Il piano di Trump segna la vittoria di Israele
30 Settembre 2025 alle 12:09
L’articolo di Ugo Volli presenta il piano di pace annunciato dai leader Trump e Netanyahu come un passo storico che segna una piena vittoria israeliana nella guerra scatenata due anni fa da Hamas.
Il consenso generale e la vittoria di Israele
Il piano ha ottenuto rapidamente un ampio consenso internazionale, compreso l’appoggio formale dei principali stati islamici (Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati, Turchia, Indonesia e Pakistan) e di importanti nazioni europee (Italia, Francia, Regno Unito). Perfino l’Autorità Palestinese ha espresso il proprio consenso, sebbene l’accordo la escluda dalla gestione di Gaza finché non attuerà una riforma profonda e reale (fine dei pagamenti ai terroristi, fine dell’incitamento anti-israeliano, stop al supporto alla “lotta armata”, democratizzazione e fine della corruzione).
La vittoria di Israele si manifesta nel pieno soddisfacimento delle cinque condizioni fissate dal governo israeliano il 7 agosto 2025 per la fine della guerra:
- Ritorno di tutti gli ostaggi (vivi e caduti).
- Disarmo di Hamas.
- Smilitarizzazione della Striscia di Gaza.
- Controllo di sicurezza israeliano su Gaza.
- Istituzione di un’amministrazione civile alternativa ad Hamas e all’Autorità Palestinese.
A differenza dei negoziati precedenti, in questo caso l’accordo è stato prima raggiunto con Israele e ora Hamas si trova di fronte alla scelta tra accettarlo o essere completamente distrutta senza la protezione dei suoi ex-alleati (a parte l’Iran, che è impegnato ad affrontare nuove sanzioni). Inoltre, il piano non istituisce uno Stato palestinese, rispettando la posizione israeliana, e rende vane le manovre pro-Hamas all’ONU e le mobilitazioni di piazza.
Le conseguenze geopolitiche per il Medio Oriente e oltre
Il piano mira a disegnare un nuovo Medio Oriente pacifico e collaborativo, espandendo lo spirito degli Accordi di Abramo. Questo ribaltamento strategico è un risultato opposto all’obiettivo originale del 7 ottobre, che era quello di unire il mondo arabo-musulmano contro Israele. Il risultato è ora uno schieramento di Paesi regionali pronti a stringere la pace con Israele, rompendo indirettamente le strategie anti-occidentali di Cina e Russia.
Questa vittoria diplomatica è strettamente legata alle vittorie militari di Israele: la distruzione di Hezbollah, i bombardamenti contro il progetto nucleare iraniano, le offensive su Gaza (asse Filadelfia, Rafah e Gaza City) e la dimostrazione di determinazione data dall’incursione su Doha. Tutte queste azioni sono state decisioni chiave di Netanyahu, spesso prese contro il parere dei vertici della sicurezza e degli alleati occidentali.
Reazioni interne in Israele
Israele paga un alto prezzo (perdite umane e rilascio di numerosi condannati per terrorismo) e rinuncia ad alcune aspettative (dichiarazione di sovranità su parti della Giudea e Samaria, o conquista definitiva di parti di Gaza). Il piano prevede:
- Una zona cuscinetto a tempo indeterminato gestita dall’esercito israeliano.
- Un’amministrazione internazionale diretta da Trump e Tony Blair con la presenza di truppe internazionali, che garantirà la deradicalizzazione e il disarmo totale di Gaza.
Il piano ha soddisfatto il Likud e i partiti di riferimento degli Haredim, oltre a Gantz, Lapid ed Eisenkot, assicurando una maggioranza parlamentare. Nonostante le minacce di dimissioni, non è ancora nota la posizione di Ben Gvir e Smotrich. Se il piano andrà in porto, anche la politica interna israeliana dovrà voltare pagina.