Le Ragioni di Israele

Al Sharaa bussa alla Casa Bianca. Trump strappa la Siria all’Iran e Israele s’insospettisce

di HaKol - 10 Novembre 2025 alle 22:19

Fino a un anno fa, il nome di Ahmed al Sharaa, che ieri ha varcato le porte della Casa Bianca per incontrare Donald Trump, era soltanto Abu Muhammad al Jolani, o semplicemente al-Jolani. Il leader dei ribelli islamisti di Idlib che guidava l’ultima ridotta contro il regime di Bashar al Assad. Poi, nel dicembre dell’anno scorso, il regno degli Assad si è sciolto nell’arco di pochi giorni. La dittatura è collassata sotto i colpi dei ribelli partiti proprio da Idlib. E Jolani, che ha preferito farsi chiamare Sharaa, si è imposto come nuovo leader di Damasco.
Da quel momento, la Siria è diventata un grosso punto interrogativo del Medio Oriente. Strappato all’Iran, di cui era un protettorato, il Paese è considerato a tutti gli effetti un elemento cruciale per il futuro della regione.
Trump strappa la Siria all’Iran e Israele s’insospettisce
E mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan può considerare questa evoluzione una sua vittoria personale (non a caso ieri il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan si trova negli Stati Uniti per vedere il segretario di Stato Marco Rubio), Israele, dall’altro lato, guarda tutto con particolare attenzione e sospetto. Trump lo sa, ma sa anche la nuova Siria può diventare un tassello fondamentale del suo mosaico mediorientale. Il presidente Usa ha scommesso da tempo sulla normalizzazione dei rapporti tra Paesi arabi e Stato ebraico. E il fatto che proprio la Siria, formalmente ancora in guerra con Israele, possa iniziare un dialogo con il suo vicino meridionale, può diventare il simbolo dell’agenda levantina di The Donald. Tanto più se a farlo è un ex membro di Al Qaeda che ora gira per Washington addirittura giocando a pallacanestro con il suo ministro degli Esteri e i maggiori comandanti del Pentagono per il Medio Oriente.
Al Sharaa bussa alla Casa Bianca
La storia cambia. E l’incontro di ieri alla Casa Bianca ne è stata la dimostrazione. E Trump, che ha rimosso da tempo Sharaa dalla lista nera americana e che ha iniziato a rimuovere le sanzioni a Damasco, vede in questo nuovo corso siriano tre aspetti. Il primo è quello di portare il Paese sotto l’ombrello USA, al punto che la stessa Siria entra a far parte della Coalizione anti-Isis a guida americana. Il secondo aspetto è quello di garantire gli interessi israeliani, visto che il premier Benjamin Netanyahu ha sempre mostrato poca fiducia nei riguardi di Sharaa e non ha lesinato bombardamenti per evitare che l’arsenale appartenente all’esercito di Assad finisse nelle mani degli ex ribelli. Infine, il terzo aspetto fondamentale per il presidente degli Stati Uniti è quello di vedere ridurre ancora di più il potere dell’Iran, che resta, anche se nell’ombra, il grande rivale di Bibi e The Donald. Proprio Teheran continua a essere al centro delle attenzioni dell’intelligence araba, israeliana e statunitense. In questi giorni, a destare di nuovo l’allarme sono state le fonti del New York Times e gli esperti sentiti dal quotidiano Usa.

Secondo diverse informazioni, infatti, la questione del nucleare iraniano non è affatto terminata con la guerra dei 12 giorni con Israele né con i bombardamenti Usa sui principali impianti della Repubblica islamica. Per gli osservatori, l’Iran avrebbe anche aumentato il ritmo della fabbricazione di missili per prepararsi a un nuovo round con Israele, che qualcuno considera addirittura inevitabile. E anche se le fonti della Difesa israeliana, parlando a Maariv, hanno smorzato i toni delle indiscrezioni della stampa Usa, tutti sembrano convinti che lo stallo iraniano non potrà durare a lungo. “Coloro che cercano di farci del male si stanno riarmando. Non hanno rinunciato al loro obiettivo di distruggerci” ha detto Netanyahu ieri alla Knesset parlando in particolare di Hamas ed Hezbollah.

Ma proprio questi fronti ancora caldi confermano che la partita strategica è ancora molto ampia. Per Netanyahu, tutte le milizie che combattono Israele sono “tentacoli” della “piovra iraniana”. Il fronte libanese appare sempre più caldo e lo confermano i nuovi raid anche nel nord del Paese dei cedri. La Striscia di Gaza è in un fragilissimo equilibrio. Gli Houthi in Yemen sono in silenzio, ma non sono stati sconfitti. E l’Iran resta sempre il centro nevralgico di quell’asse. Di cui la Siria di Sharaa, ricevuto da Trump, non fa più parte.

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