Antisemitismo, Delrio insiste. Schlein teme una sponda con la legge del centrodestra
D ifficile prevedere che fine farà il disegno di legge sull’antisemitismo presentato a Palazzo Madama da Graziano Delrio e sottoscritto da diversi senatori del Pd. Ampiamente prevedibile, invece, la spaccatura del gruppo dem al Senato, figlia delle due anime che convivono nel partito. Entrambe decise a contrastare qualsiasi forma di antisemitismo, e ci mancherebbe, ma con posture diverse nella critica al governo israeliano. Da una parte quelli che parlano apertamente di «genocidio» a Ga2a, dall’altra quelli che ritengono inopportuno usare quel termine. Da una parte i fan della Flotilla, che erano pronti a sostenerla fino a Ga2a, dall’altra quelli che (ascoltando il presidente Mattarella) l’avrebbero fatta fermare molto prima. Stesso schema sul ddl Delrio, che non verrà ritirato, come avrebbe voluto la segretaria, Elly Schlein, e come ha chiesto esplicitamente il capogruppo Francesco Boccia. Il quale ieri è tornato a criticare l’iniziativa nata dentro il suo gruppo, non ieri, ma circa un mese e mezzo fa. «Un’iniziativa a titolo personale, legittima, ma non rappresentativa della posizione del Pd – spiega Boccia –. Oggi più che mai è sbagliato introdurre testi che rischiano di diventare bandierine identitarie, invece che strumenti per unire». Bandierine, è il sottinteso, come quelle già piantate da Forza Italia e Lega con proposte simili. Perché quello che più temono ai vertici del Pd è ritrovarsi a dover votare in Aula (dividendosi) una legge per il contrasto all’antisemitismo frutto di un accordo tra un pezzo del loro partito e il centrodestra. Uno scenario da scongiurare in ogni modo, per Schlein, che ha chiesto a Boccia di trovare una soluzione. Mentre il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Gasparri, non aspetta altro: «Chiederemo un confronto accelerato, affinché si capisca chi difende gli ebrei e chi invece è antisemita o ipocrita», avverte. E il collega leghista Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, spera che «si possa giungere in Aula nei primi mesi del nuovo anno con un testo da approvare in maniera trasversale». Stesso auspicio da parte di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, che vorrebbe l’approvazione di «un unico testo di legge ben ragionato» prima del Giorno della Memoria del 27 gennaio: «Boicottare il percorso parlamentare per una lettura distorta – dice – equivale a eludere il problema e strumentalizzarlo». Parole che seguono quelle della Cei, che in un nota pastorale parla di un antisemitismo «drammaticamente cresciuto, alimentato da una fallace identificazione della realtà ebraica con inaccettabili pratiche dello Stato d’Israele». Due prese di posizione a cui fa da contraltare l’appello di un gruppo di studiosi e scrittori, convinti che i ddl in discussione in Parlamento siano «pericolosi», perché finiscono per «equiparare qualsiasi critica politica a Israele all’antisemitismo». È quello che sostengono anche al Na2areno, dove, però, hanno intuito che aver disconosciuto il ddl Delrio non basterà per chiudere il caso. Lui, il primo firmatario, in privato lo definisce «un autogol incomprensibile» da parte del suo partito, legato «solo alla strategia politica e ai commenti social», senza alcuna ragione di merito. Ci torna su Emanuele Fiano, presidente di Sinistra per Israele, che ricorda come la definizione di antisemitismo richiamata sia stata adottata dall’Italia cinque anni fa, «attraverso un atto del governo Conte II, di cui facevano parte Pd e 5 stelle». I dem sostenitori della legge non arretrano: «Penso che ci sia bisogno di discutere in Parlamento di questo tema», dice la senatrice Simona Malpezzi. «Se ANSA/MAX CAVALLARI qualcosa va corretto, se ne parli, ma senza anatemi o letture maliziose», esorta il vicecapogruppo al Senato Alfredo Bazoli. E Pierferdinando Casini assicura che il ddl in questione è «un atto di civiltà, che dovrebbe realizzare un’ampia unità parlamentare, lo rifirmerei cento volte». A dar loro manforte arriva Carlo Calenda, che sottoscrive il testo e schiera Azione a favore. Come Italia viva, che con Ivan Scalfarotto ha presentato a Palazzo Madama una proposta dello stesso tenore. Se i senatori del Pd firmatari del provvedimento sono rimasti una decina, sicuramente anche tra i deputati ci sarà un gruppetto di favorevoli. A cominciare da Piero Fassino, anche lui disconosciuto dal suo partito, attraverso il responsabile Esteri Peppe Provenzano, per aver elogiato la democrazia israeliana durante la sua recente visita alla Knesset. Mentre è stata pubblicizzata e supportata la missione in Cisgiordania di sei deputati, tra cui Andrea Orlando e Laura Boldrini, tra le prime a criticare il ddl Delrio. Ecco, la distanza tra Boldrini e Fassino forse può misurare la lunghezza della crepa dentro al Pd.