L’ombra del Qatar al Festival del Cinema di Venezia
di Giuseppe Altamore - 24 Settembre 2025 alle 12:52
Il red carpet, il tappeto rosso, da Venezia al Qatar. Mentre al Lido andava in scena la polemica sul boicottaggio lanciato da Venice4Palestine contro attori israeliani, un dato sfuggiva ai più: tra i protagonisti indiretti della Mostra internazionale d’arte cinematografica c’era anche il Qatar. Non negli elenchi ufficiali degli sponsor, dove compaiono nomi come Cartier, Mastercard, Armani Beauty, Lexus e Campari. Ma dietro le quinte, nel cuore stesso della selezione dei film.
Il Doha Film Institute (Dfi), fondato e finanziato dalla famiglia reale Al-Thani, è ormai un attore stabile dell’industria cinematografica. Con un comunicato ufficiale, Dfi ha annunciato un record: dodici film sostenuti sono stati selezionati alla Mostra di Venezia, un traguardo che testimonia la sua crescente influenza “culturale”. Non è la prima volta: già nel 2019 una coproduzione con marchio qatariota, All This Victory (Libano-Francia-Qatar), fu premiata alla Settimana della Critica. E nella sezione “Final Cut in Venice”, dedicata ai film in post-produzione da Medio Oriente e Nord Africa, non sono mancate opere realizzate con fondi provenienti da Doha.
Questa presenza “culturale” si somma a un altro elemento: il Qatar ospita a Doha la sede di Al Jazeera, la più potente e discussa rete televisiva araba, che da anni influenza l’opinione pubblica del Medio Oriente e non solo. Una rete che ha documentato, dal punto di vista di Hamas, quanto accade a Gaza. Ma c’è un aspetto ancora più controverso. Dal 2012 il Qatar ha trasferito miliardi di dollari nella Striscia di Gaza, ufficialmente per pagare stipendi e carburante. Israele e Stati Uniti hanno autorizzato questi flussi, presentati come aiuti umanitari. Tuttavia, le accuse non sono mancate: secondo Israele e numerosi osservatori, una parte di quei fondi avrebbe finito per rafforzare la linea militare di Hamas, i cui leader politici trovano rifugio proprio a Doha.
La fotografia che emerge è chiara: sul red carpet veneziano hanno sfilato i marchi del lusso occidentale, ma dietro la macchina del festival si intravedeva l’ombra lunga del Qatar, che con il cinema, le televisioni e gli aiuti economici estende la propria influenza ben oltre i confini del Golfo. A questo punto una domanda sorge spontanea: gli oltre 1.500 firmatari del boicottaggio contro Israele sono davvero imparziali? «Ma mi faccia il piacere», direbbe Totò.