La vittoria di Israele a Gaza: come e perché

12 Ottobre 2025 alle 14:18

L’articolo di Ugo Volli commenta l’approvazione, da parte del governo israeliano (con l’opposizione dei soli partiti sionisti religiosi), della prima fase del “Piano Trump”, che segna l’inizio di un ritiro da Gaza e l’avvio di uno scambio di ostaggi.

La Prima Fase: Ritiro e Scambio

Il piano prevede che l’esercito israeliano si ritiri sulla linea stabilita dall’accordo, mantenendo comunque il controllo diretto del 47% della Striscia, in particolare le aree di confine con Israele e l’Egitto. Entro 72 ore dal ritiro, si procederà allo scambio di tutti gli ostaggi vivi e dei corpi dei defunti in cambio della liberazione di circa 2250 detenuti palestinesi dalle carceri israeliane. Tra questi figurano 500 “criminali pericolosi” condannati per crimini gravi, con un rapporto approssimativo di 100 terroristi scarcerati per ogni rapito vivo.

L’autore riconosce che il costo morale di questo accordo è “molto doloroso per Israele”, sia per il territorio abbandonato dopo i combattimenti che per l’impatto sui familiari delle vittime e il rischio che i terroristi scarcerati riprendano le loro attività criminali.

Il “Costo” e lo Stato Finale

Queste concessioni sono solo l’inizio e non rappresentano la pace completa. Le fasi successive del piano mirano al disarmo di Hamas, all’esilio dei suoi dirigenti, e alla costituzione di una forza armata internazionale (con l’arrivo di soldati americani) e di un governo civile per amministrare Gaza, escludendo sia Hamas sia l’Autorità Palestinese.

Se Hamas dovesse resistere all’applicazione di queste clausole, Israele conserverebbe il diritto di intervenire militarmente in futuro per prevenire concentramenti di truppe nemiche o la riattivazione di fortificazioni e tunnel. Volli paragona la situazione futura a quella vigente in Libano e nei territori dell’Autorità Palestinese: Israele non occupa il territorio ma interviene quando necessario per la sicurezza. L’obiettivo finale, sebbene richieda tempo e sforzi, è eliminare il rischio che Gaza, un tempo governata dai terroristi, rappresentava per Israele.

La vittoria di Israele e i suoi meriti

Volli conclude che il Piano Trump in atto rappresenta una “grande vittoria per Israele”, sebbene non sia una “vittoria assoluta.”

Questa vittoria si manifesta in diversi risultati chiave:

  • La sostanziale eliminazione delle truppe terroriste sui fronti di guerra.
  • Il ritorno a casa di tutti i rapiti, disarmando i terroristi di un’arma fondamentale.
  • La mancata insurrezione dei territori arabi all’interno dei confini storici di Israele e in Giudea e Samaria, con il depotenziamento dei gruppi terroristici locali.
  • L’indebolimento di Iran e Houthi e il “ricacciamento indietro” del pericolo nucleare iraniano.
  • Il rafforzamento della solida alleanza con l’America di Trump e la normalizzazione dei rapporti con numerosi paesi musulmani (estensione degli Accordi di Abramo).
  • L’inimicizia della “sinistra” e di alcuni governi europei è bollata come “velleitaria” e motivata da antisemitismo, destinata a diminuire gradualmente.

Il merito di questo successo è attribuito non solo a Trump (che verrà in Israele per raccogliere popolarità) per la sua determinazione e per aver superato l’inerzia dell’amministrazione Biden, ma soprattutto a Israele: alla dedizione dei suoi militari, alla capacità di resistenza del paese, al suo sviluppo tecnologico, e in particolare al Primo Ministro Netanyahu, per aver preso “decisioni coraggiose e spesso isolate,” come l’ingresso a Gaza e l’attacco all’Iran.

Il grande archivio di Israele

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