“A Gaza non è una guerra, non ci sono due eserciti”. L’ennesima menzogna contro Israele

di Paolo Crucianelli - 31 Ottobre 2025 alle 12:30

Gaza City Saturday, Oct. 25, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

Tra le tante distorsioni che hanno accompagnato la narrazione del conflitto di Gaza, una delle più subdole e ripetute è quella secondo cui “non è una guerra, perché la guerra si fa tra due eserciti”. L’implicito è evidente: se non è una guerra, allora è un’aggressione, da parte di Israele, naturalmente. Un’affermazione profondamente ideologica, che cela una doppia menzogna, costruita per rovesciare la realtà e per delegittimare il diritto di Israele a difendersi.

In termini giuridici e storici, quella di Gaza è una guerra a tutti gli effetti. Secondo il diritto internazionale, infatti, non è necessario che entrambe le parti belligeranti dispongano di un esercito regolare per definire un conflitto come guerra: è sufficiente che siano due entità organizzate, armate, dotate di catena di comando e di capacità operativa. Hamas risponde perfettamente a questa definizione: possiede brigate, un apparato militare strutturato, una gerarchia, una produzione autonoma di armi, tunnel, basi logistiche e un chiaro obiettivo politico e militare – la distruzione di Israele.

Definire tutto ciò “resistenza popolare” o “lotta di liberazione” è una falsificazione semantica che serve a distorcere la realtà: Hamas è un esercito irregolare che conduce una guerra terroristica contro uno Stato sovrano. E questo non è un giudizio di parte, ma un’analisi tecnica, secondo il Diritto.

Ma c’è di più: non solo si tratta di una guerra a tutti gli effetti, ma è anche un conflitto in cui una delle due parti — Hamas — viola sistematicamente il diritto internazionale umanitario. La Convenzione di Ginevra del 1949 e il Protocollo aggiuntivo I del 1977, infatti, stabiliscono che per essere considerato “combattente legittimo” un individuo deve portare le armi apertamente, agire sotto un comando riconoscibile e distinguersi dai civili mediante un segno visibile, come una divisa o un simbolo identificativo. Hamas non rispetta nessuno di questi requisiti: i suoi miliziani combattono in abiti civili, usano scuole, moschee e ospedali come basi operative, collocano depositi di armi sotto le abitazioni e si mescolano deliberatamente alla popolazione per rendere la loro individuazione difficile – in certi casi impossibile. In questo modo commettono un crimine di guerra, oltre a privare i propri miliziani dello status di combattenti legittimi, facendone a tutti gli effetti dei criminali comuni, per i quali è previsto l’arresto o il fermo secondo le leggi del Paese contro cui combattono. Diversamente, si dovrebbero applicare le leggi che regolamentano la prigionia di guerra.

Il paradosso è che proprio coloro che accusano Israele di violare il diritto internazionale difendono — o fingono di non vedere — chi lo viola in modo sistematico e deliberato. L’esercito israeliano, piaccia o no, è un esercito regolare che agisce sotto comando riconosciuto e secondo regole di ingaggio codificate, mentre Hamas ha scelto di combattere fuori da ogni norma, facendo dei propri civili le prime vittime della sua strategia.

Dunque, no, non è vero che “non è una guerra perché c’è un solo esercito”. È una guerra, e chi nega questa realtà lo fa per ragioni ideologiche, non giuridiche.

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