Verso la Pace

Accordo di Pace, a Tel Aviv la “piazza degli ostaggi” diventa il covo dei Maga

di HaKol - 10 Ottobre 2025 alle 09:20

TEL AVIV – La piazza ha iniziato a riempirsi già di primo mattino. Un via vai costante di gente. Famiglie, coppie, anziani, militari di leva, ragazzi che sono voluti uscire dalle proprie case per vedere cosa stesse succedendo, per una foto, per una storia su Instagram o semplicemente per abbracciarsi. Qualcuno canta. Qualcuno si scioglie in un pianto liberatorio. Altri si fermano a farsi foto con parenti degli ostaggi che ogni tanto appaiono per ricevere il calore di chi li riconosce. Perché nella tragedia, sono loro a essere diventati dei veri e propri eroi. Madri, padri, fratelli e amici che dal 7 ottobre 2023 non hanno mai lasciato soli i propri ragazzi e che hanno portato in strada milioni di persone per chiedere un accordo che mettesse fine al conflitto e liberasse tutte le persone, sia vive che uccise, sequestrate da Hamas. La loro è stata una campagna lunga e durissima, sul piano politico e sul piano umano.

Ma tutti, in piazza, hanno trovato qualcosa per unirsi. La vita degli ostaggi, prima di tutto, perché Israele considera tutti quanti i rapiti dei propri figli. L’altra è invece un ringraziamento collettivo, quello per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che tra i familiari dei rapiti è molto cittadini è considerato il vero artefice dell’intesa con Hamas per porre fine a un incubo di due anni. Qualcuno è in strada con una maschera del tycoon. Altri hanno preferito scendere in piazza con la bandiera Usa, sventolata insieme a quella dello Stato ebraico. C’è anche chi è sceso in strada con un cartello che ringrazia Trump per avere salvato la vita degli ostaggi. E tutti, in maniera trasversale, ritengono che sia lui il vero protagonista di tutto questo negoziato. In piazza non c’è dubbio. “se c’è qualcuno che va ringraziato è Trump” dice Miriam, “vuole vincere il premio Nobel per la pace? Se lo merita, perché i nostri ragazzi torneranno a casa”.

La “piazza degli ostaggi” è diventata così una piazza Maga. E questo a prescindere dalle posizioni politiche e dalle polemiche. Non c’è destra o sinistra: chi è a favore dell’accordo è a favore di the Donald, a prescindere dalla propria appartenenza politica. Bandiere statunitensi e israeliane sventolano insieme festeggiate anche da chi è all’opposizione di Benjamin Netanyahu. E tutti sanno che è stato il presidente americano a fare la differenza. La sua spinta per un accordo, il fatto di avere ascoltato i familiari degli ostaggi, la volontà di premere sui Paesi arabi e anche quella pressione per convincere Netanyahu ad accettare vengono viste da tutti come qualcosa che ha dato la vera svolta al negoziato. Anche l’arrivo in Egitto di Jared Kushner, suo genero, e dell’inviato Steve Witkoff è stato ritenuto da tutti come il passaggio fondamentale per raggiungere l’intesa.

Il segnale di Marco Rubio, quel foglio dato dal segretario di Stato americano al presidente per dirgli di pubblicare subito un post sui social che annunciasse l’accordo, è stato il simbolo di un impegno costante da parte della Casa Bianca. E il rapporto con “Bibi”, suo amico di lunga data, ha fatto la differenza. La strada appare ancora in salita, quantomeno sul secondo round di negoziati. La questione del ritiro, la liberazione di determinati detenuti eccellenti palestinesi e il futuro della Striscia di Gaza rappresentano ancora scogli difficili da superare. Ma intanto, il primo step, cioè fermare il fuoco e iniziare a liberare gli ostaggi (prima vivi e poi morti) rappresenta per molti una vittoria. La piazza è contenta, lo è anche l’opposizione di Netanyahu, che ha già promesso i suoi voti qualora la destra radicale dovesse abbandonare la maggioranza e votare “no”.

Ma per Trump, è essenziale arrivare al via libera definitivo entro questa settimana. In tanti aspettano un suo blitz in Israele e alla Knesset. E se il piano di pace fra Israele e Hamas sarà confermato, sono in molti a credere che il suo sogno, quello del Nobel per la pace, potrebbe diventare realtà. I familiari degli ostaggi lo hanno già richiesto. E anche secondo il New York Times, a questo punto l’obiettivo del tycoon sarebbe più che legittimo. Un risultato che hanno già ottenuto suoi predecessori come Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, Barack Obama e Jimmy Carter.

 

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