Il dilemma decennale di Israele: può davvero convivere con un Hezbollah indebolito?
29 Novembre 2025 alle 15:21
‘eliminazione di Haytham ‘Ali Tabataba’i, un altro dei “capi militari” di Hezbollah, sembra segnare la fine definitiva dell’era di influenza regionale dell’organizzazione terroristica. Tabataba’i, che ha scalato i ranghi delle forze speciali di Hezbollah, era più di un semplice comandante di alto rango dell’unità Radwan del gruppo terroristico. È stato assegnato a incarichi chiave durante le guerre civili in Yemen e Siria nell’ultimo decennio. Attraverso questo lavoro, ha fornito ampio supporto ad altri elementi dell’asse iraniano, consentendo loro di affermarsi contro i rivali dell’asse sunnita e islamista.
In quegli anni, Hezbollah operava al culmine della sua forza, inviando delegazioni di consiglieri militari negli angoli più remoti del Medio Oriente. Queste missioni furono determinanti nel supportare gli Houthi nella loro lotta contro il governo yemenita e i suoi alleati, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Costituirono inoltre una fonte importante di sostegno per il regime di Assad in Siria e offrirono consulenza alle milizie in Iraq. (Il precedente segretario generale di Hezbollah non si accontentò di inviare semplicemente un team di consulenti, ma, secondo quanto riportato da pubblicazioni straniere, fornì anche personalmente consulenze telefoniche al leader Houthi).
La sconfitta di Hezbollah da parte di Israele e la continua eliminazione dei vertici hanno da allora catapultato Tabataba’i al timone dell’ala militare dell’organizzazione terroristica. Ha collaborato a stretto contatto con Mohammed Haidar, un consigliere senior del “Consiglio della Jihad“, a sua volta sopravvissuto a un tentativo di assassinio. Nell’ultimo anno, entrambi gli uomini, come i pochi altri alti funzionari di Hezbollah sopravvissuti, si sono concentrati principalmente sui tentativi di ricostruire l’infrastruttura terroristica in Libano, non sull’impegno a Sana’a o Damasco. Di conseguenza, l’asse iraniano ha subito gravi battute d’arresto, o addirittura un crollo totale, su entrambi questi fronti distanti.
La morte di Tabataba’i esacerberà il dibattito di Hezbollah su come rispondere agli attacchi israeliani in Libano, una discussione in cui era impegnato anche il funzionario deceduto. Di recente, il Segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha intensificato la sua retorica, dichiarando che “la situazione attuale non può continuare”. Qassem sembra aver incanalato il malcontento che cova tra i ranghi dell’organizzazione in seguito alle centinaia di omicidi mirati dell’ultimo anno. Ieri, due alti esponenti di Hezbollah hanno parlato dell’attacco. Mentre il parlamentare Ali Ammar ha parlato di trovare “il momento opportuno” per una risposta, Mohammed Qamati ha sottolineato che “tutte le opzioni sono aperte”. Queste dichiarazioni sono altamente indicative del profondo disaccordo all’interno di Hezbollah che dominerà le prossime consultazioni della leadership.
Da un lato, Hezbollah si trova in una posizione di debolezza storica ed è svantaggiato rispetto a Israele, nonostante i suoi sforzi per riprendersi. Il lancio di un singolo razzo o di una salva completa potrebbe fornire a Israele il pretesto perfetto per ulteriori attacchi, eliminando i pochi comandanti di alto rango rimasti. Qassem potrebbe mancare di forza e carisma, ma l’organizzazione non ha alternative migliori. Il capo del consiglio politico di Hezbollah, Ibrahim Amin al-Sayyed, è una figura altrettanto poco stimolante. Dall’altro lato, l’organizzazione si trova ad affrontare crescenti disordini tra l’opinione pubblica sciita in Libano a causa dei ritardi nella ricostruzione e nei pagamenti dei risarcimenti, alimentando un forte desiderio di vendetta.
Nonostante queste pressioni immediate, il calcolo di Hezbollah è radicato nel lungo termine. Il loro ragionamento impone che, finché la popolazione musulmana sciita continuerà a espandersi a spese dei cristiani e manterrà il suo sostegno al gruppo terroristico, potranno permettersi di aspettare e concentrarsi esclusivamente sulla riparazione delle infrastrutture. Con il passare del tempo, il Libano diventerà progressivamente più sciita e filo-iraniano, credono. In quest’ottica, l’attuale governo libanese, che include figure come il presidente Michel Aoun, rappresenta l’ultima resistenza degli elementi “filo-occidentali” del Paese.
Questa dinamica sposta il dilemma centrale su Israele. Gerusalemme può accettare un Hezbollah ridotto, pienamente consapevole che potrebbe riprendersi completamente tra 10 anni, oppure dovrebbe sfruttare l’attuale opportunità per spingere il gruppo terroristico in un abisso ancora più profondo, un punto di crisi in cui i suoi rivali nel Paese dei Cedri avranno finalmente il coraggio di intervenire e smantellare definitivamente l’arsenale dell’organizzazione?