Accusare di fare apologia di reato? La relatrice Onu, per il giudice, può
Albanese ha l’impunità speciale, è libera di bersagliare i giornalisti: non meravigliamoci se poi parla dell’assalto alla Stampa come monito
di Iuri Maria Prado - 3 Dicembre 2025 alle 13:30
L’estate dell’anno scorso, dai propri profili social, Francesca Albanese scriveva che “sulla questione Israele/Palestina I’Italia vanta il giornalismo meno etico dell’Europa occidentale”, e accusava i giornalisti che non le piacevano di fare “apologia di reato” (perché non raccontavano quella questione come voleva lei). Non è dunque la prima volta che Francesca Albanese se la prende con la stampa che le sta antipatica. Lo fa da sempre, accusando di ogni nefandezza il giornalismo che non elogia la militanza della “special rapporteur” contro Israele, contro le Comunità ebraiche e contro gli ebrei colpevoli – a suo giudizio – di non denunciare “il genocidio e l’apartheid”.
Il problema è che questa disinvolta attivista si sente libera di lasciarsi andare a quelle requisitorie contro i giornalisti insubordinati ai suoi protocolli per un motivo preciso: e cioè perché glielo si lascia fare. Perché è, letteralmente, impunita. Dico “letteralmente” perché si tratta di un’impunità che non si forma soltanto in ambito politico e televisivo ma, ben più gravemente, trova sfogo anche in sede giudiziaria. Quando un giudice, infatti, ritiene che sia perfettamente legittimo, da parte di Francesca Albanese, accusare la stampa in generale e i commentatori che non le garbano di fare “apologia di reato sulla questione Israele/Palestina”, legittima una pratica che non ha nulla a che fare con l’esercizio del diritto di critica.
Fare apologia di reato significa commettere un reato, e accusare qualcuno di fare apologia di reato significa accusarlo della commissione di un reato. Ma per il giudice (stiamo parlando di un’ordinanza di qualche settimana fa), Albanese si è limitata in quel modo a esprimere “una critica ‘caratterizzata da forte asprezza’ nei confronti della stampa e degli opinionisti italiani”: i quali sarebbero “incapaci di valutare in modo sereno e obiettivo le azioni compiute dall’esercito israeliano ai danni del popolo palestinese”. Senonché, almeno fino a prova contraria, dire che i giornalisti che non le piacciono sono “incapaci di valutare…” eccetera eccetera è una cosa: dire che delinquono è un’altra cosa.
Ora Francesca Albanese dice che l’assalto alla redazione di un giornale rappresenta “un monito”, così che i giornalisti si mettano finalmente in riga per “tornare a fare il proprio lavoro”. Noi abbiamo la sensazione che non si sarebbe concessa il lusso di quello sproposito se un giudice, prima, non le avesse concesso l’impunità di dire che i giornalisti a lei sgraditi sono criminali.