"Come fanno personalità come Delrio, Fassino o Gentiloni?"

Nahum e la sinistra antisemita: “Peggio che ai tempi del Pc, nel Pd di Schlein c’è una tendenza da collettivo studentesco”

di Antonio Picasso - 6 Dicembre 2025 alle 10:34

Siamo all’affaire Delrio. Il Ddl dell’esponente Pd, per contrastare l’antisemitismo, spacca la sinistra e mette in luce la visione radicale della sua maggioranza. Non che ce ne fosse bisogno. È però importante capire come il Partito democratico sia arrivato a queste posizioni. Per farlo ci aiuta Daniele Nahum, consigliere al Comune di Milano per Azione, ma con un lungo trascorso tra la fila riformiste della sinistra.

Nahum, antisemitismo e sinistra sembrano camminare sempre più uno a fianco all’altro. Cosa sta succedendo?
«Bisogna fare un passo indietro. Prima dell’antisemitismo a sinistra, c’è stato l’antisionismo. Siamo ai tempi del Partito Comunista, con la sua concezione rigida della storia. Una prospettiva scardinata da Napolitano, che porta la sinistra a guardare in una nuova direzione. In parte è merito perfino di Berlusconi, che l’intero Paese sia riuscito ad avere una nuova percezione in Italia del mondo e con esso di Israele».

Stai dicendo che “il Berlusca” ha aiutato la sinistra a cambiare idea? È una cosa forte.
«Sto dicendo che l’Italia di allora affronta il conflitto arabo-israeliano in un modo differente. Nella Prima repubblica, chi condivideva le ragioni di Israele? Repubblica, radicali e liberali. Nessun altro. La fine del bipolarismo Usa-Urss e il sopraggiungere del terrorismo islamico, quando in Italia al governo c’è appunto Berlusconi, hanno spinto il centro-sinistra a riformulare le proprie posizioni».

Poi è arrivato il 7 ottobre.
«E si sono fatti due passi indietro».

Addirittura!
«Sì, la situazione è peggiore che ai tempi del Pci. Allora Israele era parte del mondo occidentale. Era bollata come uno Stato colonialista. Oggi si è aggiunto un elemento forse ancora difficile da definire».

Un qualcosa che tu hai vissuto sulla tua pelle.
«Potrei parlare di comportamento passivo. Di inazione. Ma forse non basta. Vedi, il 9 ottobre 2023, quindi a due giorni dal pogrom di Hamas, chiedo di esporre la bandiera di Israele a Palazzo Marino. Parte tutta un’interlocuzione interna al partito. Si arriva alla decisione di mettere la bandiera della pace vicino a quella di Israele».

Un compromesso fuori luogo?
«Poteva andare peggio. C’erano stati dei consiglieri che avrebbero voluto mettere la bandiera palestinese vicino a quella israeliana».

È lì che hai deciso di andartene?
«No. Io sono rimasto fino a marzo dell’anno dopo, lottando contro una linea che poi si è rivelata maggioritaria. C’era un clima assurdo. I giovani democratici organizzavano convegni sull’apartheid in Palestina. Invitando anche chi, il 7 ottobre, aveva esultato. Alle manifestazioni si urlava “dal fiume al mare” e “a morte gli ebrei” senza che la segreteria nazionale facesse nulla».

È assurdo però pensare che la comunità arabo-musulmana in Italia rappresenti l’elettorato di riferimento del Pd.
«Non è un discorso di voti. È la linea di politica estera di Elly Schlein. Terzomondista e indifferente alle ragioni di Israele. Una posizione proiettabile nell’affrontare la guerra russo-ucraina. Vedi il caso di Cecilia Strada, che al parlamento europeo ha sempre votato contro le armi all’Ucraina. C’è una tendenza da collettivo studentesco, che ha preso in mano il Partito Democratico e che ha fatto propria la visione manichea del mondo. Da una parte l’Occidente, cattivo e sfruttatore, dall’altra i buoni e sottomessi. Non siamo distanti da Corbyn, Ocasio-Cortez e Mamdani».

Dall’antisionismo all’antisemitismo il passo è breve.
«È un’evoluzione. Si inizia a parlare di apartheid in Israele, si finisce con accusarlo di genocidio a Gaza. Ora, senza negare la tragedia umanitaria nella Striscia, il passaggio implica che le vittime di ieri siano i carnefici di oggi. Accusando Israele di genocidio, alimenti l’odio verso di tutti gli ebrei. E quindi arrivi all’antisemitismo».

E come fanno personalità come Delrio, Fassino o Gentiloni ad accettare una linea del genere?
«È quello che mi chiedo anch’io».

Ma il Pd è davvero convinto di vincere con una piattaforma così radicale?
«Il Pd è convinto che, alla destra di Giorgia Meloni, si debba contrapporre una sinistra radicale. Non contempla il fatto che FdI prenda voti anche dal mondo moderato e che proprio su questo il Pd dovrebbe lavorare».

Un’ultima domanda. Il Pd sta perdendo posizioni anche sul garantismo. Il caso Mogherini lo conferma.
«Ma non è l’unico. Pensiamo a com’è stato trattato Tancredi qui a Milano (l’ex assessore per la rigenerazione urbana, arrestato e poi rilasciato nell’ambito dell’inchiesta sull’edilizia, Ndr). Quando sono partite le inchieste, il primo a boicottarlo è stato proprio il Partito Democratico. Tutto molto coerente. Anche se fuori dalla realtà».

Il grande archivio di Israele

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