Fra Francesco Ielpo: “Il Medio Oriente in preda al virus dell’odio rende incapaci di vedere il dolore dell’altro”

«Violenza chiama altra violenza, dolore chiama altro dolore. Bisogna dare maggior spazio alla ragionevolezza, al dialogo. Abbiamo visto che non c’è un limite alla barbarie o alla sofferenza e che tutto questo produce sempre più polarizzazioni e separazioni. Ci aspetta un futuro dove la parola d’ordine è la pazienza di saper aspettare i tempi lunghi che non sono i nostri, sono i tempi della guarigione delle ferite, tempi non brevi». Ha una sua ricetta, sulla situazione in Terra Santa, Fra Francesco Ielpo, da giugno Custode di Terra Santa, a capo della speciale provincia francescana che, da più di ottocento anni, custodisce i luoghi sacri (e gestisce scuole, associazioni, attività, centri aggregativi) non solo a Gerusalemme, ma in Israele, in Cisgiordania, Libano, Siria, Giordania, Cipro, Rodi ed Egitto. Una ricetta basata sulla presenza «che non nasconde la propria identità, dichiarandola, ma nello stesso tempo cercando di costruire, direbbe Papa Francesco, un’amicizia sociale con tutti» e l’accompagnamento, se non alla guarigione, alla trasformazione delle ferite della guerra. «Tutto dipenderà – spiega – da un grande lavoro in campo educativo. Qualsiasi crisi, qualsiasi dramma nella storia è stato possibile superarlo ripartendo dall’educazione, quella che riconosca le ferite, che le prenda sul serio in considerazione, che non le banalizzi, poiché queste ferite hanno bisogno di essere lenite, curate nel tempo, con grande pazienza, con i modi giusti, con le professioni giuste. E queste ferite possono diventare feritoie attraverso le quali poter vedere con occhi nuovi tutta la realtà e anche l’altro». Realtà che qui sono polarizzate e in guerra perenne. «Ci vuole un tempo lunghissimo, richiede un lavoro in campo educativo che non sarà mai finito. Ci sono già dei progetti in corso, ci sono già delle organizzazioni che ci stanno aiutando e che ci stanno proponendo percorsi di questo tipo, stiamo partendo con i bambini dai tre ai sei anni proprio per educare da subito a come stare dentro, anche nel dolore del conflitto». Ielpo cerca di prefigurare un futuro diverso in questa situazione. «Se c’è un futuro buono, questo lo si costruisce insieme e deve essere per tutti allo stesso modo. E questa è la difficoltà più grande, perché ovviamente tutto questo male, queste atrocità, tutta questa violenza, tutti questi morti, tutto questo conteggio hanno quasi prodotto un’incapacità a riconoscere anche il dolore dell’altro. E un’esclusività del solo proprio punto di vista. E questo impedisce ogni forma di dialogo. Bisognerà aiutare a indicare, un po’ come Giovanni Battista, quei segni e quei germi di positività, di bene, di dialogo, di incontro possibili a livello proprio, quotidiano, di vicinato. Saper indicare, saper riconoscere, saper valorizzare quei piccoli passi». Da ottocento anni questa la speciale provincia francescana è una presenza mediana, fissa e riesce a lavorare in aree perennemente in guerra. «La presenza che genera speranza è la presenza che dice “Io sto accanto a te”. È la presenza che dice “Tu per me sei prezioso”, è la presenza che dice “io anche nel bisogno non ti lascerò”. Siamo accanto a tutti, ai santuari di pietra e a quelli di carne che sono in primo luogo i battezzati, ma poi tutti coloro che vivono qui, indipendentemente dalla religione che professano. Che ci vedono come punto di incontro di mediazione anche tra posizioni distanti o a volte anche conflittuali. Non è facile, perché è semplice cadere nel virus della polarizzazione dello schieramento, ma anche in questi pochi mesi vedo che tutti vengono per un colloquio, per un incontro perché tutti comunque vorrebbero avere noi o comunque vedono in noi quel punto col quale si può entrare in dialogo». Nel suo primo viaggio Papa Leone è in Libano, anche Fra Ielpo lo ha fatto prima di venire a Gerusalemme. «È una visita in Medio Oriente, nel Medio Oriente dove c’è una presenza cristiana. Il Libano è Terra Santa. È un primo viaggio scaturito da diverse circostanze però lo leggo come un’attenzione a questa parte del mondo che ha già manifestato dal primo giorno della sua elezione. Non ha mai dimenticato né la Terra Santa e Medio Oriente né l’Ucraina né tutti gli altri conflitti.

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