Le Ragioni di Israele

Israele nega il salvacondotto ai 200 terroristi di Hamas intrappolati (e armati) nei tunnel di Gaza

di Iuri Maria Prado - 4 Novembre 2025 alle 11:39

Ancora ieri pomeriggio non era chiaro perché Israele avesse lasciato trapelare – o comunque non avesse negato – la disponibilità a concedere un salvacondotto ai 200 terroristi di Hamas intrappolati, e ancora in armi, nella sezione della Striscia controllata dallo Stato ebraico.

La consegna, proprio l’altra notte, dei corpi di tre ostaggi è stata interpretata da alcuni come l’ennesimo esperimento del traffico ricattatorio organizzato da Hamas, questa volta nel tentativo di ottenere l’estrazione senza danni dei propri miliziani “concedendo” la restituzione di quelle spoglie. Tutto si può dire, tranne che fosse un’interpretazione forzata. I terroristi di Gaza hanno infatti trafficato non solo con gli ostaggi ancora vivi, ma persino con i resti di quelli assassinati: prima rifiutandosi di restituirli, poi restituendo pezzi di corpi nemmeno appartenenti a quelli degli ostaggi, infine inscenandone il ritrovamento in posticce operazioni di ricerca dopo averli seppelliti davanti al personale della Croce Rossa che assisteva allo spettacolo a braccia conserte.

Ma si tratta ancora una volta della riprova che i terroristi di Gaza si costringono a cedimenti solo se, e solo quando, percepiscono di non potersi sottrarre a pressioni decisive. Quei 200 sono “intrappolati” proprio perché, e solo perché, sono state frustrate le ambizioni di Hamas di ottenere un ritiro più ampio dell’esercito israeliano dalla Striscia. E non è un caso che, questa volta, non sia apparso scandaloso il puntuale proclama di Bezalel Smotrich, il quale aveva definito oltraggiosa l’ipotesi che quei miliziani potessero rientrare impunemente nella propria ridotta dopo gli attacchi – in violazione del cessate il fuoco – contro i soldati israeliani. La realtà è che questa volta le dichiarazioni di quell’oltranzista riproducono un sentimento diffuso, lo stesso che ispirava giorni addietro persino le famiglie degli ostaggi: vale a dire l’indisponibilità a qualsiasi concessione se Hamas non avesse adempiuto integralmente ai propri obblighi.

Un discorso di angolatura più aperta riguarda poi gli interrogativi su quanto possa durare questa specie di status suddiviso di Gaza, con una parte presidiata e l’altra abbandonata alle convulsioni di quel che rimane del potere di Hamas. Nessuno crede che possa durare troppo, perché tutti sanno che molto difficilmente la parte de-radicalizzata di Gaza (semmai fosse de-radicalizzata) contaminerebbe l’altra e molto facilmente, semmai, avverrebbe il contrario. Ed è uno sviluppo che lo Stato ebraico non può scongiurare autonomamente, senza i soldi e gli scarponi arabi direttamente sul campo.

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