L`imam pro 7 ottobre ora diventa un martire, anche i collettivi francesi si uniscono alla lotta

L’imam pro 7 ottobre ora diventa un martire Anche i collettivi francesi si uniscono alla lotta Il leader islamico aspetta l’espulsione. I pm hanno archiviato E la gauche attacca il governo: «Danni al dialogo religioso» SHAHIN, IL CASO DI TORINO Tutto normale. A quanto pare non c’è niente di male nell’approvare gli attacchi del 7 ottobre. La sinistra, poi, non ha niente da dire di fronte all’imam Mohamed Shahin (foto) che considera Hamas una «legittima resistenza» e si dice «d’accordo» con la data del massacro perpetrato in Israele. E figurarsi se hanno da eccepire nel cosiddetto «partito musulmano». Anzi, se la sinistra difende l’imam dal provvedimento di espulsione, definendolo «pura volontà politica», alcuni esponenti islamici, come «i Piccardo», si scatenano parlando di una «gogna», e di una «vendetta politica» che mostrerebbe «asservimento alla lobby sionista». Qualche giorno fa è stato convocato un presidio, dell’associazione dei Palestinesi in Italia di Mohammed Hannoun. E ora la mobilitazione per il leader religioso di Torino varca le Alpi, tanto che perfino un collettivo francese estremista («Urgence Palestine») ne chiede la libertà, al grido di «Liberez Shahin! Liberez la Palestine!». Si va delineando, insomma, il caso dell’imam torinese. Protagonista del delirante comizio del 9 ottobre in piazza Castello, poi destinatario di un provvedimento di espulsione firmato dal ministero dell’Interno e ora trattenuto nel Cpr di Caltanissetta con la prospettiva di essere rimpatriato in Egitto e consegnato ad autorità che hanno mostrato ben poca tolleranza nei confronti dell’islam politico. «Quel che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violazione, non è una violenza» aveva detto Shahin di fronte a centinaio di persone riunite in piazza. E secondo quanto emerso ieri, la procura piemontese il 16 ottobre aveva già disposto l’archiviazione di un fascicolo che originava da una segnalazione della Digos su quel sermone ideologico dedicato al Medio Oriente. Questo sul piano penale. «Non è possibile che il ministro Piantedosi consideri “pericolose” delle frasi che secondo la magistratura non configurano estremi di reato» ammonisce adesso Gianluca Vitale, legale di Shahin. E sul Viminale si innesta il piano politico della vicenda. La sinistra, ormai definitivamente votata alla causa oltranzista dei pro Pal, ha difeso a spada tratta Shahin. Non solo i Cub, anche la sinistra ufficiale, che ora pare voglia mettere sotto accusa il governo. Già il Campo largo aveva preso le difese dell’imam, chiedendo al Viminale «l’immediata sospensione» dell’espulsione. «Siamo di fronte a un uso politico del diritto – avevano dichiarato – la libertà di espressione viene trattata come un reato, il dissenso come una minaccia». «Espellere un dissidente – dicevano – significa tradire i principi dello Stato di diritto». Un «dissidente». E ieri, alla notizia dell’archiviazione disposta a suo tempo dalla procura, la sinistra ha provato a incalzare, innanzitutto con Marco Grimaldi di Avs («Il ministro ha adottato un provvedimento così grave senza una seria istruttoria, o ha mentito?»). Paradossali, poi, le conclusioni di Alice Ravinale, consigliere regionale in Piemonte, secondo la quale il governo sta «costruendo un precedente pericoloso per ciò che concerne la libertà di espressione che metterebbe in crisi il dialogo interreligioso».

Il grande archivio di Israele

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