Papa Leone preoccupato: “I due Stati la soluzione ma Israele non la accetta”
Il dono più prezioso non è la piastrella che regala al presidente libanese e raffigura i minareti di una moschea accanto a un campanile cristiano, ma le parole che pronuncia sul volo che da Istanbul lo porta a Beirut. Leone XIV inizia la seconda tappa del suo primo viaggio internazionale, e quando è ancora ad alta quota mette in chiaro cosa pensa della guerra di Ga2a, epicentro dell’instabilità mediorientale. «La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente appoggia la proposta di una soluzione di due Stati», scandisce in buon italiano: «Sappiamo tutti che in questo momento Israele ancora non accetta quella soluzione, ma la vediamo come l’unica che potrebbe offrire una soluzione al conflitto che continuano a vivere». Una dichiarazione che suona come musica per la leadership libanese, che da mesi subisce i bombardamenti israeliani. Il Libano è l’unico paese mediorientale dove i cristiani sono circa un terzo della popolazione. E dove per prassi costituzionale è cristiano il presidente, Joseph Aoun. Che ieri al palazzo presidenziale della Baabda, dove il Papa è stato accolto con lanci di riso e di petali, ha ricordato quanto disse Giovanni Paolo II: «Il Libano è più di un paese, è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente». Ora, però, a rischio di implodere. A causa della «emorragia di giovani e di famiglie che cercano futuro altrove», come l’ha chiamata Leone, a cauI sa della devastante esplosione dell’agosto 2020 al porto di Beirut, a causa della corruzione, a cui Prevost fa un garbato accenno, e dei conflitti settari. E, da ultimo, a causa della guerra con Israele. Leone XIV si muove con diplomazia e franchezza nel groviglio mediorientale. Ad Ankara ha tributato un omaggio alla capacità del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di mediare, dialogando con tutti, nelle crisi internazionali. E sul volo dalla Turchia al Libano ha deciso, a sorpresa, di sottoporsi a una breve conferenza stampa, la prima del pontificato, rispondendo a un paio di domande dei giornalisti turchi presenti nel seguito. Con Erdogan, ha raccontato, ha parlato sia di Ucraina, e delle relative «proposte concrete di pace», che di Ga2a. «Noi», ha puntualizzato, «siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di essere una voce mediatrice che possa aiutare a avvicinarci alla soluzione con giustizia per tutti». La carezza attutisce appena il colpo, il messaggio a Israele è chiaro. E del resto, pur filtrata da una certa inclinazione all’understatement molto lontana dallo stile spumeggiante del suo predecessore, questa è la posizione che Leone XIV ha sempre sostenuto. Quando al presidente palestinese Abu Mazen, a inizio novembre, ha assicurato il sostegno della Santa Sede a «porre termine al conflitto, perseguendo la prospettiva della soluzione a due Stati». O quando al presidente israeliano Isaac Herzog, a inizio settembre, ha chiesto di «garantire un futuro al popolo palestinese» ribadendo che la soluzione dei due Stati, accantonata dal governo Netanyahu, rimane la «unica via d’uscita dalla guerra in corso». Il Papa è preoccupato che la guerra a Ga2a investa il già fragile Paese dei cedri, ma è attento a non farsi arruolare. Alla vigilia della sua visita in Libano, Hezbollah che secondo il patriarca maronita Bechera Rai ha «trascinato» il Paese nella guerra – ha rivolto a Leone un appello affinché respinga «l’aggressione e l’ingiustizia» israeliana contro il Libano. Il gruppo armato sciita ieri ha mandato i sostenitori ad accogliere il Papa, con foto di Leone affiancate a quelle del leader Nasrallah, ucciso da Israele. Ma nel primo discorso ufficiale, il Papa esorta le autorità libanesi alla pace, obiettivo che dovrebbe essere «anteposto a tutto», e alla riconciliazione. Se nel mondo «sembra avere vinto una sorta di pessimismo e sentimento di impotenza», dice ai libanesi, «la vostra resilienza è caratteristica imprescindibile degli autentici operatori di pace: l’
opera della pace, infatti, è un continuo ricominciare».