Il tracollo morale delle università. L’Iran ringrazia
di Redazione - 28 Novembre 2025 alle 14:16
Gli ultimi due anni di guerra a Gaza hanno rappresentato un test cruciale per il sistema dell’informazione occidentale, rivelando un fallimento clamoroso. Ciò che colpisce è la clamorosa contraddizione di quegli stessi media che avevano fatto del fact-checking una bandiera, e che si sono poi bevuti acriticamente tutta la propaganda di Hamas. I dati forniti dal gruppo terroristico sono sempre stati presentati come credibili, mentre quelli presentati da Israele venivano sistematicamente messi in dubbio. Si è andati perfino oltre la già scandalosa equiparazione tra la dittatura di Hamas e la democrazia israeliana, scegliendo di credere ai tagliagole islamisti.
Indimenticabile resta la lettera dell’ayatollah Khamenei agli americani nel 2024: “Cari studenti degli Stati Uniti d’America, siete dalla parte giusta della storia. Avete formato un nuovo ramo del Fronte di Resistenza e avete iniziato una lotta onorevole contro la spietata pressione del vostro governo, che sostiene apertamente i sionisti”. Un testo che avrebbe dovuto allarmare non solo gli studenti, ma tutto il sistema dell’informazione e accademico che li appoggiava.
E qui arriviamo al punto cruciale: a sostenere la narrazione di Hamas sono intervenuti in massa tanti docenti universitari. Su qualsiasi argomento – dalle libertà sessuali alla criminalità, dall’economia alla sanità – i media tendono a confrontarsi con gli esperti accademici. Questi ultimi, tradizionalmente, correggono alcuni eccessi dei giornalisti, offrendo analisi più equilibrate. Negli ultimi due anni abbiamo invece visto docenti più estremisti dei loro intervistatori, pronti a propagandare tesi palesemente false: Gaza presentata come una prigione a cielo aperto per colpa esclusiva di Israele, nonostante abbia un confine con l’Egitto. Israele che non avrebbe mai potuto attaccare Teheran perché sarebbe stata “spazzata via”. E soprattutto, la costante demonizzazione della guerra di Israele cancellandone le ragioni: la richiesta di liberazione degli ostaggi e la minaccia di Hamas. Non è un caso che proprio questi due temi siano stati il perno della tregua raggiunta nell’ottobre 2025.
Il tracollo della credibilità di tante università è stato drammatico. E, guarda caso, gli stessi docenti propagandisti delle ragioni di Hamas si sono spesso rivelati simpatizzanti anche di Putin. Per questo credo che le università italiane dovrebbero iniziare un serio lavoro di autocritica, se non vogliono tradire la propria missione. Basti pensare agli inviti a Francesca Albanese e Moni Ovadia o alle interruzioni di collaborazioni con le università israeliane, peraltro quest’ultime centro dell’opposizione a Netanyahu.
Non è quindi un caso che proprio nelle università siano avvenute le aggressioni a studenti e docenti ebrei, e che da quegli stessi atenei siano partite manifestazioni palesemente antisioniste e antisemite. Alcune di quelle stesse università avevano negli anni passati chiesto scusa per aver cacciato gli studenti ebrei durante le leggi razziste del 1938. Ed è imbarazzante vedere come stavolta – senza bisogno di indicazioni da parte del governo di Mussolini – abbiano fatto tutto da sole, eccitando l’odio contro l’unico Stato ebraico esistente e gli ebrei in generale.
Il ruolo dell’università dovrebbe essere quello di fornire analisi rigorose e controbilanciare gli eccessi ideologici, non di alimentarli. Quando anche l’accademia abdica al suo ruolo critico, l’intera società perde un fondamentale anticorpo contro la propaganda. Mosca, Teheran e Pechino ringraziano.
di Davide Romano