La politica che si conta sulla pelle degli ebrei

È anche un pregiudizio, una delle varianti del razzismo e molto altro ancora. Secondo la working definition dell’IHRA International Holocaust Remembrance Alliance è una “certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei”. Secondo gli estensori della Jerusalem Declaration on Antisemitism JDA la definizione corretta è questa: “L’antisemitismo è discriminazione, pregiudizio, ostilità o violenza contro gli ebrei in quanto ebrei (o contro le istituzioni ebraiche in quanto ebraiche)”. Ci sono altri tentativi di definire il fenomeno, ma fermiamoci qui. Siamo nel 2025 e le società globali si trovano nuovamente a dover definire e contrastare un fenomeno assai diffuso, in crescita, che mette seriamente a rischio la tenuta delle democrazie liberali. Lo hanno chiaramente denunciato i coordinatori nazionali per la lotta all’antisemitismo riuniti a Buenos Aires nell’estate del 2024 dove hanno sottoscritto le Linee guida globali per contrastare l’antisemitismo. Al governo degli USA c’era Biden, la coordinatrice contro l’antisemitismo di quel governo era Deborah Lipstadt, la studiosa che anni addietro aveva sconfitto in tribunale il negazionista neofascista David Irving. È questo il contesto operativo nel quale si è trovato il senatore Graziano Delrio, che ha offerto alla discussione della Commissione Affari Costituzionali del Senato un disegno di legge che definirei di mediazione, alternativo ad altri disegni di legge presentati in precedenza da Lega, Italia Viva e Forza Italia.  L’idea del senatore PD e dei suoi colleghi è stata quella di sottrarsi alla tentazione di rispondere con la repressione (arma che questo governo sembra prediligere) alle minacce antisemite, offrendo in alternativa strumenti efficaci di contrasto nel mondo dei social, nell’Università e nelle scuole.Ci si sarebbe attesi una levata di scudi da destra. Il disegno di legge proposto dal senatore Maurizio Gasparri – assai differente da quello di Delrio – propone in effetti ben altro: equiparazione tout court di antisemitismo e antisionismo e una modifica dell’art. 604bis del Codice penale (quello che colpisce esplicitamente chi nega la Shoah) che si vorrebbe estendere a chi nega il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele. Una proposta problematica, che farebbe fatica a raccogliere i consensi bipartisan del Parlamento. Può l’Italia permettersi di approvare una (necessaria) legge di contrasto all’antisemitismo con un voto non condiviso da tutti gli schieramenti politici? No, non può. Come nel 1999 venne intrapreso l’iter che condusse alla legge che istituì il Giorno della Memoria, votata da tutti i partiti in un clima politico complicato tanto e forse più di quello attuale, così oggi su un tema così scottante come quello dell’antisemitismo non si può non produrre un testo equilibrato e condivisibile da tutti.Tuttavia, i rilievi più accesi alla proposta di Delrio (appoggiata da una raccolta di firma di centinaia di docenti universitari) sono giunti da sinistra. Il PD di Elly Schlein, con il suo capogruppo al Senato Boccia, ha sostanzialmente disconosciuto la paternità del documento, spinto dalle pressioni degli alleati del cosiddetto campo largo. E, d’altro canto, studiosi e intellettuali hanno riproposto in un appello la netta contrarietà al progetto di legge accusando quel documento (e gli altri DDL) di strumentalizzare il tema antisemitismo per imporre politiche repressive. L’oggetto della discordia era e rimane la definizione dell’IHRA, che tuttavia non dice quello che i suoi oppositori le fanno dire.Torniamo quindi all’inizio: l’antisemitismo è un linguaggio politico. Da anni ormai, e sempre di più, quel concetto è divenuto terreno di scontro su cui misurarsi, guardando ad altro. La sinistra e i riformisti del PD scelgono quel terreno per scontrarsi sulla loro diversa idea di “sinistra”. Le destre prediligono quel tema per ripulire la coscienza sporca di un passato fascista che fatica a passare. E qua e là emerge quel pregiudizio religioso dell’antigiudaismo cristiano tradizionale che è ancora ben presente a livello di linguaggi e di forme di varia ostilità. In tutto ciò sfugge l’emergenza del problema. L’antisemitismo purtroppo c’è, cresce la pressione su ebrei di ogni latitudine che non sono più liberi di esprimere le loro idee e le loro identità nelle scuole o nelle università, che vengono assaliti dal linguaggio d’odio sui social e che a volte vengono aggrediti fisicamente. Sinagoghe presidiate dalle forze dell’ordine, lapidi imbrattate, insulti ovunque. Una minaccia per i nostri (dico di noi italiani) diritti democratici che ci consentono di godere di libertà di credo religioso, di parola, di associazione, di studio, di svago. La discussione di una legge a difesa di quei diritti, di quelle libertà, riguarda tutte e tutti, e non può che essere condivisa. Se non lo sarà, il futuro del nostro assetto costituzionale verrà messo a rischio.

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