento della tregua. E per farlo, il tycoon ha adottato una doppia strategia. Da un lato, puntare tutto sulla vicinanza dei Paesi arabi e in particolare delle monarchie del Golfo, in modo tale che queste blocchino Hamas dal fare mosse azzardate. Dall’altro, impegnarsi personalmente e con tutta la sua amministrazione per fare in modo che il premier Benjamin Netanyahu non metta a rischio l’intesa.

L’immagine che arriva in questo momento da Israele appare estremamente chiara. Negli ultimi giorni, tra Gerusalemme e il quartier generale della tregua vicino Tel Aviv, sono arrivati tutti i pezzi da novanta della diplomazia americana. Prima Jared Kushner e Steve Witkoff, poi il vicepresidente JD Vance, infine il segretario di Stato Marco Rubio. Tutti hanno ribadito l’alleanza con lo Stato ebraico, l’assoluta necessità di disarmare Hamas e che questa riconsegni tutti i corpi degli ostaggi morti: condizioni indispensabili anche per mantenere la pace e far partire la ricostruzione.

Ieri, Rubio ha anche sottolineato che Israele ha rispettato gli impegni presi e ha rilanciato la necessità di una risoluzione delle Nazioni Unite per l’eventuale forza di pace nella Striscia di Gaza. Ma, allo stesso tempo, non è un mistero che gli uomini dell’amministrazione Usa abbiano svolto un ruolo anche di blindatura di questa intesa e di convincimento nei riguardi di Netanyahu. Washington ha anche deciso di nominare l’ambasciatore americano nello Yemen, Steve Fagin, come coordinatore tra Dipartimento di Stato e il centro che gestisce la tregua e il flusso degli aiuti a Gaza.

Ma il timore della Casa Bianca è soprattutto quello di vedere un Netanyahu pressato su più fronti. La destra radicale, che ha già provocato l’ira di Washington e di “Bibi” per il voto della Knesset sulla sovranità degli insediamenti in Cisgiordania, sembra intenzionata ad alzare la posta. “Più di mezzo milione di residenti di Giudea e Samaria, molti dei quali sono elettori del Likud, sono stati venduti al mondo arabo”, ha dichiarato Omer Rahamim, il direttore generale del Consiglio Yesha, cioè dell’organizzazione che rappresenta i consigli municipali delle colonie in Cisgiordania. E dopo il monito di Vance, ieri anche Rubio ha chiarito che l’annessione della West Bank da parte dello Stato ebraico colpirebbe “l’intero processo a Gaza perché molti Paesi coinvolti non vorranno più esserlo”.

Ma Netanyahu ora vuole anche gestire l’inesorabile percorso verso le prossime elezioni. L’inizio della sessione invernale della Knesset ha fatto capire che il clima all’interno del parlamento israeliano è bollente. Le elezioni del prossimo anno sembrano ormai sempre più vicine. I sondaggi iniziano a circolare con maggiore insistenza su tutti i quotidiani e continuano a dare il Likud, il partito di Netanyahu, come il movimento più votato anche se con una camera in cui nessuna coalizione avrebbe la maggioranza. Il premier sta risalendo nel consenso e il suo principale, l’ex capo di governo Naftali Bennett, appare in discesa. Ma è chiaro che tutto dipenderà dalla gestione dell’intesa e delle altre sfide della sicurezza che incombono su Israele.

Ieri Hamas ha ribadito il suo “pieno impegno nel rispettare i dettagli dell’accordo di cessate il fuoco” e di avere “completato la prima fase dell’accordo”, anche se non sono state restituite tutte le salme degli ostaggi. La milizia però ha aggiunto che la fase due, quella che riguarda anche il disarmo e la fase di transizione, “richiede ulteriori discussioni e intese con i mediatori, a causa delle complesse problematicità che comporta”. E mentre le fazioni palestinesi al Cairo hanno rilanciato il ruolo dell’Olp, gli Stati arabi continuano a chiedere a Washington di convincere Netanyahu in quella che sembra una linea rossa insormontabile: concedere all’Autorità nazionale palestinese un futuro ruolo a Gaza. Rubio ieri ha detto che servono profonde riforme dalle parti di Ramallah. Ma le monarchie del Golfo, la Giordania e l’Egitto non vogliono essere coinvolte nella stabilizzazione della Striscia senza l’Anp. Mentre Israele ha ricevuto di nuovo il sostegno Usa sul “no” all’Unrwa nel futuro di Gaza.

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