Intervista a Emanuela Fiano: “Ignoranza e discriminazione, non chiamateli compagni che sbagliano”

Emanuele Fiano, figlio di Nedo Fiano superstite dell’Olocausto, presidente di Sinistra per Israele, cosa ci dice l’attacco alla sinagoga di Monteverde a Roma? «È il segno della congiunzione drammatica tra antisemitismo e antisionismo in una fascia estrema ma significativa del mondo che manifesta per i palestinesi, e indica fin dove può arrivare l’odio». Si è arrivati a imbrattare la targa che ricorda un bambino ebreo romano ucciso dai terroristi palestinesi. «Non so se sono stati dei ragazzi, e magari c’è in quel gesto una possibile ignoranza, ma certo siamo in presenza di una forma di violenza che non conoscevamo da tanto tempo». Come valutarlo? «Come un atto spaventoso, che fa tornare indietro l’orologio di E tanti anni. Discriminare qualcuno non per le idee che professa, o per le azioni che compie, ma solo per la sua appartenenza ad una religione è una discriminazione violenta, che poi diventa razzismo, antisemitismo, guerra». C’è stata una sollevazione bipartisan. «Sì, ma in tanti hanno sbagliato a sottovalutare gli ultimi episodi di discriminazione nei confronti degli ebrei e degli israeliani in Italia». A quali si riferisce? «La signora cacciata dal ristorante di Napoli, il cartello nel negozio di Milano che vietava l’ingresso agli israeliani, i ragazzi aggrediti perché indossavano la kippah. La donna cacciata, per colmo di cose, è una dirigente della sinistra israeliana che si era fatta due anni di manifestazioni contro Netanyahu». Anche lei è stato contestato. «Sì, all’università di Venezia mi è stato impedito di parlare, facendomi il segno della P38, l’arma dei brigatisti. L’irruzione nella redazione de La Stampa è un atto che ricorda il terrorismo, e non possiamo limitarci a condannarli come compagni che sbagliano». Vede una sottovalutazione anche a sinistra? «Sì, non facciamo l’errore che molti nella nostra parte fecero agli albori degli anni di piombo. Albanese ha definito il raid alla Stampa come un monito, ma non c’è alcun monito possibile nella violenza, che va condannata senza se e senza ma. E quindi va sempre fatta una battaglia sulle parole». Cosa intende? «Sionismo è diventata una parola malata, mentre è solo il diritto all’autodeterminazione di un popolo, un diritto di tutti i popoli. La critica ai governi di Israele non può diventare negazione del diritto dello Stato di Israele ad esistere. Così come qualsiasi violenza, o terrorismo, presente nel mondo palestinese, non può cancellare il diritto dei palestinesi ad avere un proprio Stato». I giovani sono rimasti indignati dalla disumanità inflitta a Ga2a. «Sì, ma poi ci vuole la serietà di una cultura politica per impedire queste derive, questa confusione di termini, perché bisogna studiare la storia per capire cos’è stato il sionismo e il genocidio, termini usati a cuor leggero». Cosa direbbe a due ragazzi che hanno imbrattato la sinagoga? «Li inviterei a fare un corso di storia con noi. Oltre ai pregiudizi in giro c’è anche molta ignoranza».

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