Le Ragioni di Israele
Gli studenti ultraortodossi invadono le strade di Gerusalemme. E Netanyahu avverte: “Abbiamo ancora da fare a Gaza”
di HaKol - 31 Ottobre 2025 alle 09:09
Centinaia di migliaia di ultraortodossi che invadono le strade di Gerusalemme. Un fiume umano giunto da tutto Israele e che ha paralizzato la Città Santa con blocchi del traffico, incidenti, tensioni, scene di violenza contro i giornalisti e addirittura un morto. Un ragazzo haredim che era entrato in un edificio in costruzione e che è precipitato da palazzo, forse addirittura dal ventesimo piano. L’obiettivo degli studenti ultraortodossi e dei loro leader è sempre lo stesso: protestare contro la leva militare obbligatoria.
Per loro, per gli studenti delle yeshiva, togliere l’esenzione alla leva è considerato un sopruso, una lesione di un diritto inalienabile per gli ultraortodossi che studiano la Torah. Per il resto di Israele, invece, la fine di un privilegio che dopo due anni di guerra, di morti e con centinaia di migliaia di riservisti richiamati alle armi, non può più esistere. Un lusso che però il premier Benjamin Netanyahu ha voluto mantenere o comunque in qualche modo soltanto limitato per non incorrere nell’ira dei partiti suoi alleati che rappresentano questo elettorato difficile, poco integrato ma in forte espansione demografica.
La marcia degli haredim a Gerusalemme ha trovato il gelo del governo e la rabbia dell’opposizione. Ma è un nuovo segnale di quelle faglie che Israele cerca di cucire o ricucire con grandi difficoltà. Il conflitto ha compattato i fronti ma ha anche fatto fuoriuscire delle divisioni sempre più evidenti. E in attesa di capire quanto possa durare davvero la tregua nella Striscia di Gaza, la ripresa della normale attività della Knesset comporta anche l’accensione di nuove tensioni politiche in vista di un 2026 che si preannuncia bollente per il ritorno alle urne. Netanyahu lo sa. E sa anche che deve arrivare a quell’appuntamento mentre gestisce e cerca di risolvere i vari fronti di guerra non ancora chiusi.
Ieri Hamas ha restituito due bare con i resti di altri ostaggi, che sono state inviate all’istituto di medicina legale per la loro identificazione. E Netanyahu ha lanciato un avvertimento netto nei riguardi di Hamas: “Israele ha ancora del lavoro da fare a Gaza”. “Se Hamas continuerà a violare apertamente il cessate il fuoco, subirà attacchi potenti come quelli di due giorni fa e di ieri”, ha avvertito il primo ministro, che ha anche voluto smentire le critiche rivolte da chi lo accusa di essere eterodiretto dagli Stati Uniti: “Siamo noi a decidere, e noi agiamo”. E mentre a Gaza il cessate il fuoco si regge sul sottile filo delle minacce, delle promesse e delle pressioni di Usa, Egitto e Qatar, per lo Stato ebraico restano altri nodi da sciogliere. Nodi che per Netanyahu rappresentano elementi cruciali non solo in chiave strategica, ma anche in chiave elettorale.
Ieri, il capo di Stato maggiore, il generale Eyal Zamir, ha affermato che le Israel defense forces stanno “agendo su tutti i fronti” e che “in alcuni di essi torneremo ad agire con una forza ancora maggiore di quella che abbiamo già dimostrato negli ultimi due anni”. “Anche dopo due anni di combattimenti non abbiamo cessato il fuoco, non mostreremo pazienza di fronte a nessuna minaccia, non ci sarà tolleranza”, ha dichiarato il vertice dell’Idf. E questo riguarda tanto Gaza quanto gli altri fronti aperti di Israele. In Cisgiordania, quella che è considerata il “fronte ombra” della guerra israelo-palestinese, la tensione continua a salire. Tra coloni e palestinesi aumentano le violenze. Ieri, un ente palestinese, la Wall and Settlement Resistance Commission, sono state erette circa mille barriere israeliane (tra cancelli, muri e sbarramenti) in tutta la West Bank. In Libano, l’Idf ha confermato di avere effettuato un raid di terra all’alba di giovedì nel villaggio di Blida, uccidendo un addetto comunale.
L’esercito israeliano ha sottolineato che il raid è stato compiuto per distruggere “infrastrutture di Hezbollah”. Ma questa volta, la dinamica è apparsa diversa dal solito. In questi mesi di cessate il fuoco, aerei e droni israeliani hanno colpito lo stesso, ma l’insolita operazione di terra ha fatto scattare l’allarme anche a Beirut. il presidente Joseph Aoun “ha invitato l’esercito a contrastare qualsiasi incursione israeliana per difendere il territorio libanese e la sicurezza dei suoi cittadini”. E senza il disarmo di Hezbollah, sono in molti (da Washington al Cairo) a credere che l’Idf possa di nuovo passare all’azione.